SU(SH)ICIDIO

di Raffaele Bianco, Mario Bucaneve, Margherita Esposito e Leonardo Suvieri, 18/19 anni, liceo Alessi di Perugia

Piatti che sbattono, sedie che strisciano, un vocio forte e costante a tratti intervallato da qualche sonora risata o dal campanello della porta che suona. Puzza di fritto. Di colpo una voce: “vuole oldinale?”.

Sembra questo il perfetto scenario che anticipa una grandiosa abbuffata di sushi, ma quello che finora è stato un luogo di gioia e piacere potrebbe diventare, secondo le utime ricerche, un pericolo per tutti i clienti. E’ l’Anisakis il protagonista di questo scandalo scientifico.

Da sempre si conosce la pericolosità di questo piccolo verme che si annida nelle carni della fauna ittica,  solo recentemente però sta aquistando i tratti di un serio problema. Fino a pochi anni fa, per eliminare questo parassita bastava portarlo ad alte o basse temperature, di conseguenza era sufficiente la cottura o l’abbattimento a una temperatura compresa tra i -18 e i -20 gradi per almeno 96 ore.

Gli ultimi studi della Shanghai Ocean University hanno invece evidenziato una disarmante nuova resistenza dall’Anisakis alle temperature. Esso ha infatti sviluppato una membrana termoregolatrice in grado di proteggerlo dai forti shock termici ai quali le nuove correnti lo sottoponevano.

Lo scioglimento delle calotte polari ha modificato, negli ultimi decenni, il fenomeno delle correnti. Grandi ammassi di acqua fredda  appena sciolti si riversano infatti in mare, producendo freddi spostamenti sottomarini fino ad allora inesistenti. L’Anisakis trovandosi in queste nuove condizioni ha subito una mutazione che ha portato alla nascita del nuovo ceppo munito di membrana.

Questa nuova capacità termoregolativa diventa pericolosa nella preparazione di piatti a base di pesce crudo, compreso il popolarissimo sushi. I miseri -20 gradi dell’abbattitore non premettono infatti in alcuni casi di rendere il pesce sicuro, conservando al suo interno il parassita vivo.

Gli studi della Shanghai Ocean University rivelano infatti che per debellare il verme sono necessarie temperature inferiori ai 246 kelvin (circa -27 gradi celsius) o intorno ai 253 kelvin (circa -20) per almeno 216 ore. Gli scenziati del sol levante si raccomandano infatti di utilizzare processi di sterilizzazione adeguati soprattutto nelle proprie abitazioni, cuocendo ad alte temperature e evitando il più possibile prodotti ittici crudi al fine di evitare problemi di salute.

L’Anisakis infatti se ingerito penetra immediatamente nella mucosa gastrica causando dolore addominale e nausea, nei casi più gravi le larve si sviluppano anche nella zona intestinale causando importanti risposte immunitarie, febbre e diarrea.   

Per i coraggiosi ancora pronti a mangiare sushi non resta che sperare che il pesce sia trattato a dovere e augurarvi 胃口好 (buon appetito).

La Terra dei Fuochi: Forse un’Altra Storia

di Rebecca Vitelli, 24 anni, di Carpineto Romano

In campo ambientale una delle storie più tristemente note è, certamente, quella della Terra dei Fuochi, ovvero l’area compresa tra Nola, Marigliano e Acerra, così rinominata per i roghi tossici che l’hanno caratterizzata fino a qualche anno fa.

L’interesse di gruppi criminali per il settore ambientale e, nello specifico, per lo smaltimento di rifiuti, è tutt’altro che recente ed è testimoniato su tutto il territorio nazionale. Il tutto nasce dagli anni ’70, quando le organizzazioni criminali hanno intravisto la profittabilità di questo nuovo settore, poco regolato e con controlli molto sporadici. A fronte di un’alta remuneratività, il rischio corso era relativamente basso. La posta in palio era, dunque, alta.

E tu lo sai cos’hai nel piatto?

di Valentina Diani, Alessandra Orza, Greta Brigati,  16 anni, del III Liceo Colombini di Piacenza

Non è mai facile essere consapevoli di che cosa si abbia nel piatto e che cosa contengano gli alimenti che assumiamo ogni giorno.

Molti di noi nemmeno fanno caso agli ingredienti indicati sulle etichette dei prodotti che acquistano e finiscono spesso con l’ingerire cibi altamente elaborati che contengono decine e decine di ingredienti chimici potenzialmente nocivi per la nostra salute.

L’etichetta, difatti, è la carta d’identità dell’alimento: riporta informazioni sul contenuto nutrizionale del prodotto e fornisce una serie di indicazioni per comprendere come i diversi alimenti concorrono ad una dieta corretta ed equilibrata.

Saper leggere correttamente le etichette rappresenta un atto di responsabilità verso il nostro benessere e verso quello delle persone che mangiano le cose che acquistiamo. Ci aiuta, infatti, ad impostare una sana alimentazione.

Polli, discussione aperta

di Margherita Cardinali e Filippo Paparelli, 15 anni, del liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento Annalisa Persichetti e Chiara Fardella

foto-bambino-con-pulcinoUno degli argomenti più discussi in questi ultimi anni è la carne di pollo. Ci sono diverse teorie da smentire su questo argomento. Molte persone pensano che non ci siano controlli sui polli, che siano riempiti di antibiotici per accelerare la crescita e che non mangino nel modo giusto. Perciò abbiamo intervistato un allevatore di polli per chiarire questa questione.

Le differenze tra biologico e non biologico sono: il mangime, il numero di animali allevabili e la struttura dove vengono cresciuti.

L’inganno dei Life Hacks

di Maria Luisa Orlandi, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento Annalisa Persichetti e Chiara Fardella

Fake news quotidiane in un mondo che corre sempre più veloce

Quante volte, uscendo di casa in fretta magari in ritardo, ci siamo chiesti quanto sarebbe bello rendere la vita di tutti i giorni un po’ più facile, veloce e meno dispendiosa? Beh, è proprio velocità e risparmio che promettono le centinaia di video che affollano il web adulandoci con la promessa di aiuto in praticamente ogni situazione della vita quotidiana: dalla cura della casa all’igiene personale, dal trucco alla cucina.

Entrando nel mondo dei cosiddetti “life hacks”, letteralmente “trucchetti per rendere la vita più facile”, bisogna però operare una prima distinzione.                  In rete possiamo trovare siti o canali youtube creati da persone competenti che offrono piccoli suggerimenti e propongono accorgimenti per facilitarci nella gestione di vite sempre più frenetiche e impegnate, ma anche molti altri che sembrerebbero più di intrattenimento che di reale aiuto.

Come ogni azione che svolgiamo online, anche quella di cercare idee per una vita più facile deve essere ponderata e controllata, guidata da un ragionamento. I font e i layout di articoli e video che propongono life hacks sono spesso molto accattivanti e i titoli attraggono istantaneamente l’attenzione dell’utente, ma non sempre è tutto oro quel che luccica e a volte sarebbe meglio farsi guidare dal buon senso invece che dagli occhi.

Quando si arriva al tema della cucina, poi, l’attenzione dovrebbe alzarsi ulteriormente, in quanto si tratta di un fattore fondamentale per la salute delle persone.

Molti famosi canali youtube che si occupano di life hacks, per esempio, negli ultimi mesi hanno proposto ai loro iscritti un “trucco” per riscaldare il pranzo in modo veloce senza l’utilizzo del forno. Il life hack consisterebbe nel mettere su un fianco il tostapane e scaldare il cibo appoggiandocelo dentro. Peccato, però, che questo utile elettrodomestico non sia appositamente creato per essere usato in questo modo: la superficie su cui lavoriamo diventerà insolitamente calda e dato che colando sul lato parti di cibo si bruceranno, lo stesso tostapane potrebbe andare a fuoco. Credete che sia un’esagerazione e che in fondo non possa succedere nulla di male? Ricredetevi, una donna di Londra ha provato e ha dovuto chiamare i vigli del fuoco.

Ma a parte le fake news alimentari che troviamo nei life hacks sui metodi di cottura del cibo, che di certo abbondano sul web, quelle in cui è più facile incappare riguardano i trucchetti sulla preparazione di determinati piatti. Trattandosi di suggerimenti meno eclatanti, è meno facile lasciarsi guidare dal buon senso, cosa che basterebbe applicare in casi come quello citato sopra.

Per esempio è un suggerimento diffuso su internet quello di mettere dell’olio nell’acqua di cottura nella pasta per non farla attaccare. Questo falso mito probabilmente nasce dalla convinzione che essendo l’olio una sostanza viscosa in qualche modo aiuti la pasta a non attaccarsi. Purtroppo, però, l’olio non si unisce all’acqua e l’azione che si crede avvenga si rivela scientificamente impossibile. La soluzione esiste? Certo, ed è delle più banali: prendere una forchetta e mescolare la pasta

Un altro trucchetto, decisamente non nuovo ma riportato in auge dalla comunità virtuale, è quello di cuocere per qualche minuto i piatti a cui si è aggiunto alcool perché si pensa che evapori totalmente con la cottura. Questo è vero, ma solo fino ad un certo punto, dato che per far evaporare per intero l’alcool in un piatto dovrebbero servire almeno tre ore e molto spesso questo non è il caso delle ricette in cui se ne prevede l’uso. Perciò, certo, sicuramente non faremo grande danno servendo agli ospiti un risotto leggermente alcolico, ma sarebbe sbagliato usare alcolici in grande quantità nelle ricette a cuor leggero come il web ci consiglia.

Questi esempi potrebbero sembrare banali, ma in realtà sono indice di una preoccupante tendenza ad affidarci totalmente a Internet in ogni aspetto della nostra vita. Certamente non tutto quello che troviamo in rete nuocerà alla nostra salute, ma una corretta informazione è sempre necessaria e verificare la fonte a cui si attinge diventa sempre più importante nel mondo moderno in cui spesso contano più la velocità e l’apparenza delle cose rispetto alla loro reale qualità.

Il marketing del finto benessere

di Aurora Micci, Giuseppe Miscenà e Rossella Salazar, 15 anni, liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento Annalisa Persichetti e Chiara Fardella

Le ultime generazioni sono estremamente legate all’aspetto fisico di una persona. Negli ultimi anni questa situazione sta prendendo il sopravvento su molti ragazzi e ragazze che, condizionati da diciture e affermazioni pubblicitarie, intraprendono diete non strutturate e a volte drastiche. Una continua presa in giro, un modo per trarre vantaggi economici sull’ingenuità di tanti ragazzi. Ed è proprio su questo che ci siamo interrogati, quante di queste persone sanno effettivamente cosa stanno mangiando?

Quante di queste sanno esattamente i rischi che corrono?

Per rispondere  a queste domande abbiamo richiesto l’aiuto di due esperte nutrizioniste della nostra città: Alessandra Piccolino e Erika Granese.

    1) Come si può evitare di acquistare prodotti ingannevoli?

Sugli scaffali dei supermercati ci troviamo dinanzi a decine e decine di cibi che a volte sono tutt’altro che sani ma che allo stesso tempo possono vantano di slogan salutari grazie all’aggiunta di minimi milligrammi di “ingredienti alibi” (le vitamine ad esempio) aggiunti al solo scopo promozionale. Per tale motivo allora cerchiamo di fare la spesa sempre a stomaco pieno poichè altrimenti “non ci vediamo più dalla fame” e sceglieremo gli alimenti con la pancia e non con la testa e con il portafoglio. Cerchiamo di fare la lista della spesa a casa, valutando le frequenze settimanali dei vari alimenti, e rechiamoci al supermercato con essa e non facciamoci tentare dai mille slogan che risaltano all’occhio. 

    2) Perdere peso e diventare snelli può essere agevolato da barrette dietetiche?

Assolutamente no. Prima di tutto è bene perdere peso nel momento in cui il peso è eccessivo e si è quindi in una situazione di sovrappeso o obesità. Quando parliamo di dieta non vogliamo solamente indicare un percorso nutrizionale che miri alla perdita di peso ma soprattutto un percorso che miri all’acquisizione di una corretta alimentazione. Non esiste un alimento miracoloso che faccia dimagrire così come non esiste un alimento che faccia ingrassare. Il segreto per un’efficace e sana perdita di peso è fare dei pasti equilibrati che prevedano una quota di carboidrati (pasta o pane o patate o riso o mais meglio se integrali), una fonte proteica (carne o pesce o uova o latticini o legumi), una fonte di grassi (olio extra vergine d’oliva) e una fonte di fibre (verdura di stagione cruda o cotta). Naturalmente le quantità delle porzioni dipendono dal fabbisogno calorico del soggetto interessato.   

    3) Com’è possibile capire, sulla base degli ingredienti presenti sulla confezione, la quantità del prodotto?

La legge italiana obbliga a fornire l’etichettatura dei prodotti alimentari destinati alla vendita e disciplinato dal decreto legislativo del  2003 n.181. L’etichettatura dei prodotti alimentari deve contenere le seguenti informazioni:

    • denominazione di vendita (nome del prodotto)

    • Nome e ragione sociale del produttore

    • Elenco degli ingredienti in ordine di peso decrescente (i primi della lista sono quelli che rappresentano un maggior contenuto in peso nell’alimento).

    • Quantità del prodotto. Compreso ad esempio il peso sgocciolato

    • La data di scadenza o il termine minimo di conservazione

    • Norme sulla modalità di conservazione

    • Lotto di fabbricazione

Se ad esempio in un alimento vediamo la dicitura “grassi vegetali” non vuol dire che si tratti di un grasso sano. Infatti in mancanza d’indicazione è certo che siano utilizzati prodotti di scarsa qualità. Chi utilizza l’olio extra vergine d’oliva o di girasole nei propri prodotti avrà tutti i vantaggi a segnarlo in etichetta. Quindi diffidate dalle diciture ad esempio ”grassi vegetali” poichè evasive.

Inoltre se il prodotto vanta determinate proprietà di tipo dietetico o nutrizionale, ad esempio è presenta la dicitura “senza zucchero” o “arricchito di vitamine” o “povero di grassi” vi è l’obbligo di riportare in etichetta le informazioni nutrizionali che giustificano le affermazioni pubblicitarie.

Tramite questa intervista si ha modo di capire quanto sia fondamentale il parere di un esperto per quanto riguarda diete e scelte alimentari. Spesso quello che ci viene mostrato come una soluzione rapida per problemi di peso non è altro che una grande impresa commerciale. L’importante è non cadere nel tranello, evitare di cascare in queste grandi bufale.

L’odore inebriante del basilico

di Carlotta Balucani, 15 anni, del liceco G. Alessi di Perugia, coordinamento Annalisa Persichetti e Chiara Fardella

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Sono molte le fake news alimentari che sono diventate virali nel web. E una volta lanciata una falsa informazione, essa continua a circolare in rete riproponendosi, evergreen, anche dopo numerose smentite: esse infatti non hanno il potere di cancellare definitivamente il danno di informazione della fake, cui accedono sempre nuovi utenti a rischio “di abbocco”.
Analizziamo dunque il caso basilico cancerogeno per evidenziare due fenomeni tipici della disinformazione alimentare nell’era del web: 1. Le bufale mescolano abilmente dati scientifici con false deduzioni, manipolando mezze verità 2. Le bufale barano sulle quantità: una sostanza può essere nociva, pericolosa, mortale ma solo se consumata in enormi quantità, inverosimili per l’essere umano, oppure può essere benefica, miracolosa, rigenerante, ma solo se ingerita in dosi massicce, misurabili in quintali, o ettolitri.

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Una notizia risalente agli anni 2000, riportata anche da note testate giornalistiche, dichiarava che il basilico sarebbe cancerogeno per l’uomo, anche se la pianta non è stato inserito nella lista ufficiale dell’IARC (International Agency for Research on Cancer) dei cibi cancerogeni. Anche il professor Umberto Veronesi, oncologo di fama internazionale, si era dichiarato pronto a gustare il pesto ligure, mentre il botanico Francesco Sala, lo vietava come pericoloso per la nostra salute.
Come spesso succede, le fake news si sviluppano da mezze verità, abilmente manipolate. Le sostanze attive cancerogene sarebbero presenti nelle piantine inferiori ai 10-12 cm di altezza: una di queste è il metil-eugenolo, un profumatissimo repellente per gli insetti che si sviluppa nelle foglie durante la prima fase della crescita della pianta. Successivamente, quando le foglie aumentano di dimensione, il metil-eugenolo si trasforma in eugenolo che, a differenza del primo, non presenta alcun rischio verso l’uomo.
Anche ipotizzando infine che oscuri complottisti avvelenatori delle tavole italiane confezionassero il pesto con foglie di basilico troppo giovane, le quantità della sostanza incriminata sarebbero talmente irrilevanti nel nostro piatto da non poter assolutamente portare danni.
Niente paura, dunque! Un bel piatto di trofie al pesto fanno gola a tutti, soprattutto se preparato con il basilico genovese: è il massimo!

Falsi miti sul “caso latte”

di Sofia Stopponi, del II P del liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento di Annalisa Persichetti e Chiara Fardella

img_6833-1I falsi miti sul “caso latte” – intervista all’azienda umbra d’eccellenza: “Grifo Latte”

Latte sì o latte no? Considerato da sempre un alimento importantissimo per il nutrimento e la salute di grandi e piccini, il latte è diventato da circa una quindicina di anni oggetto di aspre critiche. C’è chi dice che sia la causa di molte patologie, intolleranze, allergie e addirittura di tumori.

Intanto gli allevatori sardi gettano in una drammatica protesta fiumi di latte in piazza….

Abbiamo quindi pensato di rivolgere qualche domanda proprio a chi lo produce   sul nostro territorio ovvero alla GRIFOLATTE gruppo Agroalimentare Umbro, che ha come slogan “PRODUTTORI di BENESSERE QUOTIDIANO PER LA QUALITA’ della VITA”.

Risponde alla Siringa il Dottor Leonardo Cardoni, Direttore Amministrativo dell’azienda umbra.

Ci può spiegare perché c’è stata in febbraio una protesta così drammatica dei produttori di latte in Sardegna? Qual è la situazione nazionale

Il consumo di latte e prodotti caseari sta diminuendo purtroppo in Italia. Questa è la premessa! Il settore del latte vaccino italiano produce principalmente per due tipi di prodotti: il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. La produzione di latte ovino invece viene in gran parte utilizzata per farne il pecorino Romano.

Dato che ci sono delle oscillazioni cicliche delle vendite di questi prodotti che causano improvvise disponibilità di materie prime, il latte difficilmente trova una diversa collocazione. Tutto il latte non utilizzato per fare questi formaggi resta disponibile sul mercato e quindi i prezzi precipitano. In Sardegna si è protestato proprio per questo. In genere, possiamo affermare che la remunerazione del latte non è adeguata alle esigenze delle aziende e dei produttori. Inoltre, spesso, il prezzo del prodotto finito è schiacciato verso il basso dalla concorrenza del latte estero o di prodotti fatti con latte estero che spesso è latte in polvere. Quindi bisogna leggere attentamente le etichette per capire da dove viene la materia prima dei prodotti caseari e come sono stati fatti questo prodotto. Noi siamo spesso inconsapevoli consumatori di alimenti .

Qual è la situazione nella nostra regione?

Per quanto riguarda l’Umbria, la nostra regione, possiamo dire che  consuma quasi esclusivamente  latte locale! E questo grazie proprio alla nostra azienda, la Grifo, cooperativa fondata nel  lontano settembre 1962 con l’impegno di alcuni produttori locali e l’aiuto della amministrazione comunale di Perugia. Nacque così la “Centrale del latte”, per l’approvvigionamento e la distribuzione di latte che, fino ad allora, veniva distribuito a domicilio dal lattaio, con tutto quello che ne poteva comportare dal punto di vista dell’igienicità e della disponibilità quotidiana del prodotto. Da allora, oltre allo stabilimento di ponte San Giovanni gli stabilimenti sono aumentati Terni , Norcia, Fossato di Vico. La nostra azienda ancora oggi si propone di valorizzare le produzioni casearie tipiche del nostro territorio. Si impegna a lavorare il latte nel più breve tempo possibile per dare un prodotto qualitativamente impeccabile, a dare la giusta remunerazione ai soci e agli allevatori. In confronto con la Toscana e le Marche dove alcune aziende hanno purtroppo chiuso, noi siamo ancora in espansione questo ci dice la Grifo svolge abbastanza bene il compito di tutelare i suoi produttori, non le sembra?

Ci sono probabilità che bevendo latte di origine non Europea si ingeriscano sostanze inquinanti?

In Italia il latte non Europeo arriva in limitata quantità e la maggior parte sotto forma di latte in polvere.

In generale non si può dire che il latte estero sia “a rischio”, ma come ho detto la qualità dei prodotti italiani è sicuramente molto controllata a differenza di quella estera. Inoltre, meglio evitare il latte che ha fatto molta strada, perché il trasporto di un prodotto delicato come il latte di certo non ne migliora la qualità.

fb_img_1551952283384-1Secondo lei, perché è tanto aumentata l’intolleranza ai latticini? È un mito o una verità?

Secondo me ci sono tutte e due le componenti: ultimamente la medicina ha chiarito la provenienza di alcuni disturbi che prima non erano conosciuti o associati al problema alimentare, però anche le leggende alimentari degli ultimi anni hanno sicuramente assunto un’importanza notevole, purtroppo anche nel mondo medico a volte c’è scorrettezza di informazione.

Cosa ne pensa dei prodotti senza lattosio? Sono prodotti che andranno a sostituire nel tempo il latte intero?

Io penso che i prodotti senza lattosio non andranno   mai a sostituire il latte. Sicuramente andranno ad integrare e a differenziare l’offerta come già fanno le bevande vegetali, come la bevanda a base di soia o di riso, ma non potranno sostituirlo.

Qual è il latte più venduto dalla Grifo Latte e perché?

Il latte più venduto è il latte parzialmente scremato a lunga conservazione; questo non solo per quanto riguarda la Grifo, ma anche per quanto riguarda il mercato italiano e quello mondiale. Questo è dovuto sia a questioni di comodità, perché ha una durata molto lunga rispetto al latte fresco, sia al fatto che il latte parzialmente scremato è più leggero e meno grasso rispetto a quello intero. Inoltre, chi vuole il latte intero preferisce prendere quello fresco, il cui consumo è limitato ad una nicchia di consumatori.

Quali sono i trattamenti più importati che servono a rendere il latte più sicuro e sano rispetto alla proposta meno controllata di latti non trattati?

La pastorizzazione è un trattamento termico di breve durata che rende sicuro il latte e non ne altera le qualità né nutrizionali, né organolettiche.

Ci sa dire quali sono le più recenti truffe a proposito del latte?

Di truffe emerse da produttori caseari del nostro territorio non ho notizia; questo non vuol dire che in realtà piccoli casi specifici possono esserci, di tanto in tanto. In generale il problema più importante è quello legato alla poca trasparenza dell’etichettatura degli alimenti prodotti. Grazie alla nuova normativa abbiamo una maggiore trasparenza da un anno a questa parte.

Vi risultano scandali emersi da controlli sanitari in altre aziende a voi concorrenti?

Non mi risultano scandali a questo proposito anche perché la filiera del latte in Italia è molto controllata, ci sono molti enti che fanno verifiche sul campo sia agli allevatori che sull’industria del settore caseario del e anche i consumatori italiani sono molto attenti.

Le faccio una domanda scomoda: è vero che eliminare i latticini in una dieta fa stare meglio?

“Le rispondo con franchezza: se la persona non ha problemi specifici legati a intolleranza  al lattosio e ai suoi allergeni, il latte è un alimento che, come dice il nostro slogan, contribuisce al benessere quotidiano. Infatti ha valori nutrizionali importanti e è un buon alleato della dieta perché apporta poche calorie.

È vero che i latticini fanno ingrassare? *È vero che il latte veicola grassi   animali che possono causare patologie cardiovascolari?

Premetto che non sono un medico, ma ritengo che una dieta equilibrata debba contenere tutti gli alimenti e che l’assunzione delle giuste quantità di grassi animali non generi di per sé patologie. La  componente di grassi presenti nel latte e suoi derivati sono previsti in una dieta equilibrata.

Sta quindi a ognuno di noi bilanciare in modo corretto tutti i tipi e le quantità degli alimenti .