San Marco a Perugia: aria di nuovo

di Edona Xhaferri, 17 anni, della redazione de  La Siringa, liceo Alessi di Perugia

20180222_163839-collageNel quartiere di San Marco a Perugia, è nato un disegno di riqualificazione del territorio: si tratta di un’area dismessa che la comunità ha deciso di trasformare in una green area .

La tutela ambientale parte da chi vive in un territorio e dev’essere poi sostenuta dalle varie istituzioni: nel caso di San Marco, infatti, da un’iniziativa popolare è nato un progetto che è stato subito appoggiato dal sindaco di Perugia, Andrea Romizi. I cittadini stessi sono stati i primi a raccogliere proposte ed idee per risolvere i vari problemi di sicurezza e per la risistemazione del loro territorio.

Il progetto rispetta il bilancio di sostenibilità, che viene applicato in tutte e tre le aree; quella ambientale, economica e sociale. La sostenibilità economica-sociale è rispettata grazie alla costruzione di un luogo d’incontro per gli abitanti, i quali gestiranno l’area e la utilizzeranno per scambiare prodotti tipici del territorio.

I cittadini, però, desiderano soprattutto valorizzare l’aspetto ambientale. L’obbiettivo primario del progetto è infatti la realizzazione di uno spazio ecosostenibile.  

La pianificazione consisterà nel ristrutturare un’area abbandonata con la creazione di parchi, camminamenti e orti urbani: i cittadini vogliono uno spazio che colleghi città e campagna, ma che rispetti l’ambiente.

Il progetto verrà applicato ad un vasto piazzale di fronte a quello che viene chiamato “i 3 fichi”, un antico rudere situato in una zona ad alta circolazione ed in prossimità del terminal degli autobus.

La comunità, per diffondere ed incentivare il progetto, ha organizzato incontri ecologici: i cittadini hanno partecipato a delle giornate in Piedibus per riflettere sulle problematiche della circolazione pedonale a San Marco e inoltre hanno dato il via in prima persona ai lavori, partendo dalla pulizia del territorio.

La ristrutturazione procede con lentezza, ma nonostante ciò, i cittadini di San Marco continuano a sperare seguendo il loro motto: “Se uno sogna da solo, è solo un sogno. Se molti sognano insieme è l’inizio di una nuova realtà”.

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Bilanci di sostenibilità? Ci pensavano già i Sumeri

di Edoardo Giraldi, 15 anni, del liceo Dante Alighieri di Roma

Lo diceva Ferdinand Tönnies già agli inizi del Novecento: non fatevi rapire dalle sirene del presente perché la soluzione è nella storia del mondo. E allora: studiamola meglio questa storia. Arriveremo a capire che molte idee che circolano nella società contemporanea altro non sono che banali ripescaggi di esperimenti che si perdono nella notte dei tempi. Tentativi riusciti (a volte), dolorosi fallimenti in altri casi. Limitiamoci ai primi: potremmo imparare tutti a vivere meglio.

   Pensate, dunque, che i grandi temi dell’ecologia, del rispetto per l’ambiente e della sostenibilità siano frutto del mondo post industriale? Sbagliato. Uno dei primi a trattare, in pratica, questi argomenti fu tale Set, secondo il Vangelo apocrifo di Enoch. Set, lavoratore della terra, usava perimetrare il suo piccolo campo di ortaggi con i semi di un’anguria oggi introvabile se non sull’isola di Hokkaido, in Giappone. Questo perché la pianta allontanava, naturalmente, parassiti e insetti pericolosi, zanzare comprese. A meno di un centimetro, si apprende sempre dal racconto gnostico, erano sistemati noccioli di albicocca che, a contatto con le radici dell’anguria, rendevano la terra umida per mesi, rendendo di fatto inutile ogni forma di irrigazione.

   Ne sapevano qualcosa anche i Sumeri che, come è noto, non avevano bisogno di arare i terreni agricoli : li lasciavano a riposo un mese ogni sette anni, bagnandoli qua e là con il succo di un agrume molto simile all’attuale pompelmo.

   Avviciniamoci ai tempi odierni.

   Caterina I di Russia ne sapeva, davvero, una più del diavolo. In effetti le esperienze non le mancarono di certo: figlia di contadino, sposa di trombettista, operaia in una lavanderia, poi zarina di tutte le Russie. Una vita movimentata, non c’è dubbio, raccontata in una sorta di autobiografia diventata un “samizdat” diffuso durante il periodo comunista. Caterina rivela le brutalità subite durante il suo periodo di vita da operaia: i turni di lavoro massacranti, le prepotenze dei suoi datori di lavoro.

   “Finché un giorno non ci venne a trovare un’anziana signora, di bell’aspetto anche se trasandata nell’abbigliamento. Era la moglie di un ufficiale russo ormai a riposo, aveva con sé una decina di abiti del marito che noi avremmo dovuto lavare. Eravamo in pieno inverno, il freddo era intenso come solo da noi sa essere. La poveretta si avvicinò a me e osservò con attenzione le mie mani, rovinate da calli e piaghe perché immerse da troppe ore nell’acqua gelata. ‘Ti voglio comunicare un segreto – mi disse – Ma non dire mai a nessuno che a rivelartelo sono stata io’. Acconsentii di buon grado e quella donna mi suggerì di mettere ogni dieci litri di acqua destinati al lavaggio degli indumenti due foglie di betulla e la buccia di una patata. ‘Lascia tutto a mollo per un’ora – mi disse ancora – poi ti basterà un veloce risciacquo e il gioco è fatto: il vestito esce pulito e quasi inamidato. E con il liquido che resta potrai lavare senza sforzi l’argenteria’”.

   Per Caterina è la svolta. Custodisce quel segreto anche quando diventa moglie di Pietro I, uomo sulla cui taccagneria si è favoleggiato fin troppo. Lei non è mossa da spirito ecologico, non pensa ancora alla sostenibilità di certe azioni. Non vuole che camicie e uniformi del marito possano essere toccati da altri, punto e basta. Il bucato lo fa lei, ogni giorno, con grande soddisfazione dello zar: usando due foglie di betulla e la buccia di una patata. 

   Necessita fa virtù in Cina. Siamo in un laogai, uno dei famigerati campi di concentramento dell’epoca maoista. Lui si chiama Hang Tse, è un dissidente. Nell’inferno della “rieducazione” Hang deve vivere almeno sette anni, salvo possibili aumenti di pena. Siamo nel vivo della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria.

   È dura, durissima. Le condizioni del campo sono pessime, il cibo scarseggia e il lavoro fisico imposto ai prigionieri è snervante. È un compagno di cella di Hang a suggerirgli l’unica via d’uscita: i vecchi del campo hanno tutti un barattolo di vetro contenente una misteriosissima sostanza che toglie la fame, donando energia e salute. Si tratta di noccioli di ciliegia seccati e ridotti in polvere: un elisir di lunga vita riconosciuto come tale anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Hang viene liberato dopo dieci anni di detenzione e riesce a scappare in Giappone. Dove, nonostante il cuore di ferro, muore a 109 anni per un ictus fulminante.

   Timidi segnali di una vita in cui sono spesso le condizioni negative a suggerire possibili, innocui accostamenti alla Natura. Bisogna arrivare in Italia, all’immediato dopoguerra, per assistere al primo esperimento di un bilancio sostenibile soddisfacente, studiato in funzione del risparmio collettivo. È quanto decisero di fare gli Italo-albanesi di Montecilfone, in Molise, produttori “industriali” di comunissime mele “Renette” e di una particolare canna da zucchero chiamata “Kallam”. La figura del medico, in quella comunità, non esisteva: merito, assicuravano i capi del villaggio, delle vitamine contenute in quelle mele, la cui buccia veniva usata per lavare le stoviglie e i cui semi (opportunamente essiccati) venivano utilizzati per tenere accesi i camini, funzionando molto meglio del legno. La grande sorpresa fu nella “Kallam”: il succo estratto, oltre ad essere un potentissimo disinfettante naturale, fungeva da carburante per muovere le braccia di una decina di mulini nei quali si macinava il grano. L’acqua zuccherata in eccesso finiva poi con l’irrigare i campi.

   Era una comunità ricca ma forse nessuno se ne accorgeva.

avvertenze

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Politica al verde

di Sofia Cesaroni,  redazione La Siringa, Liceo Scientifico G.Alessi-Perugia

Avete presente il Complesso di Crono?  Crono, il dio greco del tempo, mangiava i suoi figli, per prolungare la sua immortale vecchiaia. Ebbene è evidente che anche la nostra classe politica è affetta da questo morboso cannibalismo:  ha mangiato il nostro futuro, il nostro ambiente con scelte economiche, energetiche, sociali insostenibili.  Eppure l’Italia ha nel suo ambiente le maggiori risorse per lo sviluppo e il futuro: nel turismo, nelle eccellenze agroalimentari, nei suoi chilometri di coste e di parchi naturali o archeologici. Sempre più vecchi, o finti giovani, i candidati alle prossime elezioni avranno cambiato appetito? Li abbiamo ascoltati in campagna elettorale ma di ambiente non si parla…..Vediamo quanto pesa il tema ambientale nei programmi dei partiti….

Destra e centro-destra

Lega Nord: capitanata dal leader Matteo Salvini,  nei vari incontri di campagna elettorale, promette di attivarsi per mezzo della green economy. La Lega propone di proibire l’esportazione di rifiuti all’estero e ridurne la tassa del 50% entro il 2020, infine, di riciclare solo i rifiuti che porteranno ad un utilizzo nel mercato: questo dovrebbe secondo Salvini rimpolpare i posti di lavoro: e siccome siamo nazionalisti rivendichiamo l’immondizia italiana per gli italiani. Ora, ė verissimo che il riciclaggio dell’immondizia può essere un business, ma a patto che si faccia bene, che ci siano impianti sostenibili …. Qui si parlerebbe di appalti privati per ripulire l’italia e sentiamo puzza (è il caso di dirlo) di pericolo, inceneritori e discariche a buon mercato per gli affaristi e ad altissimo costo per l’ambiente e chi ci abita.

Quanto è inquinata l’aria che respiri?

di Alessandra Orza e Valentina Diani, 16 anni di Piacenza

La questione dell’inquinamento atmosferico oggi è talmente critica che perfino alcuni cantautori ne denunciano la gravitá, come il gruppo “Le luci della centrale elettrica” nella canzone “Fare i camerieri”: “vieni con me a correre sulla circonvellazione che ho voglia di stordirmi un po’ coi fumi dello smog”.

Secondo uno studio di Legambiente del novembre 2017, l’inquinamento porta a 461mila decessi prematuri l’anno in tutta Europa, 20 volte di più delle vittime di incidenti stradali.

I dati preoccupanti, però, sono altri: sapevi che la pianura padana è il luogo più inquinato d’Europa? 

Noi abitanti delle zone settentrionali  abbiamo dei livelli altissimi di smog rispetto al resto d’Italia, con un livello di pm10 superiore rispetto a quello consentito. 

Da qualche anno sono state emesse delle ordinanze per ridurre questi valori, grazie all’aiuto di centraline che rivelano la quantità in microgrammi di polveri sottili per metro cubo. Le cittá con sforamento dei limiti (tra cui Piacenza) hanno dovuto correre ai ripari, introducendo lo stop alla circolazione o  le  “zone a traffico limitato”, in cui si può circolare, in alcuni giorni specifici, solo con macchine dotate di marmitte moderne, come l’Euro 6 o l’euro 5 Diesel, mentre l’Euro 4 e l’Euro 3 sono state messe al bando.

La soluzione individuata dalle amministrazioni non ha, purtroppo, portato agli effetti desiderati, in quanto l’inquinamento rimane ancora molto oltre la soglia consentita.

Questo avviene per due cause principali: prima di tutto nella Pianura Padana, il regime dei venti risulta debole perchè si trova in una sorta di conca,  ”il catino padano“, il quale è circondato da una catena montuosa alpina, in secondo luogo la stabilitá atmosferica della zona porta all’inversione termica.

Tutti noi, nel nostro piccolo, dovremmo fare qualcosa per cambiare la situazione, usando di meno automobili e altri mezzi inquinanti e favorendo l’utilizzo di biciclette sia per andare al lavoro o a suola, sia nel nostro tempo libero. Dato l’elevato numero di persone che si ammalano a causa dello smog, si consiglia di passare una giornata al mare o in montagna almeno una volta al mese, per cambiare aria e permettere ai nostri polmoni di purificarsi.

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Il prezzo del web

di Maria Luisa Orlandi, del liceo G. Alessi di Perugia

foto-17 grammi di CO₂: ecco l’inquinamento che produciamo ogni volta che effettuiamo una ricerca su internet.

Internet è ormai diventata un’insostituibile fonte di informazioni, conoscenze e luogo di interazione, ma è un’arma a doppio taglio in molti sensi: fake news, dark web, cyberbullismo sono tra i pericoli più conosciuti. Forse non tutti sappiamo, però, che internet inquina anche il nostro pianeta.

Si calcola, infatti, che in un anno il web produca circa 830 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Un progetto italiano per la “circolarità” europea

 

articolo di Margherita Esposito, 17 anni, liceo G. Alessi di Perugia (La Siringa)unnamed-1
SCREEN (Synergic Circular Economy across European Regions): ecco il nuovo progetto che lavorerà per diffondere dei modelli di economia circolare in tutta l’Europa.

È un progetto innovativo che parte proprio dall’Italia, più precisamente dalla Regione Lazio, approvato dalla Commissione Europea, la quale ha già stanziato circa 1,7 milioni di euro per la sua realizzazione. La Regione Lazio, affiancata dall’università della Tuscia, studierà le caratteristiche socio-economiche e industriali delle regioni coinvolte e attraverso i risultati ottenuti sarà creato un approccio intento a sviluppare modelli di economia circolare in tutta l’Europa.

Questo progetto ha un grandissimo valore dal punto di vista sociale, perchè rivela la consapevolezza da parte dell’Unione Europea di dover andare contro gli sprechi e iniziare a trovare strade che ci permettano di creare un’economia più sostenibile e che riduca gli sprechi al minimo.

Alessandro Ruggeri, rettore dell’università della Tuscia, parlando di questo progetto ha detto:”Lo sviluppo economico dell’area euro può sfruttare le specializzazioni produttive presenti nelle diverse regioni per poter costruire una catena del valore rispettosa dell’ambiente, che contribuisca alla creazione di servizi che salvaguardino la circolarità, la resilienza dei processi di produzione e più in generale dell’intera economia”.

Sicuramente ancora c’è molta strada da fare prima di trovarci in un’Europa basata sull’economia circolare, un’Europa che riduca gli sprechi al minimo, un’Europa più sostenibile, ma questo progetto è già un grande passo che l’Europa ha fatto in questa direzione, e noi in qualità di italiani dobbiamo essere fieri che un progetto di così grande importanza sia partito proprio dal nostro Paese.

Seconda vita con Secondamanina

di Edona Xhaferri e Francesca Biancalana, del liceo sceintifico G. Alessi di Perugia

img-20170407-wa0071Nell’era in cui viviamo, il consumismo è ormai diventato parte della società e della vita di ognuno di noi; la gente compra a dismisura oggetti, talvolta anche inutili, buttandoli poi via dopo breve tempo perché fuori moda.
Uno dei settori più colpiti è quello dei bambini; si parte ad esempio con una infinità di spese ed un consumo esagerato di oggetti che dopo il breve utilizzo vengono buttati o messi da parte.
Ma come si può ridar vita a questi oggetti? A questo ha pensato Elisa Bagnetti, imprenditrice che ha deciso di fondare “Secondamanina” un negozio per l’acquisto e la vendita di oggetti usati, in particolare nel settore infantile. Esso si trova in una zona commerciale del territorio umbro, precisamente a Ellera, in provincia di Perugia ma si possono trovare altri siti anche nel resto d’Italia . Ma come funziona? Come tutti i mercatini dell’usato la merce viene ritirata in conto vendita e poi, per la valutazione dell’attrezzatura, si ricerca ogni oggetto sul web: se il prodotto è ancora in produzione, lo si pone alla metà del valore del nuovo, se invece è fuori produzione ma attuale e funzionante, si stabilisce un prezzo in proporzione allo stato di conservazione. Parlando con la proprietaria abbiamo scoperto, inoltre, che il mercato dell’usato sta incrementando i profitti e si sta diffondendo in vari ambiti grazie ai numerosi vantaggi che da sia al compratore che al venditore. Si spera, quindi, che in un futuro remoto le persone inizino a evitare le spese eccessive e a valorizzare ciò che possiedono anche semplicemente vendendo o prestando oggetti a chi ne farebbe un uso migliore.