I social network per l’economia circolare

“Te lo regalo se vieni a prenderlo Perugia” è una vetrina libera nella quale chiunque può mettere foto di oggetti che non utilizza più in modo che altri possano dargli una seconda vita. L’idea nel territorio perugino è piaciuta e dunque andiamo a vedere come funziona e cosa ci sta dietro intervistando le due admin Fabiola Dessi e Barbara Brugiati.
Qui sotto il video servizio di Gabriele Ripandelli, 17 anni, della redazione de La Siringa del liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento di Annalisa Persichetti

Rifiuti elettronici: il nuovo petrolio?

Articolo inchiesta di Giulio Foiani e Alessandro Citti, illustrazione di Cristiano Schiavolini, del liceo di Umbertide (Pg), coordinamento di Chiara Fardella

raee
illustrazione di Cristiano Schiavolini

Dal vecchio telefono della Nokia dimenticato in un cassetto al televisore a forma di scatolone lasciato su un polveroso scaffale del garage, fino all’enorme frigorifero della nonna abbandonato in soffitta. Oggetti che anni addietro erano all’avanguardia, oggi li riteniamo spazzatura, ignorando il potenziale economico e una seconda vita che ancora potrebbero avere, lontano da noi.
I Raee, meglio conosciuti come “rifiuti elettronici”, costituiscono uno dei principali business illegali, e pericoli ambientali del nostro secolo, si stima infatti che la perdita dell’industria legale dello smaltimento sia tra gli 800mila e l’1,7 miliardi di euro all’anno. Le schede elettroniche che li facevano funzionare sono costituite da materiali preziosi come oro, argento e rame. Questi elementi sono rari e costosi sulla Terra e recuperarli significherebbe risparmiare risorse, scongiurando un futuro in cui potrebbero scarseggiare. Inoltre, le sostanze contenute in essi sono pericolose per l’ambiente e la salute.
La crescita della quantità di rifiuti elettronici non è casuale. Infatti è il nostro sistema consumista a produrre scarti. Negli ultimi anni, oltre all’aumento del numero di dispositivi elettronici in circolazione, molte aziende hanno cominciato a inserire nei loro prodotti dei “punti deboli”, volti a ridurre la vita operativa degli stessi. Spesso i nuovi gingilli tecnologici rimangono efficienti a malapena per il periodo di garanzia. Quella che molti chiamano “obsolescenza programmata” è facile da attuare: basta un condensatore posizionato vicino ad un luogo dove si accumula calore e questo di conseguenza si rovinerà più in fretta. Talvolta è la richiesta di continui aggiornamenti, spesso non supportati, a rendere in breve tempo un dispositivo non più utilizzabile.
Una famiglia europea decide di cambiare televisore, comprandone uno a schermo piatto. Un ufficio sostituisce le sue vecchie stampanti. Un centro commerciale rinnova gli uffici. Un adolescente cambia smartphone con l’ultimo modello uscito. Tutti paghiamo una quota al momento dell’acquisto, il cosiddetto “Eco contributo”, che serve a coprire i costi del corretto smaltimento dei Raee. Sono queste le operazioni che, ogni giorno, contribuiscono a creare le milioni di tonnellate di rifiuti elettronici che inondano il nostro Pianeta. Molti di questi apparecchi elettrici ed elettronici dismessi sono ancora funzionanti o contengono materiali costosi che possono essere riciclati. Per questo vengono caricati su container, imbarcati e spediti dai porti dei Paesi più ricchi verso quelli in via di sviluppo, come il Ghana. L’arrivo di questi oggetti alimenta un giro di intermediari, rivenditori e riparatori che li sceglie, testa il loro funzionamento e li rimette in commercio nel povero mercato locale.

Infinite Volt(e) riutilizzabile

Alessandro Cascianelli, del liceo G. Alessi di Perugia, va alla scoperta di Agugliano, dove i rifiuti elettrici diventano opportunità.

Italian Recycling center (Raee)1,5 milioni di tonnellate sono i rifiuti di natura elettronica o RAEE prodotti ogni anno in Italia, ma sono recuperabili? Ho intervistato, per saperne di più, Bruno Brunetti, responsabile dell’impianto di riciclo RAEE di Agugliano, piccola realtà che costituisce un ottimo esempio per l’economia circolare.

Che cosa si intende con il termine RAEE?
RAEE è una sigla che significa rifiuto elettrico ed elettronico, in questa categoria sono inclusi tutti quei rifiuti che vanno da 0 a 1500 Volt, quindi il termine include allo stesso tempo sia un semplice telefonino che una lavatrice.

Di che cosa vi occupate nell’impianto di Agugliano?
Il nostro lavoro è quello di ricondizionare i vecchi elettrodomestici che vengono sostituiti dai cittadini. Una volta preso il rifiuto dalla casa del cittadino, lo portiamo nel nostro luogo di raggruppamento (LDR) e valutiamo le sue condizioni, ci soffermiamo particolarmente sullo stato dei pezzi di ricambio, che spesso sono riutilizzabili. Una volta completati tutti i test decidiamo se possiamo recuperare la lavatrice o la lavastoviglie di turno, se invece le condizioni sono pessime e riteniamo che vada buttata, la consegnamo ad un punto di raccolta adibito allo smaltimento.

Quanto tempo si impiega per ricondizionare un RAEE?
Dipende dal tipo di oggetto, generalmente in mezz’ora riusciamo a mettere a nuovo qualsiasi tipo di RAEE. Ricondizionare per noi non significa solo sostituire qualche pezzo difettoso, ma anche lavorare sull’aspetto estetico del prodotto; sistematicamente togliamo la ruggine e riverniciamo ogni pezzo. Il lavoro si conclude con le prove di continuità, in cui verifichiamo che dal punto di vista elettrico tutto funzioni bene. Generalmente riusciamo a recuperare il 50% dei RAEE che ci vengono consegnati, considerando anche quelli in cui recuperiamo solo alcuni pezzi.

Quanto siete stati sostenuti nella realizzazione del vostro progetto da enti statali?
Purtroppo lo stato e i suoi enti non ci hanno sostenuto in nessun modo.

Lega Ambiente invece vi ha aiutato?
Rispetto agli enti statali Lega Ambiente c’è stata molto vicina, anche se il loro aiuto non è stato di tipo economico, ci hanno aiutato però a far conoscere la nostra attività e a valorizzarla.

Cosa possiamo fare noi cittadini per far crescere impianti come il vostro?
In primis dovete scartare bene, purtroppo quando un prodotto non funziona si tende a maltrattarlo, rendendo così il recupero veramente difficile. Se si iniziasse ad avere una cura maggiore di ciò che non funziona, si potrebbe recuperare sicuramente di più.

In media quanti anni hanno i RAEE che vendete ricondizionati?
E’ difficile dare un età media, riusciamo a ricondizionare oggetti che vanno dai 2 anni di vita, cioè che ci vengono portati appena finisce la garanzia, ad altri che hanno addirittura 10 anni. Al cittadino che vuole spendere poco, ma allo stesso tempo vuole avere un buon elettrodomestico, conviene acquistare un RAEE ricondizionato. Ti faccio un esempio: le lavatrici che ricondizioniamo le vendiamo ad 1/3 del prezzo originale, avendole riverniciate sono belle da vedere e funzionano bene poiché per essere rimesse in vendita hanno superato molti test.

In Italia esistono realtà come quella di Agugliano?
Che io sappia ce ne sono pochissime, ma molte aziende stanno lavorando per fare strutture simili alla nostra. Il problema principale è l’autorizzazione provinciale al riuso, si ottiene molto difficilmente e questo blocca la creazione di impianti di riciclo. So che recentemente ne è stata assegnata una a Torino ad Astelav, una realtà molto interessante nel panorama dell’economia circolare. Stanno lavorando per avere una struttura come la nostra, alcuni RAEE tra l’altro glieli daremo noi.

Quali sono solitamente i motivi per cui non concedono l’autorizzazione al riuso?
Il problema fondamentale sta nel ruolo di chi se ne occupa, sono quasi sempre funzionari con poco potere e per paura di eccedere non la concedono. Il loro timore principale è quello di avere dei problemi con le aziende che praticano un’economia di tipo lineare e che guadagnano nello smaltimento dei RAEE, si deve assolutamente cambiare mentalità.

Ritiene che in futuro l’economia circolare riuscirà a prevalere su quella lineare?
Ne sono sicuro; in tutta Europa si sta puntando molto sull’economia circolare, all’estero ormai un punto vendita apprezzabile ha un piano per gli elettrodomestici nuovi e uno per i ricondizionati. In Italia sotto questo punto di vista c’è ancora molto da fare, ma realtà come quella di Agugliano, non possono che farci essere fiduciosi.

 

Orchestra riciclata

Articolo di Edona Xhaferri, del III anno del liceo G. Alessi di Perugia

Che influenza hanno i rifiuti sulla società di oggi? Beh, minima, o persino nulla. C’è chi, però, partendo da realtà di vita povere, riesce paradossalmente ad utilizzare la spazzatura come tramite per realizzare i propri sogni. Questo è il caso dell’Orquesta de Reciclados de Cateura; un’orchestra creata e diretta dal maestro Favio Chavèz, composta da 28 talenti dall’età compresa tra i 10 e i 30 anni. Questi giovani sono riusciti a trasformare dei semplici rifiuti in strumenti musicali di vario genere: ad esempio, con un tubo dello scarico dell’acqua, un manico di cucchiaio e tappi di birra hanno costruito un bellissimo sax o un violino fatto con una teglia per la pizza, una latta di vernice e una semplice forchetta. E così trombe, chitarre, flauti tutti fatti di rifiuti riciclati, presi nella discarica di Asuncion, in Paraguay, da dove proviene l’intera orchestra. Esso è uno dei paesi più poveri dell’America latina dove migliaia di bambini vengono strappati alla scuola e costretti al lavoro nei campi o nelle industrie. La scuola di musica dell’Orquesta de Reciclados, sostenuta dall’Unicef, cerca di incoraggiare i giovani con i loro sogni e speranze e, soprattutto, gira il mondo per finanziare le borse di studio dei ragazzi che sperano in un futuro al riparo da stenti ed immondizia. Una delle tappe di questi viaggi è stata anche l’Italia: durante la 67/a edizione del Festival di Sanremo, infatti, l’orchestra si è esibita con diversi brani del suo repertorio che va dalla musica classica a quella paraguaiana e latino-americana. Oltre ad aver intrattenuto il pubblico di Sanremo, i ragazzi hanno lanciato anche un messaggio fondamentale a tutti i bambini in difficoltà nel mondo: “Non esiste un finale già scritto per un ragazzino che vive in difficoltà. La musica è vita e può tracciare una via di salvezza.”

Riciclare cibo.. è green

articolo di Alessandro Leone, del III anno del Liceo G. Alessi di Perugia

foto codice 1485955734902 riciclare il ciboRidurre lo spreco alimentare è diventato necessario.
L’impatto economico ed ambientale che deriva dallo sperpero di cibo produce effetti sempre più negativi ed è riconducibile alla condotta sbagliata dei vari nuclei familiari.
I consumatori acquistano in modo inadeguato e in quantità maggiore rispetto alle proprie necessità, di conseguenza risulta impossibile mangiare tutto ciò che si trova nelle tavole e che inesorabilmente finisce nella pattumiera.
Purtroppo anche i materiali con cui i cibi sono imballati aumentano la “spazzatura” con danni notevoli sull’ambiente.
La stessa produzione alimentare si sta rivelano un pericoloso boomerang per le fonti inquinanti.
Le emissioni provenienti dall’agricoltura producono effetti dannosi sul clima aumentando la quantità di gas serra come la CO2.
Inoltre le colture irrigue assorbono ingenti quantità d’acqua dolce con notevoli sprechi di risorse idriche.
I concimi troppo abbondantemente usati in agricoltura arricchiscono laghi e i mari di sali minerali favorendo l’eutrofizzazione delle acque, un fenomeno che conduce alla morte di organismi.
Ognuno di noi, quindi, contribuisce con la propria condotta all’inquinamento del pianeta.
Da qui nasce l’esigenza di sensibilizzare i cittadini ad assumere un comportamento più consapevole e rispettoso nei confronti degli alimenti.
La buona pratica di pianificare la spesa e riciclare gli avanzi diventa necessaria.
Le nostre dispense e frigoriferi spesso abbondano di cibi da recupero che possono diventare ingredienti base per preparare interi pasti luculliani, come suggeriscono oggi i più grandi chef stellati.
Lo spreco alimentare è intollerabile in un pianeta che per metà soffre la fame ed è il simbolo di una società che non considera il cibo come bene indispensabile per la sopravvivenza, privandolo dei suoi valori culturali, sociali e ambientali.
Sono tante e gustose le ricette che possiamo ottenere evitando inutili sprechi ed a costo zero con gli avanzi delle nostre cucine.
Perché non provarne qualcuna con le ricette delle nostre nonne? Saranno sicuramente deliziose e piene di ricordi.

I gatti perdono il pelo… ma non per vizio

di Chiara Faranghini Kalliope, redazione La Siringa, liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento Annalisa Persichetti

DSC00961Un gruppo di ambientalisti ha lanciato il grido d’allarme: il riscaldamento globale impedisce ai nostri piccoli amici felini di cambiare il pelo. All’arrivo dell’inverno cinquantamila gatti in tutto il territorio nazionale, tra randagi e cuccioli potrebbero perdere la vita morendo per assideramento.
Quando arriva l’autunno, ai  gatti solitamente cresce un folto sottopelo che li tiene al caldo per tutta la stagione fredda. Ma come vi sarete accorti tutti, i nostri piccoli amici stanno al contrario perdendo  molto pelo , coprendo tappeti, coperte , poltrone di ciuffi senza che il manto invernale faccia la sua comparsa.  Questo fatto sta allarmando molti proprietari di gatti che vedono i propri animali diventare sempre più “nudi”. Segnalati anche inappetenza e vomito: La dott.ssa Magretti, dell’Università di Veterinaria di Perugia ci spiega: “ L’inappetenza e il vomito frequente sono dovuti alla presenza nello stomaco di boli di pelo che il gatto si ingerisce in eccessiva quantità leccandosi, a causa del caldo anomalo. Il professor Gambetti  dell’Università veterinaria di Milano ha dichiarato che  la temperatura ancora alta , ancora estiva , fa ritardare  la muta del pelo, ma all’improvviso arrivo della stagione fredda, i nostri amici felini   potrebbero rischiare infiammazioni e  problemi respiratori, reumatici o addirittura, nel caso di animali randagi o anziani, la morte per assideramento.  Quindi, vietato tenere fuori di casa i propri gatti ,specialmente di notte . Una iniziativa di soccorso per i randagi  è partita dal centro  Happy cat , che domenica 22 Novembre presenta in tutte le piazze italiane l’operazione “cuccia calda ” : in cambio di un’offerta di due euro, l’Ente in collaborazione con le associazioni animaliste di tutto il territorio nazionale fornirà ai Comuni scatole-cuccia termiche in  polistirolo, dove i gatti randagi  passeranno un caldo inverno protetti e le cucciolate nasceranno al sicuro . Abbiamo intervistato la consulente di comportamento del gatto, Lucia Angelini, alla Mostra del Felino, un appuntamento imperdibile dell’autunno perugino per gli appassionati gattofili. L’etologa ci ha spiegato che negli ultimi tempi molti proprietari e allevatori di gatti la consultano preoccupati perché i loro animali diventano all’improvviso stressati, pigri o nervosi, bevendo moltissimo. “È una delle molteplici conseguenze dei cambiamenti climatici” spiega.  Se i vostri gatti dovessero presentare questi sintomi, portateli al centro veterinario più vicino in cui verranno fatti accertamenti sullo “stress climatico”. In generale cercare di restare il più possibile con i propri gatti è la migliore cura contro la pigrizia e lo stress dei nostri amici felini.