L’oro rosso

della redazione di Parola Nostra, giornale dell’Istituto omnicomprensivo Monti Dauni (Bovino – Fg), coordinamento di Antonella Brienza

Lo zafferano è una spezia pregiata che si ottiene dagli stigmi del fiore del Crocus sativus e che cresce bene nella macchia mediterranea, ma anche in climi caldi e secchi. Oltre ad essere famoso per i molteplici usi in cucina, lo zafferano è davvero una miniera di elementi e sostanze preziose per il nostro organismo: è un potente antiossidante, combatte l’invecchiamento cellulare ed è ricco di vitamine.

Il 90% della produzione mondiale arriva dall’Iran, ma è molto diffuso in Marocco, in Grecia, in Italia. Nella nostra penisola viene prodotto soprattutto in Abruzzo, in Sardegna e in Toscana. Non tutti sanno però che viene coltivato anche sui Monti Dauni, nel territorio di Deliceto. 

Unico produttore è il signor Giuseppe Patella, elettrauto per necessità e agricoltore ambientalista per passione, che ha cominciato a produrre la preziosa spezia nel 1989.

Lo abbiamo seguito in campagna per osservare da vicino le fasi di lavorazione dello zafferano e ci ha aperto le porte della sua casa durante la sfioritura e l’essiccamento. Infine ci ha rilasciato un’intervista per spiegare il suo lavoro, per sciogliere i dubbi e soddisfare le nostre curiosità.

FASI DI LAVORAZIONE 

Giuseppe utilizza metodi assolutamente biologici in ogni fase della lavorazione, utilizzando tecniche ecosostenibili, nonostante i mille problemi e imprevisti che lo hanno portato, durante gli ultimi 30 anni, a dover rivedere il suo lavoro o   ricominciare dal nulla, anno dopo anno. 

La prima fase da seguire è la preparazione del terreno in cui verrà messa a dimora la nuova piantagione, che avviene da marzo ad agosto.  Indispensabile, durante questa fase è la vangatura: il terreno deve essere tagliato, sminuzzato e reso morbido, scavando le zolle fino a 60 cm di profondità. Il terreno viene fertilizzato con cenere e letame maturo di pecora o di cavallo, che Giuseppe si procura da un allevatore suo confinante. Nei mesi successivi viene lavorato solo in superficie, estirpando a mano le erbe infestanti.

All’inizio di agosto inizia la seconda fase, la scavatura: i bulbi vengono scavati e rimossi dalla vecchia dimora, quindi vengono puliti e selezionati. I tuberi rovinati o rosicchiati da qualche roditore vengono scartati e dati in pasto a maiali o altri animali d’allevamento. 

Sempre in agosto inizia la terza fase di lavorazione e si costruisce il nuovo impianto, la nuova dimora che ospiterà i bulbi. Il produttore procede a preparare le aiuole: 6 solchi lunghi circa 30 m ciascuno, distanti fra loro circa 30 cm. Essendo tutta la lavorazione eseguita manualmente, non occorre che i solchi abbiano una larghezza maggiore, come quando si utilizzano macchine agricole. Il primo e l’ultimo solco non ospitano i preziosi tuberi, ma costituiscono il solco di drenaggio. Lo zafferano infatti non ama i ristagni d’acqua che portano muffe e malattie nelle piante. I due solchi di servizio sono più profondi degli altri e restano aperti. 

Inizia quindi la quarta fase: la messa a dimora dei bulbi, che vengono ben allineati l’uno accanto all’altro e posti con l’apice verso l’alto. Il tutto viene ricoperto con cenere, fertilizzane naturale. Quando viene aperto il secondo solco, con una zappa triangolare, la terra rivoltata va a coprire l’aiuola precedentemente preparata.

Le piogge di fine agosto e di settembre fanno in modo che i bulbi entrino in vegetazione, mettano le radici e comincino a germogliare le prime piantine.  Insieme ad esse però nascono anche molte erbe infestanti, che potrebbero sottrarre nutrienti allo zafferano, impedendo ai bulbi di crescere. Inizia quindi un lungo e costante lavoro di pulitura delle aiuole, che deve continuare fino alla fioritura. Laddove è possibile si può procedere con la sarchiatura, effettuata con la zappa, ma abbastanza lontano dalle piantine per non rovinarle.

Intorno alla metà di ottobre appaiono i primi fiori.  Inizia quindi la raccolta.  Il raccolto va eseguito all’alba, tutte le mattine, finché i fiori non si esauriscono. E’ importante che il fiore venga colto prima che si schiuda, non solo per facilitare le attività di raccolta, ma anche per non danneggiare le piante non ancora fiorite. I fiori vengono adagiati in cestini di vimini o di altri materiali naturali che permettono l’areazione, come ulivo o canne. Ogni giorno i fiori vanno immediatamente portati a casa per la sfioritura.

E’ questa la fase più importante e delicata dell’intera produzione. Se il raccolto del giorno è stato abbondante occorre molta mano d’opera per separare da ogni singolo fiore gli stigmi, il prezioso oro rosso. Le mani sapienti di Giuseppe e dei suoi familiari  prelevano dal fiore i tre pistilli  a forma di trombetta o di corno di bue, di colore rosso porpora che si trovano al centro del croco. I sei petali color lilla e gli stami gialli costituiscono gli scarti. Nell’antichità venivano gettati nel campo come ringraziamento alla madre Terra per il dono ricevuto, e Giuseppe porta avanti l’antica tradizione, fornendo in questo modo un fertilizzante naturale ai suoi campi.

I pistilli, messi da parte scrupolosamente sono pronti per una nuova fase produttiva: l’essiccazione. Questa fase avviene contemporaneamente alla sfioritura. In una tinozza di metallo viene acceso un fuoco con legna esclusivamente di ciliegio, mandorlo o quercia. La legna deve essere ben stagionata ed asciutta, poiché se dovesse contenere dei residui di umidità, questa andrebbe ad inficiare la qualità del prodotto. Queste braci inoltre durano a lungo, ma vengono scelte soprattutto perché inodori: dei legni troppo profumati potrebbero rovinare l’aroma tipico dello zafferano e potrebbero alterarne l’odore. I pistilli vengono adagiati in un setaccio e questo, agganciato ad un catenaccio, viene tenuto in sospeso sulle braci ardenti per circa 15 minuti. E’ una fase delicatissima: il prodotto non essiccato bene potrebbe essere attaccato dalle muffe e l’intero raccolto andrebbe perduto insieme con un anno di lavoro. 

Finalmente, si passa alla fase di conservazione all’interno di contenitori di vetro che vanno conservati al buio e in luoghi asciutti e con temperature costanti. In questo modo il prodotto mantiene aroma e sapore fino a dieci anni.

METODI BIOLOGICI 

Giuseppe, ci assicura, produce zafferano “a inquinamento zero”. Tutte le fasi di lavorazione vengono effettuate rigorosamente a mano, senza mezzi meccanici inquinanti e senza l’ausilio di fertilizzanti chimici. Questo gli permette anche di limitare l’utilizzo di suolo destinato alla coltivazione, evitando spreco di terreno. Utilizza fertilizzanti naturali, come la cenere di legna da ardere, proveniente dalla sua stufa a legna. Tale combustibile viene attinto direttamente dalle potature dei suoi uliveti e frutteti, o da qualche albero secco dei suoi terreni agricoli. Altro fertilizzante naturale è il letame maturo, che arricchisce i terreni di sostanze organiche e rende il terreno drenante, e allo stesso tempo trattiene l’umidità dell’acqua, restituendola nei periodi di siccità.

Che sia un prodotto biologico lo dimostrano le innumerevoli api che vanno a nutrirsi del nettare dei fiori appena sbocciati, e come si sa, le api amano il biologico.

Il terreno destinato alla coltivazione di zafferano non viene riutilizzato per lo stesso tipo di coltura per almeno dieci anni.  Questo tubero infatti impoverisce molto i terreni, che negli anni successivi vengono coltivati a grano, avena o lasciati incolti.

PROBLEMI E DIFFICOLTA’ INCONTRATE

Giuseppe racconta che in trent’anni di attività i problemi incontrati sono stati molteplici. Molte le difficoltà di carattere ambientale, come le annate con piogge eccezionali, che rovinano i bulbi, li soffocano e li uccidono. Altro problema è quello dei roditori che possono rosicchiare e rovinare i tuberi. Alcuni anni orsono il danno maggiore. All’apice dell’attività quando era riuscito a raggiungere otto quintali di prodotto e a produrre circa un chilogrammo di zafferano, alcuni maiali neri, lasciati incustoditi dal proprietario, hanno divorato l’intero capitale.  Dopo circa dieci anni, oggi Giuseppe possiede circa due quintali di bulbi e riesce a produrre nuovamente 300 grammi di prodotto. Inoltre da allora recinta completamente le aiuole adibite a zafferano.

Anche i cambiamenti climatici fanno la loro parte nella lotta per la produzione dell’oro rosso: i bulbi diventano sempre più piccoli. E un bulbo più piccolo dà meno fioriture. Ogni bulbo può dare, a seconda delle dimensioni, da tre-quattro fino a sei-sette fiori. Da ogni bulbo messo a dimora se ne formano due o tre, di dimensioni differenti, a seconda della pianta madre.

PRODUZIONE E FORME DI COMMERCIALIZZAZIONE

Lo zafferano può essere venduto in stimmi o in polvere. Il signor Patella lo commercializza preferibilmente in pistilli, in piccoli barattolini di vetro, da un grammo ciascuno. Per pesarli utilizza una bilancia di precisione, che gli permette di produrre anche delle bustine da un decimo di grammo. Tali bustine a titolo dimostrativo sono state offerte agli alunni di una classe seconda della scuola primaria del nostro istituto che aveva effettuato un’uscita didattica nello scorso mese di novembre.

Vende il suo prodotto durante fiere o sagre di paese, oppure ad alcuni ristoranti della zona che ne fanno richiesta. Molte però le persone che ritengono eccessivo il prezzo dello zafferano, senza comprendere la fatica e la mole di lavoro che occorre. 

Abbiamo fatto alcune domande al signor Patella:

Perché ha pensato di coltivare zafferano in una zona, come i Monti Dauni, che tradizionalmente non pratica questo tipo di coltura?

Questa mia iniziativa è nata alcuni anni addietro perché il prezzo del grano, tipico dei nostri territori, che io producevo e produco tuttora, ha subito una forte crollo. Il prezzo è diventato talmente basso da diventare un investimento per nulla redditizio. Per questo ho cominciato a pensare ad un modo alternativo per sfruttare almeno parte dei miei terreni. Ho pensato allora allo zafferano, ma prima di cominciare a coltivarlo ho cercato di capire se tale coltura fosse adatta alle nostre zone e ai nostri territori.  Dopo alcune ricerche ho potuto constatare che prosperava in zone collinari, proprio intorno ai 600-700 m di altitudine.

Quando e come ha iniziato la sua produzione?

Ho iniziato le prime prove nell’agosto del 1989. Mi sono recato in Abruzzo, a Navelli, una delle comunità tradizionalmente note come “patria dello zafferano”, dove ho acquistato i bulbi e ho acquisito tutte le conoscenze per iniziare questo tipo di attività, lavorando con i contadini ed imparando i segreti del mestiere. Tornato a Deliceto, ho iniziato a costruire la prima dimora, cioè a preparare il terreno che avrebbe ospitato i bulbi, ma solo l’anno successivo, nell’agosto del 1990, ho costruito il mio primo vero impianto assieme ai miei genitori.

Quanto zafferano produce ogni anno?

Dopo varie vicissitudini che mi hanno portato negli anni a perdere completamente o in buona parte il mio raccolto, oggi produco circa 300g di zafferano.

Lei dice di aver perso completamente il raccolto in passato, come mai ha continuato con questo tipo di produzione?

Alcuni anni fa dei maiali neri, lasciati incustoditi da un mio vicino, hanno divorato tutti i bulbi del mio impianto. Così ho perso tutto ed ho dovuto ricominciare da zero. Ho continuato perché ho una grande passione per questa spezia meravigliosa, e anche perché amo le sfide. Voglio provare a me stesso di riuscire nuovamente a produrre un prodotto di ottima qualità nonostante tutte le difficoltà

Quali sono le sue sfide per il futuro?

Mi piacerebbe molto riuscire a trovare un sistema per eliminare completamente qualsiasi malattia dallo zafferano, per riuscire ad aumentare la produzione, con bulbi di alta qualità e resistenza, ma in maniera assolutamente biologica e naturale.

cod. 1582794289741

Le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici sul Pianeta Terra

di Velleda Ungaro, Angela Ginevra Coschignano, Roberta Niuccia Fusaro, Maria Sofia Gammetta, Virginia Sosto, Andrea Costa, Simone Basile, 13 anni,  I.C.Erodoto di Corigliano Rossano

Recenti studi scientifici rilevano che il clima sulla Terra è in continuo mutamento, si registrano continue escursioni termiche, come il passaggio da freddi glaciali a caldi torridi in pochi giorni. Gli scienziati ritengono che i cambiamenti climatici siano causati dagli interventi dell’uomo sulla natura che scombussolano l’intero ecosistema della Terra. Quando si parla di interazioni tra l’uomo e il clima viene subito da pensare all’effetto serra, questo avviene quando l’energia termica, proveniente dal sole, si accumula nella stessa atmosfera, per la presenza di alcuni gas chiamati “gas serra”. Questo fenomeno può comportare un riscaldamento globale in breve tempo causando l’innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai e i mutamenti del bioritmo degli organismi animali e vegetali. L’inquinamento ha anche altre conseguenze tra cui la variazione della distribuzione della pioggia, che in Italia è sempre più regolare, di breve durata ma di grandissima intensità, e l’aumento delle piogge acide che consistono nella ricaduta dell’atmosfera sul suolo di particelle acide che vengono catturate e deposte sul terreno da precipitazioni come: neve, grandine, rugiada ecc.. Può sembrare un cambiamento insignificante, ma, potenziali rischi ambientali, sociali ed economici che vi sono collegati sono devastanti, tra questi lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento del livello del mare dai 2 ai 6 metri, ed ancora il rallentamento della corrente nord-atlantica e la diminuzione del PH degli oceani che causerebbe l’estinzione di numerose specie animali e vegetali. Un altro problema attuale del clima è il riscaldamento globale. Esso è il mutamento del clima terrestre caratterizzato in generale da un aumento della temperatura media globale e da fenomeni atmosferici ad essa associati. L’aumento globale della temperatura causa il grande aumento degli incendi, anche nelle zone meno calde. Infatti, in quest’ultimo anno il tasso d’aumento di essi è cresciuto vertiginosamente, portando alla morte di milioni di animali. Negli ultimi tempi dai telegiornali e dai social media, abbiamo preso coscienza di due incendi in particolare: quello della foresta Amazzonica e quello in Australia. Secondo l’Istituto nazionale di ricerche spaziali al 20 agosto 2019 si sono susseguiti 74155 incendi nell’area della Foresta Amazzonica e per questo è stato richiesto, da parte dello stato Amazonas, lo stato di emergenza il 9 Agosto 2019. Mentre in Australia oltre 180 persone sono state denunciate e 24 arrestate, con l’accusa di aver appiccato il fuoco nello stato, incendio che ha portato alla morte di più di un miliardo di animali. La presa di coscienza degli effetti catastrofici sul Pianeta Terra dei cambiamenti climatici deve sensibilizzare le persone poichè è necessario mettere in campo subito diverse azioni: ridurre drasticamente l’emissione di Co2 quindi il consumo di combustibile fossili, ripristinare le foreste, ridurre gli sprechi e diminuire ovviamente l’utilizzo della plastica. Ciò che è importante capire è che bisogna partire dal mettere in atto piccole azioni quotidiane per salvaguardare il Pianeta, come fare la raccolta differenziata, comprare alimenti biologici, evitare lo spreco di acqua e luce.

1579078182067

Effetti dell’inquinamento, quali sono e cosa fare

di Francesca Careri, della II B scuola secondaria di primo grado Istituto P.M. Corradini di Roma, coordinamento Rossana Assogna

Un bambino che nasce oggi avrà tutta la vita segnata dai cambiamenti climatici. La nuova generazione riscontrerà, infatti, diverse problematiche a causa dell’inquinamento. La malnutrizione: con l’aumento delle temperature in diverse zone terrestri si è presentata una diminuzione agricola e si prevede tra il 2030 e il 2050 una crescita delle morti, causate dall’assenza del cibo di circa 250mila persone. Inoltre, elevati livelli di inquinamento atmosferico possono influire sulla funzione polmonare, nell’insorgenza dell’asma e sulle riacutazioni della broncopneumopatia cronica ostruttiva, e aumentare il rischio di cancro ai polmoni.

Ogni anno si contano già circa 8 milioni di decessi attribuiti all’inquinamento ambientale. Si tratta dello 0,1% della popolazione mondiale presente soprattutto nei Paesi in cui si utilizza il carbone. Vanno perciò incentivati gli interventi in settori come i trasporti, l’alimentazione, lo sfruttamento di energia pulita e rinnovabile, che migliorino la salute dei cittadini e che contribuiscano alla mitigazione del clima.

QUI PER CONTINUARE LA LETTURA DELL’ARTICOLO

E’ ancora possibile salvare la Terra?

di Lorenzo Foglia, della II A, scuola secondaria di primo grado Istituto P.M. Corradini di Roma, coordinamento Rossana Assogna

Solo pochi anni fa ci siamo resi conto che, piano piano, per progredire dal punto di vista tecnologico, stavamo distruggendo il mondo. Ma progredire per un mondo che per colpa nostra cesserà di essere abitabile non è completamente inutile?
Nel 2015 sono iniziati gli studi a livello globale per trovare soluzioni a partire dalla definizione di specifici obiettivi. Oltre all’obiettivo 15, l’ONU ne ha individuati altri 16. Per risolvere questi problemi è stata creata l’agenda 2030, che comprende tutti i 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030.

L’obiettivo 15 recita: “Proporre, recuperare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, combattere la desertificazione, arrestare il degrado del suolo e fermare la perdita della biodiversità”.

QUI PER CONTINUARE LA LETTURA DELL’INCHIESTA

L’isola rinata

di Francesco De Gaetano, Angelo Cofone, 13 anni, I.C. Erodoto di Corigliano Rossano

Il 28 Maggio 2018 un tornado di grandi dimensioni travolse la barca a vela del Dott. Jerry Vespa a nord del Portogallo. Jerry si ritrovò coinvolto all’improvviso e non poté far nulla, il tornado lo travolse e lo spinse su un’isola molto lontana, isolata, dove si ritrovò da solo senza viveri e senza un riparo dove poter passare la notte.  Si accorse presto che la riva dell’isola era cosparsa di plastica e di altri rifiuti ed allora pensò che riciclando quei rifiuti sarebbe riuscito a costruire un piccolo rifugio per la notte. Il giorno dopo per mancanza di cibo si addentrò nella foresta, lì trovò una tribù arretrata per molti versi, ma sicuramente molto fantasiosa che riusciva a trasformare i rifiuti dell’uomo spiaggiati sull’isola in case, oggetti e tanto altro e che ben volentieri accolse Jerry. Li Jerry imparò a trasformare i rifiuti. Dopo qualche settimana la famiglia di Jerry, non avendo sue notizie, incominciò a preoccuparsi e iniziò a cercarlo. 

Sull’isola c’era un grande vulcano attivo, che tutti pensavano fosse una semplice montagna fino a quando un giorno iniziò ad eruttare facendo così preoccupare Jerry e la tribù. Tutti gli uomini allora si misero all’opera per costruire una zattera che gli avrebbe permesso di mettersi in salvo, salpando verso un’altra terra.  Prima che l’opera fosse finita arrivò sull’isola la famiglia di Jerry con una grande nave. Tutti allora riuscirono a mettersi in salvo, utilizzando la nave Jerry riuscì a trasportare l’intera tribù sulla terra ferma in Portogallo.

Arrivato in Portogallo, insieme alla tribù e alla famiglia, Jerry curò le persone malate e diede loro del cibo migliore di quello dell’isola, rimasero lì fino a che il vulcano smise di eruttare. Dopo ben un anno Jerry tornò con la tribù sull’isola per vedere che cosa era successo. Lì trovarono un’isola rigogliosa, erano cresciuti alberi e piante a profusione, l’eruzione del vulcano grazie all’inesistenza di elementi inquinanti aveva fatto rinascere l’isola. Da quel momento Jerry si attivò con l’aiuto della tribù a trasformare i rifiuti e ad utilizzarli per costruire oggetti utili da utilizzare nell’ospedale dove lavorava. Nel settembre 2019 vinse per la prima volta il premio NOBEL per la sostenibilità. 

1579077719855

Anna salva il mondo insieme agli orsi

di Miriam De Vico, Maria Isabella Cuccaro, Giovanni Falcone, Alessandro Madeo, 13 anni, I.C.Erodoto di Corigliano Rossano

Un giorno una ragazza italiana di nome Anna, avendo vinto un concorso scolastico, venne  invitata a prendere parte ad una escursione davvero speciale, visitare l’habitat naturale degli orsi polari.

Durante l’escursione Anna si appassionò molto agli orsi polari e decise di studiarli per capire le loro esigenze. Attraverso le quotidiane osservazioni la ragazza notò che l’orso che stava studiando da giorni stava cambiando il suo habitat, le sue abitudini alimentari e che il suo sonno era disturbato.

Decise, allora, di impegnarsi e di cercare di capire a cosa si dovessero attribuire le cause di tali cambiamenti, in una specie in via di estinzione. Dopo approfondite ricerche capì che la causa principale del problema era il riscaldamento globale dovuto all’inquinamento prodotto dall’irresponsabilità dell’uomo. 

Anna si impegnò a riparare al danno fatto dall’uomo promuovendo attività ecosostenibili, convincendo i suoi coetanei che le piccole azioni possono preservare il Pianeta Terra dall’inquinamento. Iniziò a promuovere attività in ambito scolastico coinvolgendo il suo preside e organizzando diverse manifestazioni per promuovere la sua idea.

Dopo qualche mese tutte le scuole decisero di adottare la loro politica per salvaguardare il pianeta. Presto fu raggiunto l’obbiettivo di rendere un’intera regione sostenibile e, così, anche i telegiornali iniziarono a parlare di loro ispirando molti paesi.

La regione diventando sostenibile iniziò a conseguire gli obbiettivi che in poco tempo diventarono i 17 obbiettivi che ogni paese avrebbe dovuto raggiungere per fare del mondo un posto migliore. Gli obbiettivi dell’Agenda 2030: 


1. Eliminare la povertà nel mondo; 
2. Sconfiggere la fame nel mondo; 
3. Promuovere la cura ed il benessere per tutti; 
4. Proporre una scuola di qualità per tutti; 
5. Promuovere uguali diritti per donne e uomini; 
6. Dare a tutti acqua pulita per bere e per lavarsi; 
7. Fornire energia pulita per tutti; 
8. Promuovere lo sviluppo economico e lavoro per tutti; 

9. Fornire nuove tecnologie per le industrie; 
10. Diminuire le differenze tra poveri e ricchi; 
11. Formare città vivibile e sicure;
12. Consumare prodotti sostenibili; 
13. Fermare il riscaldamento globale; 
14. Conservare il mare e le sue risorse; 
15. Conservare la biodiversità; 
16. Creare delle società pacifiche e giuste; 

17. Collaborare paesi e organizzazioni.

Questi 17 obbiettivi furono rispettati da tutti e grazie ad essi il clima si ristabilì e gli orsi poterono tornare a vivere nel loro habitat naturale.

Anna fu molto felice per questo risultato ottenuto dopo anni di sacrifici. Inizialmente lei non capì l’importanza di ciò che aveva fatto e qualcuno superiore a lei decise di farle notare che aveva salvato il pianeta premiandola con il Premio Nobel.

1579077049507

L’uomo artefice del futuro del Pianeta Terra

di Federica Bruno, Chiara De Marco, Francesco Pignataro, Angelo Cofone, 13 anni, I.C. Erodoto di Corigliano Rossano

In passato le stagioni erano più regolari, non si registravano sbalzi eccessivi di temperatura, oggi si registrano continui cambiamenti climatici e diversi fattori ne sono la causa: calore interno del pianeta, irraggiamento solare, evaporazione dell’acqua dei mari, aumento dell’atmosfera inquinante, effetto serra naturale e aumento dell’anidride carbonica nell’aria. Agire con resilienza è l’unico modo per permettere all’uomo di far fronte ai problemi in maniera positiva, per permettere all’uomo cioè di cambiare le cose, di intervenire con risolutezza di fronte anche all’emergenza climatica, sociale, economica e ambientale. Un ruolo fondamentale è dato alle nuove generazioni che hanno il potere di cambiare il pianeta promuovendo la diminuzione delle emissioni di CO2, ad esempio costruendo meno fabbriche e trasformando quelle già esistenti in fabbriche eco sostenibili, per salvaguardare l’ambiente e coloro che ci vivono.

A causa dei cambiamenti climatici, ogni anno muoiono circa 400.000 persone, spesso a causa dei cibi inquinati dai concimi chimici, dalle piogge acide e dall’inquinamento atmosferico che si riversa sul terreno. È per questo che varie associazioni chiedono che la lotta per la sicurezza alimentare diventi un obiettivo per tutto il mondo, soprattutto per le popolazioni povere che sono meno coscienti e responsabili di questi cambiamenti.

Un programma stilato per la risoluzione dei problemi è l’Agenda 2030, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs- in un grande programma d’azione per un totale di 169 “target” o traguardi. Con l’avvio ufficiale degli Obiettivi avvenuto nel 2016 si è voluto dar inizio a quel percorso che permetterà ai vari Paesi, nell’arco di quindici anni di realizzare i Goal dell’Agenda entro il 2030. Diverse le problematiche trattate: la povertà, la salute, l’istruzione, l’uguaglianza, il cambiamento climatico.

L’obiettivo che tratta la lotta contro il cambiamento climatico è il XIII. Il cambiamento climatico interessa tutto il mondo, ma coloro che se ne devono interessare di più sono i giovani. Questo fenomeno è una sfida che abbatte i confini tra le nazioni perché le emissioni di CO2 riguardano tutto il globo. Anche l’ONU si è fatto carico del problema e ne ha discusso nell’ultimo vertice a Madrid COP25. Gli scienziati hanno rilevato che gli ultimi 5 anni sono stati i più caldi mai registrati prima, questo ha scosso le coscienze, anche il Papa è intervenuto in merito chiedendo a tutti di non perdere questa occasione, e denunciando il fatto che, al momento, questa sfida la si sta affrontando solo a parole, mancano le azioni concrete. Infatti, gli impegni attuali presi per l’adattamento al clima sono molto lontani da quelli necessari per raggiungere gli obiettivi fissati sia dall’Agenda 2030 che dall’Accordo di Parigi. Quanto è vero che la resilienza è la capacità di affrontare le difficoltà, è anche vero che ogni singolo uomo può contribuire con soli piccoli gesti a rinnovare le sue abitudini quotidiane, migliorando. SE UNA PERSONA PUÒ CAMBIARE, ANCHE IL MONDO PUÒ VARIARE!

1579075780691

Ricordare per non ripetere. Memorie di un ebreo romano

di Maria Alessia Perone, di 13 anni, Corigliano Rossano, IC Erodoto

Le memorie di un ebreo italiano, il signor Cesare Tagliacozzo, riprendono il loro corso per insegnare come le persone si oppongono alle Leggi in nome dei diritti umani.

Il signor Cesare nacque a Roma il 16 giugno del 1927. Pochi giorni dopo l’armistizio con le forze alleate, i tedeschi emanarono minacciosi bandi con l’obbligo per i giovani di arruolarsi. Così il fratello maggiore di Cesare, consapevole che l’essere ebreo avrebbe determinato la fine della sua libertà, abbandonò Roma con altri coetanei diretti verso Fiuggi. Dopo pochi giorni ci fu la richiesta dell’oro fatta dal comando tedesco delle SS, in cambio della salvezza di 200 capi famiglia del ghetto ebreo di Roma. Esaudita la richiesta dell’oro, la famiglia Tagliacozzo ritenne di essere al sicuro e rimase al lavoro nel laboratorio di sartoria finché non si decise ad abbandonare la casa per trovare un posto sicuro, il primo ottobre del 1943, rifugiandosi provvisoriamente presso un cliente cattolico che faceva parte delle guardie papaline. Appena in tempo! Il mattino dopo furono avvertiti della razzia avvenuta ad opera delle SS tedesche su tutte le case della comunità ebraica e consigliato di trovare un rifugio altrove. Per tre giorni la famiglia rimase a Trastevere a casa di una parente cattolica ma era difficile sfamare altre quattro persone con i viveri razionati. I Tagliacozzo, saputo per vie traverse che il figlio maggiore aveva trovato rifugio ad Olevano Romano, decisero di raggiungerlo.  

La sera del 19 ottobre 1943 furono accolti anche loro da questi “speciali” cristiani che li ritennero tutti uguali e tutti figli di Dio. Nei giorni successivi la famiglia benefattrice, Milana, fornì anche i mezzi tecnici per poter continuare a fare il lavoro da sarti e poterne ricavare il minimo indispensabile. Trascorsero i successivi mesi fino al gennaio 1944 piuttosto tranquilli soprattutto perché il signor Agapito Milana con la collaborazione del segretario comunale e di Don Umberto Carletti, parroco del paese, fornì ad essi dei documenti falsi. Nelle nuove carte di identità false avevano un cognome inventato, come luogo di nascita Taranto e come ultima residenza il Comune di Manduria. Questi documenti si sono rivelati per loro preziosissimi e furono distrutti soltanto il 5 giugno 1944 al momento che ripresero ognuno le proprie identità. Nel gennaio del 1944 le truppe tedesche occuparono la zona di Olevano Romano quindi la famiglia Tagliacozzo e la famiglia Milana si trasferirono ai piedi del monte Scalambra. Cesare e la sua famiglia vivevano all’interno di una porcilaia. Il ricordo più bello che Cesare ha di quel periodo è che la moglie del signor Agapito, la signora Assunta, cucinava per lui una focaccia. Finalmente il 4 giugno 1944 Roma fu liberata dalle truppe anglo-americane e dal quel momento per tutte le famiglie ebree italiane l’incubo della persecuzione cessò. Arrivò la notizia che Roma era diventata città aperta e la famiglia Tagliacozzo fece ritorno nella capitale ospite di famiglie amiche.

Per Cesare ci vollero 50 anni per stilare le memorie della sua famiglia. Racconta che il 2 dicembre 1998 lesse sul giornale Il Messaggero che lo Stato d’Israele ringraziava i GIUSTI, questo fece affiorare nel suo cuore il bene ricevuto, soprattutto quello dato da AGAPITO e ASSUNTA MILANA proprio nei momenti più difficili. Dopo le autentificazioni, il signor Tagliacozzo e la sua famiglia hanno ricevuto i riconoscimenti dallo stato Israeliano e proprio questo è un vero esempio di resilienza umana. 

1582622734350