A caccia di “eco” ad Ecomondo (4420)

Arriviamo a Rimini nel primo pomeriggio, treno, autobus, piedibus, e ci piace molto l’ingresso sud della Fiera: legno, vetro, gradini bassi, scivoli per rotelle di ogni genere, comprese le nostre dei trolley, perfetti e colorati contenitori e buste bio (?) per la differenziata spinta.

 

 

(Peccato: sembra che si faccia solo dove può esser vista. Tra un padiglione e l’altro, nell’area esterna solo per adetti ai lavori, ci sono i bidoni dell’indifferenziata. Fotografiamo bucce di banana in compagnia di bottiglie di plastica, e vediamo un operatore scaricare un’enorme e pesantissimo bustone di … tutto un po)’.


Andiamo in sala stampa: un mare di carta, comunicati di ogni azienda e quelli dell’ufficio stampa di Rimini Fiera (in carta riciclata), ma la collega avverte: è anche tutto online, se non volete portarvi dietro pesi.  Vorrà dire che la carta, ormai stampata, la usiamo sul retro per gli appunti.  Mollati i trolley, scendiamo nei padiglioni. Spazio immenso, solo il catalogo (rigorosamente in carta riciclata) pesa quanto un dizionario professionale.

Ecomondo, appunto. Ambiente. Ecologia. Queste due parole sono il leit motiv della quattro giorni riminese, appuntamento primario per le aziende “green” del nostro paese, dove si incontrano i businessmen e dove si ascoltano gli esperti, nei tanti appuntamenti in programma ogni giorno (convegni, conferenze, tavole rotonde, seminari, corsi di formazione, persino master).

Bello scoprire che ci sono alghe che diventano carta, sapere che hanno inventato robot per la raccolta differenziata e che ci sono Comuni e Provincie virtuose che fanno anche progetti Zero Waste o Wasteless come si vuol chiamare. Interessante scoprire i numeri del rapporto sull’Italia del Riciclo, preparato da Fondazione Sviluppo Sostenibile e Fise Unire, dal quale si evincono dati in crescita per la carta, il vetro, la plastica e l’alluminio, ma si scopre pure che il 26% dei pneumatici fuori uso viene ancora smaltito illegalmente, batterie ed accumulatori hanno un tasso di riciclaggio troppo basso, è in calo la raccolta dell’olio usato e possiamo vantarci di una vergognosa maglia nera quanto al recupero degli inerti. Ovvio trovarci, oltre alla ministra Prestigiacomo all’inaugurazione (“E’ questa l’italia che vorrei, è la rassegna dell’Italia del futuro”), i grandi consorzi di recupero, i colossi dell’Energia, i big della comunicazione ambientale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Conai “recupera”… col termovalorizzatore

Bello sentire, a proposito di consorzi, il presidente di Conai annunciare giustamente fiero che “il 64%  di riciclo raggiunto dal consorzio ha evitato l’apertura di 235 nuove discariche in un decennio”. Siamo rimasti stupefatti, invece, quando abbiamo letto sul Corriere della Sera che con altrettanto orgoglio lo stesso presidente Piero Perron ha parlato di un “altro 10% di recupero con la termovalorizzazione”. Come se la “termovalorizzazione” – termine abolito dai protocolli europei perché ritenuto ingannevole – sia un modo per recuperare.  E figuratevi che faccia abbiamo fatto quando, qualche riga più sotto, abbiamo letto che lo stesso Perron, intervistato il giorno prima dell’inaugurazione di Ecomondo, rincara la dose: “A livello generale, se con la raccolta differenziata siamo in media con l’Europa, bisognerebbe aumentare decisamente il numero dei termovalorizzatori”. I quali, come si sa, per funzionare bene, ovvero produrre energia (e reddito) hanno bisogno di bruciare materiale che alza le temperature, come la carta e la plastica, appunto. Non vi pare un controsenso che a sponsorizzare i “termovalorizzatori” sia proprio il presidente del Consorzio Nazionale Imballaggi che ne deve garantire il riciclo?

Vero Green o green washing?

Non ci capiamo molto di macchinari e filtri, turbo e caterpillar; siamo come i nostri Giornalisti Nell’Erba, solo un po’ cresciute: siamo giornaliste, tuttologhe come richiede la professione, ma non specialiste di tecnologie avanzate. I grandi quotidiani, i periodici nazionali e le riviste di settore scelgono il taglio dei loro articoli tra le notizie che fanno “titolo”: le dichiarazioni, i report, le novità, le statistiche… Noi facciamo incetta di report e comunicati che riassumono (gli articoli saranno sul web), ma scegliamo di girare e fare domande semplici, cerchiamo scovare tra le tante, qualche esempio di aziende Eco autentiche e distinguerle da altri esempio di quelle che propongono  solo green washing. Un taglio spesso spinoso, per i grandi editori legati a interessi  del mondo dell’imprenditoria e della politica. Noi che invece siamo piccini, in tutti i sensi, e non abbiamo santi protettori (ahinoi!), ce ne andiamo in giro come qualunque visitatore, ci permettiamo domande semplici che a volte suscitano la perplessità dei businessmen, lasciando a chi ci legge la libertà post-lettura di attrezzarsi con una lavagna e stilare da solo la lista dei “buoni e cattivi”.

Le Penne di Giornalisti Nell’Erba premiate a Ecomondo.

Scopriamo a Ecomondo quali sono le tre aziende della green economy che ricevono il premio Sviluppo Sostenibile 2010: My Clima, Plantech e Lecce Pen, proprio quell’azienda che per la scorsa edizione di Giornalisti Nell’Erba ha dato un contributo al nostro progetto regalando penne in materiale riciclato alla premiazione del 22 maggio. La prima, del Gruppo Fiorini di Treviso, è stata premiata per la sua pompa geotermica di piccole dimensioni (grande quanto un frigorifero) che fornisce caldo, fresco e acqua calda ed ha un sofisticato software che gestisce l’integrazione delle varie fonti. La seconda, Plantech per la realizzazione di Roteax, un sistema innovativo di pompaggio a bassima pressione che consente di riclare anche tipologie diverse di plastiche derivate dalla raccolta di rifiuti di plastiche miste pre e post consumo producendo manufatti di qualità con un processo ecosostenibile a ciclo chiuso. La terza, Lecce Pen, per l’innovativo processo di riciclo del tetrapak, che separa e ricicla la frazione di cellulosa del tetrapak mentre quella composta da plastica e alluminio viene lavorata producendo un granulato plastico (Ecoallene) impiegato per produrre vari oggetti per la casa e per l’ufficio.  Le penne dei Giornalisti Nell’Erba, appunto.

Girovagando tra gli stand.

Un po’ così, a naso, armati solo delle nostre domande “ingenue” ci muoviamo nell’immenso Ecomondo riminese, stand dopo stand, fiutando, tra grandi foto di rifiuti in discariche gigantesche, granchi meccanici colossali che campeggiano nei padiglioni, aziende che son lì per vendere attrezzatura per il taglio dei metalli, altre che aggiungono un “eco” prima dei loro prodotti in occasione della fiera, quelli che ci sono parsi esempi di impegno autentico per l’ambiente, oltre che sana imprenditoria.

Ambiente. Ecologia.

Ambiente. Ecologia, le due parole leit motiv della quattro giorni riminese, punto fermo in tutte le brochure, in ogni volantino, in ciascuna insegna.  Prendiamo Ambiente. Sapete che vuol dire? No, non è quello che pensate voi. Non è “spazio e complesso delle condizioni fisico-biologiche che consentono la vita”. Salvaguardia dell’ambiente, poi, non è, come pensate e come è scritto sul dizionario, “la protezione del territorio da ogni tipo di inquinamento e manomissione”. Così come “ecologico” non significa “relativo alla necessità di difendere la natura”, o “relativo alla sensibilità per i problemi dell’ambiente”.  Sbagliato.

 

 

Ce lo spiega, candidamente e non solo lui, uno dei rappresentanti in fiera della ditta che produce Giove- scope industriali, a cui, dopo aver scoperto che  una delle attività in mostra era la produzione di una scopa che si applica in pochi secondi su qualsiasi elevatore e pulisce rottami, torniture, plastica, carta, rifiuti, legno, vetro (tutto insieme, ovviamente) nei cantieri, chiediamo: “e cosa c’entra questo con Ecomondo, Ambiente, Ecologia?”. Beh, fa lui, stupido di una domanda così sciocca: “E’ pulizia, no?”  Adesso è tutto chiaro. Adesso finalmente possiamo capire come mai ci sono tante foto di discariche, tanti produttori di cassonetti e contenitori di rifiuti differenziati colorati, molto carini, di ogni forma e design (ma non  n materiale riciclato, ad esempio), tanti caterpillar (servono nelle discariche, appunto), tanti gestori di servizi di smaltimento rifiuti (anche tramite incenerimento, ovviamente),  tanti produttori di tubi e parti meccaniche, container e camion.

Ambiente-Ecologia = pulizia.

Quasi un problema estetico: si pulisce per non aver davanti agli occhi i rifiuti., oltre che per ragioni d’igiene. Si costruiscono filtri, per non sentir l’odore d’immondizia, come Syntal che, però, ha brevettato un tessuto che filtra non solo gli odori ma anche i solventi e le sostanze tossiche. Si costruiscono – lo fa Unisolar – speciali pannelli fotovoltaici per farne coperchi di discariche, e lo si fa con un materiale innovativo che isola anche l’odore: due piccioni con una fava. Un bel tappo alla discarica che così produce energia. Vorremmo saperne di più, ma la signora nello stand, appena sente che siamo giornalisti, spiega che lei non è della stessa ditta e rimanda ad un titolare che però è troppo a lungo impegnato con un chiente.

Cannoni d’acqua

Capiamo pure perché la ditta DF (sottotitolo Ecology, logo con la stessa goccetta d’acqua ripiena del pianeta che qualche giornalista nell’erba ha pescato su internet l’anno scorso per farne una pubblicità progresso su “Diritto D’Acqua”). L’acqua, nel caso d’uso di DF e di altre aziende presenti, viene sparata da grossi cannoni da 3 a 20 kilowatt nei cantieri, dove serve di appesantire le polveri e farle precipitare affinché non se ne vadano troppo in giro per aria. Polveri di ogni genere, che piovono a terra, ma almeno in una zona circoscritta.

 

La Ferrari? Siamo sponsor!

Capiamo persino cosa ci fa una Ferrari in mostra a Ecomondo. E’ un modello speciale ecologico? “No, non c’entra nulla, è qui perché siamo sponsor della Ferrari”, ci spiega un pezzo grosso della Solmec che espone, a fianco al bolide rosso, un immenso granchio per rifiuti con tanto di adesivo proporzionato alla mole del mostro meccanico: “Emissioni Zero”. Davvero? E come fa una macchina che richiede così tanta potenza a essere ad emissione zero? “Va a batteria. Ne ha due. 8 ore di carica per 8 ore di autonomia”. Stupendo. Ma quanta energia necessita? “L’equivalente di un condominio”. Ah, ecco. Un botto di energia. Fotovoltaica, forse? Macché, ci vorrebbero ettari di pannelli. Prodotta dalle centrali elettriche, allora, che a loro volta hanno bisogno di carburanti fossili… (“Però se si è vicini ad una centrale idroelettrica…“) Energia che costa, sempre di più. Che accoglienza potrà avere questo granchio nel mercato reale?

Altro padiglione, altre auto. Eni ne mette in mostra una a metano. A tutta fiancata, lo slogan: “Rispetto l’ambiente-  riduco le emissioni del 20%”. Meglio di niente, non c’è che dire. Ma se si investisse in qualcosa di più che il 20%…

Rifiuti rigenerati?

Ecco poi, in un altro padiglione, uno di tanti che “rigenera” i rifiuti per favorire l’ambiente. Bene. Sul tavolo di Iosa Carlo Ecologicambiente c’è anche un periodico a fumetti con un personaggio che ha la sua pagina su facebook. “E’ il titolare se l’è inventanto e disegna e scrive, è impegnato in un progetto di educazione ambientale per i ragazzi”, ci spiega una signorina allo stand. A pagina 3 del fumetto si legge qualcosa che, ad esempio per i  giovanissimi giornalisti nell’erba d’Italia che insegnano Ambiente agli adulti, è per fortuna roba cotta, mangiata e bella che digerita da un bel pezzo: “Quando le persone gettano in terra o in acqua la carta, le lattine di alluminio o le bottiglie di plastica compiono un gesto di mala educazione e in più sporcano le strade, i giardini, le fontane, i fiumi (ndr: notare le sequenze), in poche parole l’ambiente dove vivono. Gettare tutte queste cose nei cestini è un grande gesto di maturità, che non costa troppa fatica, in modo che tutto sarebbe meno sporco e più bello”. Ecologia=Pulizia. Waster, il cattivo, è appunto “immondizia”, l’ecomobile è piena di spazzole pulitrici. La questione, ancora una volta, ci pare prevalentemente estetica. Tornando allo slogan in verde che ricopre la superficie dello stand: Portaci i tuoi rifiuti, ne usciranno… rigenerati. In che senso “rigenerati”? Cosa fate, esattamente per l’ambiente? “Ci occupiamo di rifiuti pericolosi che vanno in discarica. Li trattiamo in modo che siano meno pericolosi”. Quindi… “Trattiamo con triturazione, compattamento,  inertizzazione, calce, cemento, miscelazioni…  Abbassiamo la pericolosità del rifiuto fino a rientrare all’interno dei limiti di legge”. Quel che fate è necessario. Ma non vi pare un po’ eccessivo usare il termine “rigenerare”? No answer.

“Ecologia in movimento… “

C’è anche l’”ecologia in movimento”, ça va sans dire. E’ il caso, tra gli altri, di Astra che… trasporta rifiuti. Perché “un Cantiere Pulito è un Mondo Pulito!”, come si legge nella brochure, dove si ricorda, per chi non lo sapesse (come evidentemente non poche aziende italiane, se c’è bisogno di ricordarlo) che “lana minerale, guaina bituminosa, eternit, Raee sono rifiuti pericolosi o potenzialmente tali, perciò vanno gestiti separatamente e appositamente confezionati rispetto ai rifiuti misti da costruzione e demolizione”.

“Tecnologie per industrie ad alta sensibilità ambientale”.

Le “Tecnologie Avanzate per Rispettare l’Ambiente” (le maiuscole vanno per la maggiore) di Riccoboni Holding vengono presentate in un mega stand bianco e verde con divanetti, hostess, prosecco e stuzzichini. Nessuno al momento è disponibile a spiegarci esattamente in cosa consiste il rispetto dell’ambiente – riusciamo ad “incastrare”, è lui a dirlo, solo un venditore, che tenta senza troppa convinzione di attirare l’attenzione dei titolari-titolati a parlare con la stampa. La Holding “risolve le problematiche dei siti industriali come petrolchimici, raffinerie, impianti farmaceutici, industrie ad alta sensibilità ambientale” – vi immaginate quale –  proponendo i suoi impianti di trattamento di rifiuti speciali, o ad esempio i suoi impianti di trattamento per la depurazione della acque di falda, o impianti di soil washing, che sarebbe un sistema per separare la frazione colloidale di un terreno contaminato dalla frazione inerte: “gli inquinanti tendono a legarsi alla frazione colloidale che a sua volta tende ad aderire fisicamente a sabbia e ghiaia”. Il trattamento consente di rimuovere i contaminanti pericolosi dal suolo e concentrarli in un volume ridotto, come si legge nel corposo volume patinato in distribuzione ai visitatori. Certo, finché ci sono tutte queste schifezze da smaltire, le holding come Riccoboni hanno lavoro. Pazienza se ogni tanto finiscono nel mirino di qualche blog di comitati cittadini attenti al territorio. Quel che si dice in quei blog, tanto, non è  lo stesso Ambiente di cui si parla nella lingia del business.

“Motor racing con certificazione ambientale”

Altro grande stand, ma senza divanetti, è quello di Airbank, che non è una banca dell’aria, ma un’azienda che si presenta come leader in Italia nel settore ecologia e sicurezza industriale. Porta a Ecomondo “tutta la sua esperienza per proteggere l’Ambiente che ci circonda”, e anche una Yamaha da corsa. Quella di Valentino Rossi, per intenderci. Che c’entra una moto da corsa che brucia idrocarburi con l’ecologia? Un altro caso di sponsorizzazione? “No, la Airbank ha fatto conseguire la certificazione ISO14001 del Sistema di Gestione Ambientale a Yamaha Motor Racing, è la prima ad averla ottenuta nel mondo delle moto da corsa”. Ora, ci par di vederle, tutte le case faranno una corsa (è proprio il caso) per certificarsi ambientaliste. Ma cosa significa? “Grazie alla nostra consulenza e ai nostri prodotti, Yamaha Motor Racing è riuscita a raggiungere uno step d’attenzione per l’ambiente. Nei moduli dove il team consuma i pasti, ad esempio, ci sono contenitori per la differenziata. Sono dotati di nostri materiali come ad esempio l’assorbente a cuscinetto o a sabbia brevettata per olii, benzine e prodotti chimici etc..”. “Airbank vuole un Mondo più sicuro e pulito”, dichiara Gloria Mazzoni, general manager dell’azienda. Ma lo vuole davvero pure Yahama e le sue concorrenti?

Ecologia da brochure

MM produce invece “grigliati per l’ecologia”. Sono carini a vedersi, tutti colorati, servono per pavimentare  cantieri, sono adatti agli impianti di trattamento dell’acqua, possono essere forniti in una ampia gamma di maglie e spessori, in resine diverse, con colori personalizzabili (a Ecomondo è il verde il dominante), sono antistrucciolo, tagliati e sagomati a disegno… Ecologici, in che senso? “Ma no, vede, possono essere messi in qualunque situazione, non solo negli impianti di trattamento rifiuti, lì, ad esempio, in quella foto, sono in una industria chimica…”. E allora perché c’è scritto “per l’ecologia” nella brochure? “Queste brochure le abbiamo fatto appositamente per Ecomondo. Il green attira, e funziona davvero, sa?”

Differenziata al 100%

Non sono gli unici a produrre macchinari di questo tipo, ma sono quelli che li espongono con più orgoglio. Parliamo di Faber, una ditta napoletana capitanata da giovani in prima linea anche nell’educazione ambientale nelle scuole, e del loro Eco-Value, progetto e tecnologia di Smart Waste Point che consente ai Comuni di applicare una tariffazione puntuale e fare un controllo preciso della raccolta dei rifiuti differenziati e non differenziati. Negli Stati Uniti, il sistema Payt – pay as you throw, paga quanto getti – è adottato già da 6000 città e si applica a qualunque tipo di raccolta e qualunque tipo di materiale. Sistema intelligente, capisce se stai barando: se provi a buttare plastica insieme a carta, individua l’errore e non apre il contenitore. La tua card accumula punti a seconda di quanto conferisci, insomma ti premia. Non c’è possibilità che la differenziata non funzioni. Quanto costa? Un comune di circa 8000 abitanti si ripaga i costi in un paio d’anni. E in un Paese come il nostro dove ci sono molte aree (Lazio compreso) in cui la differenziata stenta a decollare, sarebbe la soluzione immediata, definitiva, senza possibilità d’errore e con costi decisamente inferiori a quelli di una raccolta porta a porta che spesso non dà i frutti sperati.

 

 

 

 

Il talebano ecologico

Altro caso da medaglia, i pannolini e i vestitini in bio cotone di Aleopopera della I-Tex, piccola azienda trentina che propone prodotti ecosostenibili, biologici, biodinamici, certificati. Pannolini usa e getta biologici, quindi che possono trasformarsi in compost e pannolini lavabili in fibre naturali, che oltre ad essere ecologici evitano problemi di allergie e irritazioni, ma anche tessuti, abitini per bambini in fibre totalmente naturali, gli unici ad avere certificazione Icea che garantisce il prodotto dal seme di cotone al filo, al prodotto fino alla confezione, biologica. “Il capo è un talebano, quando si parla di ambiente. Non possiamo neppure farci vedere con una busta, perché magari è prodotta in Cina e chissà con cosa e come è fatta”, ci confessa una signora dello stand.

 

 

 

Ecogadget ed ecouffici


C’è chi della voglia di green delle aziende fa business offrendo la personalizzazione di eco-gadget. Tra i tanti, sempre più, che propongono gadget, c’è anche prodottiRiciclati, “oggetti sostenibili per la comunicazione e il marketing”, che si reclamizza con lo slogan “la tua pubblicità si posa sulla coerenza dei nostri prodotti”. Coerenza dei vostri prodotti, ma non forse di quelli di chi acquista e personalizza, come ad esempio quell’industria petroltecnica che si è fatta fare dei tappetini mause in materiale riciclabile.

 

I gadget di MeC engineering Educational Energy sono i giochi in legno a pannellini solari che l’azienda ha voluto regalare lo scorso anno ai vincitori di alcune sezioni dei piccoli giornalisti nell’erba. Quest’anno, le novità sono il primo battellino stile Mississippi, il Picchio e la macchina Formula 1 (piccola, in legno, chissà se farà “education” anche agli adulti).

Vignolbags propone borse di ogni fatta e misura, buste, contenitori per la differenziata, in fibre naturali, in juta, cotone, tnt (tessuto non tessuto) etc. Il tutto da personalizzare con il logo, il nome, lo slogan dell’azienda che le acquista.

 

 

 

 

 

 

 

100% riciclato


Anche Ecoffice personalizza ogni oggetto della sua vasta gamma di prodotti per l’ufficio. Penne in materiale riciclato o materbi, memorie usb a forma (e materiale) di pannocchia di mais, caricabatterie per cellulari a manovella o a energia solare, raccoglitori, quaderni  in carta e cartone riciclati, ecotimbri, buste da lettera, astuccio per la scuola in cartone riciclato con pastelli naturali, portachiavi, eco arredi, anche borse in cotone bioRe e portadocumenti in Pet riciclato. Non un prodotto che non sia ecosostenibile, insomma, 100% autentico green, con tanto di certificazioni.

Prodotto riciclato pure la carta di L.C.I., che non ricicla, non tratta, non confenziona, ma controlla ogni passaggio della carta che poi vende.

 

 

Riciclata al 100% e di qualità anche la plastica che usa Preco System per fare arredi e attrezzi ludici per i bambini: abbiamo visto una deliziosa barchetta a vela, una casetta, un cavallino a dondolo, staccionate, sedie e tavoli, cestini per rifiuti, fioriere, cartelli, segnapassi e portabici. L’effetto non sarà “splendente!,  i colori non luccicheranno, ma l’effetto è buono, anzi, quasi “naturale”… I titolari sono “green doc”, disposti a parlare anche un’ora – in piena fiera – con due sole persone con competenza e determinazione, e non d’affari, ma d’ambiente.

Plastica riciclata di qualità pure per i prodotti della Refill tech, che con l’esperienza di suoi professionisti nella trasformazione delle materie plastiche, appunto, realizza profilati, superfici di scambio e tanti componenti utili per il condizionamento, il trattamento dell’aria e raffreddamento dell’acqua, il trattamento dei fumi e dei gas.

 

 

 

Il Gruppo Fiori ricicla materiali ferrosi: è “una miniera moderna”, recita l’elegante brochure. Lo stand è davvero intrigante. Vogliono ribadire che “la sfida più grande è dimostrare che i temi ambientali non sono un freno allo sviluppo ma un’opportunità improrogabile per l’evoluzione del mercato”.  Noi invece pensiamo al contrario che il mercato e lo sviluppo, così come concepiti oggi, siano un freno (ed è dir poco) per l’ambiente. Quel che ci piace è piuttosto il progetto sociale  “Faccia da riciclo”, volti di gente comune e voci raccolte per strada dagli ex allievi della scuola media di scrittura emiliana, riunite in un volume di foto a colori in carta riciclata e promosso dal gruppo Fiori. Un bel libro, che ci pare abbia poco a che fare con l’ambiente, ma molto con la lingua, con la sperimentazione, con le relazioni umane.

Belli i lavori di Lumaca soc. coop., di Achab Group. Partono dai piccoli, come Giornalisti Nell’Erba, per comunicare l’ambiente, per educare alla tutela ambientale. Laboratori, kit educational e quaderni didattici, consulenze didattiche e scientifiche, visite, feste, animazioni, ma anche progetti di comunicazione integrata, campagne stampa, audio, video, siti web… In fiera, Lumaca invita le aziende a “mostrare il loro lato migliore”, vale a dire quello green: “Parlano tutti d’ambiente”, loro almeno lo fanno da 30 anni.

 

 

 

Con le scuole lavora anche Acquistiverdi, il portale dei prodotti ecologici per le aziende, per gli enti pubblici come per i privati, che organizza “città sostenibile” anche negli istituti scolastici.

 

 

 

 

Quando anche l’acqua è riciclata.

Di acqua si occupano, anche se in maniera totalmente diversa,  EcoSystem e Orm Omnia Resina Mazzotti, triestina l’una, ravennate l’altra.

La prima, EcoSystem, ha brevettato un nuovo sistema di filtraggio delle acque di prima pioggia che si è rivelato estremamente utile, ad esempio, nel caso del porto di Monfalcone e di Gioia Tauro: una rapida ed economica soluzione ad un grande problema, quello degli idrocarburi, dei metalli e degli altri residui che fino a quel momento finivano direttamente in mare ad ogni temporale. Il filtro, di varie dimensioni e tarature, adatto a vari tipi di suolo e situazione, viene inserito nei tombini e ripulisce le acque, che possono poi essere riutilizzate a vari scopi.

 

La seconda, Orm Omnia Resina Mazzotti, ha brevettato impianti biologici a fanghi attivi per la depurazione nello smaltimento delle acque di tutti gli scarichi civili con consumi energetici davvero ridotti all’osso e un sistema ad ossigeno e trattamento biologico che assicura una portata costante anche durante ondate di scarico ad ore di punta. L’acqua che ne esce, viene utilizzata per l’irrigazione.

 

 

 

 

 

 

 

Nulla di riciclato, solo acqua naturale.

“E’ meglio che riciclare”, recitano i pannelli allo stand di SODAstream. Garantisce 100% ecologico il macchinario che fa l’acqua gassata. Poi, con prodotti naturali, si possono creare le bibite che si vuole, al mango come all’ananas, all’arancia come alla cola. E sono davvero buone.

 

 

 

 

 

 

 

Un’oretta prima della chiusura, gli espositori cominciano a sbaraccare. Facciamo un ultimo giro, poi una puntata in sala stampa, raccolta degli ultimi comunicati e report, valige, un caffè nell’attesa dell’ora giusta per il treno che porta a Rimini centro. Lentamente ci avviciniamo alla hall dell’ingresso Sud.  E lì, in un angolo, tristemente accatastate l’una sull’altra e incastrate ad altri “rifiuti”, fotografiamo le deliziose sedie fatte con scatole di cartone nuovo che uno sponsor ha offerto all’organizzazione per le conferenze, i convegni, i seminari. Perché buttarle…



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