WORKSHOP – Si presto a dire green

di Matteo Isidori, 23 anni, Roma

Gli studi di WWF e Legambiente sulla misurazione della waterprint italiana e sulla qualità

L’acqua costituisce il 65% della massa del corpo umano e copre il 71% del pianeta Terra. Dovrebbe essere la risorsa “comune” (nel senso di condivisa) più preziosa eppure per molte persone è un bene quasi inaccessibile. Circa 1,4 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso regolare all’acqua potabile. Altre 2,6 miliardi di persone non usufruiscono dei servizi igienico-sanitari.
Il 22 marzo è stata la “Giornata mondiale dell’acqua”, istituita per sensibilizzare Paesi e singoli cittadini sull’importanza che ha l’acqua e sulla responsabilità che ciascuno di noi ha verso di essa.
Per l’occasione WWF e Legambiente hanno pubblicato due rapporti sul consumo e sulla qualità dell’acqua in Italia. Quello del WWF è incentrato sull’impronta idrica della produzione e del consumo dei prodotti. Da questo rapporto si scopre che l’Italia importa 62 miliardi di metri cubi all’anno di acqua “invisibile” contenuta nei cibi dall’estero. Nella produzione l’Italia utilizza 70 miliardi di metri cubi, di cui l’85% nell’agricoltura, allevamento e pascolo, mentre il restante 15% dell’impronta idrica è composto da produzione industriale (8%) e uso domestico (7%). Il singolo cittadino consuma l’89% dell’impronta idrica giornaliera in cibo, il 7% in prodotti industriali, e solamente il 4% per uso domestico. Si tratta di acqua che non vediamo, non misuriamo, alla quale non si pensa nella quotidianità, ma grava pesantemente sulla gestione delle risorse idriche. Il primo cambiamento che si può applicare alla propria vita, quindi, è una scelta più attenta ai prodotti che compriamo. Si tratta di non guardare con miopia al prodotto, ma interrogarsi su tutto il ciclo di produzione del bene che stiamo acquistando.  Continua … »

WORKSHOP – Si presto a dire green

di Mattia Spera e Lorenzo di Stefano, Scuola media San Nilo, Grottaferrata

La bioplastica è un materiale innovativo, più sostenibile rispetto alla plastica tradizionale. Ci sono solo vantaggi o adottare la bioplastica presenta anche qualche svantaggio?

La plastica è un materiale utilizzato per creare vari oggetti che possono migliorare la nostra vita. Purtroppo però, inquina molto! Per questo è stata messa a punto la bioplastica, ossia una plastica biodegradabile e compostabile, fatta di materiali che quando vengono buttati, si distruggono più velocemente. Continua … »


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WORKSHOP – Si presto a dire green

di Simona Salvagni della II D dell’I. C. Frascati via d’Azeglio

Nel Pacifico, al largo delle isole Hawaii, si è formato un accumolo di rifiuti, soprattutto plastica, per questo esso prende il nome “isola di plastica”.
Le buste di plastica hanno cominciato ad accumularsi verso gli anni Cinquanta perché l’azione della corrente oceanica è dotata di un movimento a spirale che fa aggregare i rifiuti tra di loro.

La dimensione dell’isola può variare dai 700.000 〖km〗^2a 1 milione di〖km〗^2, più grande della Penisola Iberica.  Continua … »


WORKSHOP – Si presto a dire green

di Francesca Zanobbi, 15 anni, Grottaferrata

È questo il tema che è stato affrontato nel secondo workshop organizzato da Giornalisti Nell’Erba per aiutarci a focalizzare ed interpretare al meglio il concetto di “greenicità”. Più volte durante la giornata è stata sottolineata l’importanza che le imprese adottino comportamenti finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente e condividano le innovazioni sostenibili provenienti da ogni campo della scienza.
A volte però accade, come abbiamo capito, che le aziende si ingegnino sì, a produrre in modo green, tralasciando conseguenze che potrebbero investire l’ambito sociale. Per conoscere proprio quest’altro aspetto che in parte risponde alla nostra domanda principale (Basta produrre green per essere green?) abbiamo intervistato Daniela Riganelli, consulente di Novamont, agenzia chimica italiana che si occupa del settore delle bioplastiche. Continua … »


WORKSHOP – Si presto a dire green

di Michele Lo Cicero e Gabriele Ambrosetti della III E San Nilo, Grottaferrata

Perché ci dovrebbe interessare la trasformazione delle piante da materie prime a prodotti industriali? Perché le piante possono rivelarsi un grande potenziale economico: infatti potrebbero offrire fonti alternative di materie prime per energia, combustibile e prodotti di uso quotidiano. La nostra generazione dipende dal petrolio. Ma il petrolio è una risorsa limitata e bisogna trovare risorse alternative. Le piante però, se opportunamente “sfruttate”, possono fornirci tutto ciò che oggi viene prodotto impiegando il petrolio, aiutandoci a creare una società sostenibile per il futuro e ad affrontare i problemi attuali come l’aumento dei costi energetici e il nostro impatto sull’ambiente. Per capire come, abbiamo fatto qualche domanda a Cinzia Forni, docente di Botanica all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.  Continua … »


WORKSHOP – Si presto a dire green

di Marco Zuaro – III C media Istituto Comprensivo Don Milani, Monte Porzio Catone

Le biotecnologie fanno grandi progressi. Fin dall’antichità, le piante sono state per l’uomo indispensabili. Esse ci forniscono moltissimi prodotti della vita quotidiana come cibo, fibre (da cui si ottengono i tessuti), e anche materiali per la costruzione come il legno. I botanici attualmente stanno cercando di applicare ciò che ci offrono le piante in altri campi, più ampi di quelli già detti. Continua … »


Le C4C delle prime elementari dell’Istituto Don Milani di Monte Porzio Catone hanno costruito una nave e un’astronave per il loro viaggio verso il Cambiamento. In ciascuna hanno stivato le cose essenziali (chi il proprio letto, chi un pagliaccio, chi le risate, chi … la mappa per tornare a casa). Hanno equipaggiato nave (“Si chiama pensiero”) ed astronave con bagagli minimi (“Parmitano ci ha detto che loro hanno al massimo 2 kg a disposizione, e anche i marinai hanno poco spazio nei gavoni”), ed hanno invitato il direttore di giornalistinellerba al varo e al lancio. Qui sotto un video esemplificativo della cerimonia e alcune informazioni sul progetto che ha coinvolto gli equipaggi degli 80 bambini.

 C4C delle prime di Monte Porzio Catone

 

cod. conc. 302090026


WORKSHOP – Si presto a dire green


di Silvia Bucchieri della I D dell’I. C. Frascati via d’Azeglio

Per fortuna negli ultimi anni sta diminuendo l’uso delle buste di plastica derivata dal petrolio. Forse non tutti sanno che il “padre” della plastica è stato un italiano e che la sua invenzione non ha portato solo danni, infatti si è cominciato a sostituire parti di automobili con la plastica e di conseguenza il loro peso è diminuito insieme all’energia per farle muovere. Continua … »


WORKSHOP – Si presto a dire green

Le alunne della III A San Nilo, Grottaferrata

L’Isola di plastica del Pacifico è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante situato nell’Oceano Pacifico, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano. “QUEST’ISOLA AVVELENA IL MARE”. Questo accumulo informalmente viene chiamato con diversi nomi, tra cui Isola orientale di Immondizia o Vortice di Pattume del Pacifico.

I rifiuti galleggianti di origine biologica sono spontaneamente sottoposti a biodegradazione, e in questa zona oceanica quindi si sta accumulando una enorme quantità di materiali non biodegradabili come la plastica e rottami marini. Anziché biodegradarsi, la plastica si disintegra in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono, la cui ulteriore biodegradazione è molto difficile. Il galleggiamento di tali particelle, che apparentemente assomigliano a zooplancton, inganna le meduse che se ne cibano, causandone l’introduzione nella catena alimentare. In alcuni campioni di acqua marina presi nel 2001, il rapporto tra la quantità di plastica e quella dello zooplancton, la vita animale dominante dell’area, era di sei contro uno.  Continua … »