Giganti alla fame

di Raffaele Bianco, di 15 anni, della redazione La Siringa di Perugia

Le balenottere azzurre sono già state vittime della caccia spietata dell’ uomo per ricavarne carne, grasso e olio. Ma adesso è un disastro climatico a costituire la nuova minaccia per questi giganti dei mari. Una minaccia che giunge dal plancton, da sempre alla base di molti ecosistemi, in quanto principale fonte di nutrimento di numerosi esseri viventi marini tra cui proprio la balenottera azzurra, il cetaceo più grande del mondo.

immagine caccia alle balene

Questa, specie secondo molteplici ricerche è già a rischio di estinzione, ma il clima sta togliendole il cibo e la popolazione dei cetacei potrebbe uscirne irrimediabilmente decimata. Il riscaldamento globale influisce infatti sul comportamento di alcuni esseri viventi ed arriva addirittura a portarli a un nuovo stadio dell’evoluzione. Il plancton avrebbe infatti sviluppato delle sacche composte da un sottile strato di materiale organico che gli permette di vivere come in una bolla nella quale le condizioni di vita sono per lui ideali. Alcune ricerche avevano già evidenziato la formazione di questa membrana ma l’evoluzione si sarebbe dovuta completare nell’arco di almeno alcuni secoli. Ormai invece l’innalzamento delle temperature ha velocizzato il processo in maniera esponenziale e lo sta portando a compimento in poco più di un decennio con conseguenze disastrose per l’intero ecosistema. I molti consumatori di plancton, infatti, in seguito alla mutazione, non saranno più in grado tra pochi anni di cibarsi del plancton stesso. Se non troveranno quindi un’altra fonte di nutrimento nel breve periodo moriranno di fame e intere specie, come le balenottere azzurre,  potrebbero scomparire per sempre dal nostro pianeta andando incontro all’estinzione. Non si sa ancora, tuttavia,  quali saranno esattamente le possibili conseguenze su questa e sulle numerose altre specie coinvolte nella catena alimentare marina nonostante siano molteplici le ipotesi da parte di tanti studiosi. La più accreditata è quella che prospetta un progressivo ma inesorabile “crollo dell’ecosistema”. Sarà infatti difficile per la natura sostituire un gradino così basilare nel 98% degli ecosistemi marini. Ma l’uomo, stavolta, sarà in grado di rimediare ai danni da lui stesso provocati al nostro pianeta?immagine planctonLa risposta può arrivare dall’Alaska dove un team di capaci e tenaci scienziati sta lavorando ormai alacremente da mesi per trovare un valido sostituto alimentare in altri microrganismi che una volta liberati negli oceani dovrebbero diffondersi e svolgere la funzione che tra poco non svolgerà più il plancton. La ricerca ha presentato varie possibili alternative ma si sta ancora cercando quella ideale in quanto a caratteristiche nutrizionali e ad adattamento all’ambiente.

Il problema è divenuto ora quanto mai urgente e una soluzione a livello internazionale si rende necessaria sia da parte dell’intera comunità scientifica che da parte dei governi nazionali affinché stanzino ulteriori fondi e risorse a sostegno della ricerca.

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