The Limits to Growth

Articolo/inchiesta di Rebecca Vitelli, 22 anni, di Carpineto Romano

Una delle convinzioni più radicate dell’era moderna è certamente l’inesorabile e inarrestabile crescita del progresso. È il cosiddetto mito del progresso, sviluppatosi nel XVIII secolo con l’Illuminismo, che si fonda sull’idea che l’uomo, grazie allo sviluppo ed ampliamento delle proprie conoscenze, possa riuscire a dominare la realtà, la natura e costruire una società sempre migliore. Ogni avanzamento, infatti, viene visto come sommatorio e positivo, secondo una visione meccanicistica. L’entusiasmo prodotto dal progresso scientifico sembra non fermarsi mai ed è, anzi, rafforzato dalle continue innovazioni e scoperte tecnologiche. L’uomo si convince di poter controllare ogni cosa o quasi e le risorse disponibili vengono sfruttate in modo indiscriminato, senza alcuna preoccupazione per un loro eventuale esaurimento. Il giorno in cui non saranno più disponibili, o diventeranno irrimediabilmente scarse, è visto come lontano, un puntino all’orizzonte che appartiene ad un futuro tutt’altro che prossimo. La società contemporanea con il suo stile di vita frenetico, orientato al consumismo, sta minando le basi del benessere e la stessa sopravvivenza delle generazioni future, come se non fosse nostro compito consegnare un ambiente, almeno non peggiore di come lo abbiamo ereditato.
Il concetto di sostenibilità ambientale è, ormai da anni, sulla bocca di tutti, se ne dibatte animatamente, ma nel concreto poco è stato realmente fatto; oggi, invece, è più che mai indispensabile un cambiamento reale e tangibile. E’ necessario prendere coscienza del fatto che nulla si crea e nulla si distrugge, ogni cosa può e deve prendere nuova forma ed essere utilizzata per fini diversi. È la legge di conservazione della massa, enunciata dal chimico e biologo Antoine-Laurent de Lavoisier nel XVIII secolo. La crescita economica dovrebbe, dunque, essere improntata ad un’ottica di trasformazione, in quanto le modifiche prodotte sono, in genere, irreversibili. La stessa scienza insegna che un elemento sottoposto ad una trasformazione chimica non tornerà al suo stato iniziale. Ciò vale anche per le risorse naturali che ogni giorno vengono sfruttate nel mondo. Se è vero che il progresso non si può, e non si deve, fermare, è altresì vero che occorre porre oggi le basi affinché possa continuare in futuro, quando, inevitabilmente, le risorse fossili, non a caso denominate “non rinnovabili”, si esauriranno. Prima di quel momento dovremo aver provveduto a reperire ed implementare una nuova alternativa. Tentativi di sostituzione, in genere parziale, ad opera di risorse rinnovabili, come energia solare, eolica o geotermica, sono portati avanti in ogni parte del mondo, ma ciò non è ancora abbastanza, in quanto persiste la dipendenza globale da petrolio, gas e loro derivati. Le stesse risorse rinnovabili a causa dell’uomo potrebbero in futuro non essere più tali. È il caso dell’acqua che, pur essendo una risorsa rinnovabile, è qualitativamente e quantitativamente sempre più scarsa. Il maggiore fabbisogno legato all’incremento demografico, ma soprattutto uno sfruttamento incontrollato e l’inquinamento, sono le principali cause di questo trend negativo. L’acqua è fonte di vita e come tale va preservata e garantita ad ogni abitante, presente e futuro del globo. Problemi analoghi sono posti dallo sfruttamento del suolo. Sebbene con risultati e rendite diversi, è possibile trovare terreni coltivabili ad ogni latitudine del pianeta, tuttavia, una volta edificato o inquinato il suolo non tornerà più fertile come prima dell’intervento umano. Questo è l’emblema della trasformazione in atto ed identificata nella celebre frase attribuita ad Eraclito, “Panta Rei”. Tutto scorre, e in maniera inesorabile. Errori e negligenze del presente si ripercuoteranno sul futuro e, purtroppo, non si potrà porre rimedio a tutti.
Questo è il tema centrale del report “The Limits to Growth”, pubblicato nel 1972 per il Club di Roma. L’idea alla base dello studio, condotto da una trentina di esperti tra scienziati, economisti, umanisti ed industriali provenienti da 10 diversi Paesi, è che la Terra è un sistema chiuso, con risorse limitate, e gli attuali ritmi di sviluppo dell’umanità ne stanno rapidamente distruggendo il capitale naturale. Se non verrà, quindi, invertita la rotta, il risultato sarà il collasso. Le principali tendenze potenzialmente catastrofiche individuate sono cinque:
Aumento dell’industrializzazione
Crescita della popolazione
Diffusione della malnutrizione
Esaurimento delle risorse non rinnovabili
Deterioramento dell’ambiente
Queste quantità sono, secondo gli autori, caratterizzate da una crescita di tipo esponenziale, che innesca un meccanismo di retroazione positiva continua (positive feedback loop). In altre parole, un incremento di una di questo grandezze ne determina, come in un circolo vizioso, un ulteriore incremento. I maggiori ritmi di crescita si registrano per la popolazione e la produzione industriale, che, comunque, a loro volta, incrementano l’utilizzo di risorse non rinnovabili ed il deterioramento dell’ambiente. La sostenibilità della crescita di queste due variabili dipende, tuttavia, da altri fattori in gioco, ovvero cibo, risorse non rinnovabili ed inquinamento, che pongono dei limiti alla crescita. Questi limiti, però, non sono stati finora presi in considerazione dalla società moderna, resa miope dal mito di una crescita continua.

I dati dell’analisi vengono mostrati usando il modello World3, che evidenzia come il limite principale sia quello legato al fattore cibo, a causa della disponibilità di suolo coltivabile. La simulazione al computer evidenzia, infatti, che, pur assumendo uno sfruttamento utopistico di tutta la superficie disponibile, l’attuale consumo ed il tasso di crescita della popolazione porterebbero , comunque, all’esaurimento degli alimenti disponibili.
Ma il modello si spinge oltre. Prevede che, se non si verificheranno cambiamenti nei trends di crescita della popolazione e del capitale industriale, l’umanità, entro il 2100, andrà incontro al collasso per l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Il collasso, a detta degli autori, sarebbe comunque inevitabile pur assumendo una quantità raddoppiata di risorse, ma, in questo caso, sarebbe determinato dall’aumento dei livelli di inquinamento, che minerebbero la capacità di assorbimento dell’ambiente.
Questo report da anni divide la comunità scientifica, c’è chi lo elogia per aver fatto luce su un problema reale e chi lo critica per l’eccessivo catastrofismo. Intatta resta, però, l’accurata analisi del sistema economico mondiale e la descrizione dei meccanismi che pongono, o porranno, in dubbio la stessa sopravvivenza dell’umanità.
Dati sconfortanti in merito, purtroppo, non mancano. Una recente ricerca della “Nature Comunications”, attraverso uno studio sulle vongole quahong e sull’alga palla, considerate come indicatori di salute non solo del Nord Atlantico, che da sempre crescevano indisturbate nelle acque islandesi, che ora sono in via di estinzione nel loro habitat naturale, palesa in maniera evidente il collasso di quell’ecosistema; collasso che rischia di diffondersi a macchia d’olio nelle aree geografiche limitrofe.
Nonostante l’aura negativa di queste previsioni un cambiamento è al momento ancora possibile e va attuato al più presto. Uno spiraglio positivo è, infatti, aperto dal progresso tecnologico, visto da molti come fattore cruciale, in quanto potrebbe aumentare il limite della crescita. Ad oggi, sotto opportune assunzioni, è possibile testare la validità di questa posizione ottimistica, ma il cambio di passo deve avvenire in tempi brevi.

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