INTERVISTA A PLINIO IL GIOVANE (5045)

Intervista impossibile di Odo Paganelli, 14 anni, di Bologna.

“Non so descrivere  bene come sia successo, non so neppure se fosse finzione o realtà, so solo che così, improvvisamente, sono stato catapultato in un’altra dimensione…La mia mente è ancora un po’ annebbiata, ricordo solo di essermi addormentato, e mi sono ritrovato su  una spiaggia.

A pochi passi da me c’era un giovane uomo, lo guardai in viso, era serio, deciso ad osservare il cielo, un cielo cupo di nubi che lasciavano a stento passare la luce del sole e si percepiva  il forte odore caratteristico della cenere. Ebbi quasi paura a disturbarlo, ma dovevo pur capire che cosa mi stava accadendo, così timidamente chiesi: “Scusi potrei sapere chi è lei e dove mi trovo?”

PLINIO: (guardandomi con occhi increduli) “Scusami non mi sono accorto nemmeno del tuo arrivo, io sono Plinio il Giovane, sono molto preoccupato per la sorte di mio zio. Ti trovi sulla spiaggia di fronte alla dimora di Plinio il Vecchio a Miseno”

Quelle parole mi illuminarono, davanti a me c’era uno dei più grandi narratori degli eventi del suo tempo, a lui dobbiamo l’affascinante descrizione dell’eruzione del Vesuvio  del 79 d.c..

IO: Sai cosa sta succedendo? Perché sei preoccupato per tuo zio?

PLINIO: Ti ringrazio  del tuo interessamento, mi permette di  sfogarmi del gran peso che ho sul cuore, non posso parlarne con mia madre  per evitare di aumentare la sua pena. Mio zio si trovava  qui a Miseno dove tiene direttamente il comando della flotta; due giorni fa, intorno all’una del pomeriggio,mentre stava studiando,  mia madre gli aveva indicato una nube che era apparsa, insolita per grandezza e per aspetto. Egli  salì in un luogo da cui si poteva osservare al meglio quel fatto straordinario. Allora, per chi osservava da lontano, non era chiaro da quale monte stava sorgendo  la nube, il cui aspetto fra gli alberi si assimilava al pino. Essa, infatti, levatasi verticalmente come un altissimo tronco, s’allargava in alto, come con dei rami.

Il suo racconto, era molto interessante, ed il cielo e l’aria ancora piena di polveri rendeva tutto molto emozionante, ma anche molto tragico, per me, perché il suo racconto mi stava facendo tornare alla mente le scene di panico viste in televisione, le ricostruzioni  catastrofiche  dei film sui vari terremoti e tsunami, la storia si ripete e non si riesce a far tesoro degli sbagli del passato, si contano i morti, si stimano i danni e, fatti  i funerali solenni alle vittime, si torna punto e a capo.

IO: Ti prego continua, non ho assistito all’evento ma il tuo  racconto mi fa  provare un’intensa emozione.

PLINIO: Mio zio Plinio ritenne che il fenomeno dovesse essere osservato meglio e più da presso. Ordinò, allora, un battello veloce, mi autorizzò ad andare con lui, ed io gli dissi  che preferivo restare a studiare e, per puro caso, egli mi aveva assegnato dei lavori da stendere.

Mi vengono in mente le foto delle pendici del Vesuvio nel 2011,  la situazione non pare assolutamente migliore, anzi  la densità abitativa di un territorio di 8.500 ettari comprendente 13 comuni, dotato di un panorama ineguagliabile,  è elevatissima; rifletto sull’attività odierna del Vesuvio che si limita alla presenza di piccole fumarole, sintomo di un riposo attivo; la fase di quiescenza attuale, determinata dall’ostruzione della bocca eruttiva, sembra destinata a terminare, in un futuro più o meno lontano, con una eruzione esplosiva, la cui violenza e potere distruttivo potrebbero essere  direttamente proporzionali alla durata di questa fase di riposo.

IO: Hai altre  notizie?

PLINIO: si quelle di qualche fedele servo di Pomponiano, un amico presso cui mio zio si fermò nell’attesa di portare soccorso alla moglie del suo amico, mio zio lo incaricò di portare notizie  a mia madre per tranquillizzarla.  Mio  zio si diresse da Pomponiano a Stabia quando vide che la cenere pioveva sulle navi e la spiaggia era  bloccata dai massi proiettati dal monte. Mi ha riferito che disse asl pilota : “la fortuna aiuta gli audaci, dirigiti verso Pomponiano!”. Pomponiano, considerando che il pericolo potesse  presto divenire imminente, aveva trasferito sulle navi  le sue cose  pronto a fuggire non appena il vento si fosse calmato. Mio zio quando arrivo’ lo confortò e  cerco di calmarne le paure con la propria sicurezza; lui quindi chiese di lavarsi  e cenò allegramente o, molto probabilmente fingendo allegria. Frattanto dal monte Vesuvio, in molte parti risplendevano larghissime fiamme e vasti incendi, il cui risplendere e la cui luce erano resi più vividi dalla oscurità della notte. Poi lo zio se ne andò a dormire.

IO: Ma non sarai rimasto fermo qui le scorse notti? Non avevi paura? Non ci  sono state delle scosse frequenti in questo sito?

PLINIO: Dopo la partenza di mio zio, spesi tutto il tempo che mi rimaneva nello studio, la  prima notte ebbi un sonno agitato e breve. Si erano già avuti per molti giorni dei leggeri terremoti, ma non avevano prodotto molto spavento, essendo un fenomeno ordinario in Campania, quella notte invece le scosse assunsero una tale veemenza che tutto sembrava non muoversi, ma capovolgersi. Mia madre si precipitò nella mia stanza. Ci mettemmo a sedere nel cortile della nostra abitazione. A questo punto non saprei dire se si trattasse di forza d’animo o di incoscienza ma iniziai a leggere un libro di Tito Livio, ed ecco sopraggiungere un amico di mio zio, quando vide che io e mia madre ce ne stavamo seduti, fece un’energica paternale a mia madre per la mia inettitudine e a me per la mia noncuranza. Il sole era già sorto da un’ora e la luce era ancora incerta e come smorta. Siccome le costruzioni che ci stavano all’intorno erano ormai malconce, anche se eravamo in un luogo scoperto c’era da temere che, qualora crollassero, ci portassero delle conseguenze gravi e ineluttabili. Soltanto allora ci parve opportuno di uscire dalla cittadina; ci venne  dietro una folla sbalordita, la quale -seguendo quella contraffazione dell’avvedutezza che è tipica dello spavento- preferiva  l’opinione altrui alla propria e con la sua enorme ressa ci incalzava  e ci spingeva  mentre ci allontanavamo. Una volta fuori dell’abitato ci fermammo. Là diventammo spettatori di molti fatti sbalorditivi, ci colpirono molti particolari che incutono terrore. Così i carri che avevamo fatto venire innanzi, sebbene la superficie fosse assolutamente livellata, sbandavano nelle più diverse direzioni e non rimanevano fermi al loro posto neppure se venivano bloccati con pietre. Inoltre vedevamo il mare che si riassorbiva in se stesso e che sembrava quasi fatto arretrare dalle vibrazioni telluriche.. Senza dubbio il litorale si era avanzato e teneva prigionieri nelle sue sabbie asciutte una quantità di animali marini.  Mi risuonavano nella mete le parole  dell’amico dello zio: – “Se tuo fratello, se tuo zio vive, vi vuole incolumi, se è morto, ha voluto che voi gli sopravviveste. Perciò perchè indugiate a mettervi in salvo?”

IO: Cos’altro successe in seguito?

PLINIO: L’altra notte  quando ho accompagnato mia madre fuori da  Miseno, dietro di noi,  una nube nera e terrificante ci incombeva alle spalle, la nube era lacerata da lampeggianti soffi di fuoco che si esplicavano in linee sinuose e spezzate, si squarciava emettendo delle fiamme dalla forma allungata che  avevano l’aspetto dei fulmini ma ne erano più grandi. Tutti fuggivano dove potevano, avevo paura  che la calca ci facesse cadere sulla strada e venissimo calpestati nel buio. Avevamo fatto appena a tempo a sederci quando si fece notte, non però come quando non c’è luna o il cielo è ricoperto da nubi, ma come a luce spenta in ambienti chiusi. Avresti potuto sentire i cupi pianti disperati delle donne, le invocazioni dei bambini, le urla degli uomini: alcuni con le grida cercavano di richiamare ed alle grida cercavano di rintracciare i genitori altri i figli, altri i coniugi rispettivi; gli uni lamentavano le loro sventure, gli altri quelle dei loro cari taluni per paura della morte, si auguravano la morte, molti innalzavano le mani agli dei, nella maggioranza si formava però la convinzione che ormai gli dei non esistessero più e che quella notte sarebbe stata eterna e l’ultima del mondo.


Mi sembra impossibile,  le scene  sono sempre le stesse, nulla è cambiato, a nulla servono gli avvenimenti del passato nemmeno nel metterci in guardia nel presente, la natura è un’entità vivente che muta le proprie manifestazioni a seconda delle  condizioni, noi potremmo intervenire solo sui fattori che possiamo controllare, come evitare di permettere insediamenti abitativi in zone ad altissimo rischio tellurico.

IO: Quando ritornaste a Miseno?

PLINIO: Prima di sera ritornammo a Miseno,   e preso quel po’ di ristoro che ci fu possibile, passammo tra alternative di speranza e di timore una notte ansiosa ed incerta. Noi però, quantunque avessimo provato personalmente il pericolo e ce ne aspettassimo ancora, non venimmo nemmeno allora alla determinazione di non andarcene prima di ricevere notizie dello zio.


A quelle parole  riaprii improvvisamente gli occhi e mi ritrovai nella mia stanza, l’incontro mi era sembrato reale, sarà stata la suggestione del racconto di Plinio, un mio quasi coetaneo.

Mi sgomenta solo che a poco sia servita la sua voglia di conoscenza, che ha cercato di tramandarci, infatti  sono convinto  che la prossima eruzione del Vesuvio, statisticamente  molto probabile sia impossibile da prevedere e produrrà quasi sicuramente effetti più devastanti  dato che la zona interessata  attualmente è abitata da  più di 550.000 persone. Non ho alcuna idea  di che cosa debba cambiare  affinchè anche L’Italia possa diventare un Paese  con una programmazione ambientale seria.

Odo Paganelli

cod. conc. 1412123217

Diritti riservati a Giornalisti Nell’Erba© – Vietate riproduzioni e/o modifiche senza l’autorizzazione di giornalistinellerba@giornalistinellerba.org/passato/passato



Warning: strlen() expects parameter 1 to be string, array given in /web/htdocs/www.giornalistinellerba.org/home/passato/wp-content/themes/khaki-traveler/single.php on line 29

Leave a Reply


>