E così il verde (7252)

Dialogo con “il verde”, di Francesco Toscani, 15 anni, liceo classico A. Volta di Como. Opera letterario-filosofico-scientifica.

“A ben pensarci, è abbastanza buffo… D’accordo, forse non così buffo, ma non tutti possono avere il mio senso dell’umorismo… È abbastanza buffo, dicevo, che io sia sempre stato chiamato il verde, visto che… Quando ho iniziato, ero blu.”

Giove alza un sopracciglio con fare interrogativo, ma non chiede niente. Sa che il verde spiegherà subito la sua affermazione, ma la cosa lo incuriosisce ugualmente.

“Vedete, ragazzi, all’inizio non c’erano le piante che oggi conoscete, né gli animali. C’erano solo pochi organismi unicellulari, e tutti anaerobi. Sapete cosa vuol dire?”

“Che non respiravano ossigeno.”

“Come fai a saperlo?”

“Mi ha interrogato ieri in biologia.”

“Com’è andata?”

Quasi bene. Dicevi?”

“All’inizio della mia… Penso che possiamo definirla carriera… All’inizio della mia carriera, ero blu.”

“L’hai già detto.”

“Scusa. Quel che volevo dire è che i primi organismi che si possono definire vegetali, quasi vegetali, proto vegetali o comunque tu voglia chiamarli, erano…”

“Le alghe azzurre.”

“Esatto. Le alghe azzurre. Com’è che sai tutte queste cose?”

“Com’è che tu le sai?”

“A me sono successe!”

“E a me le hanno fatte studiare!”

“Sei un pianeta! Com’è possibile costringerti a studiare?”

“Prova tu a dir di no a Saturno!”

“Tu sei più grande di Saturno!”

“Sì, ma lui diventa isterico! E mi insulta! E mi lancia planetoidi addosso! E si vanta dei suoi anelli.”

A questo punto, mi rendo conto che stiamo andando fuori tema, ma la conversazione mi affascina. Saturno che si vanta degli anelli? C’è qualcosa di decisamente surreale nell’immagine, ma anche qualcosa di terribilmente umano. Possibile che tra noi e questi colossi ci sia una differenza così sottile? Che persino queste creature sferiche, di migliaia di chilometri di diametro, che ruotano in milioni di chilometri di vuoto, intorno a una sfera di gas in fiamme, conoscano i litigi per cose da nulla e la vanità?

Glielo chiedo.

“Saturno si vanta degli anelli?”

Giove pare imbarazzato: si stringe nelle spalle (gesto che per noi significa contrarre i muscoli delle spalle più o meno leggermente, ma che per lui vuol dire sferrare un tale scossone gravitazionale alle sue lune che tutti i vulcani di Io eruttano contemporaneamente e la poveretta lancia un grido di dolore).

“Scusa” dice Giove alla luna, per poi rivolgersi a me puntando gli occhi in basso (o meglio, orientando il movimento delle sue tempeste giganti verso il proprio emisfero australe).

“Be’, vedi, Saturno a volte ha dei comportamenti bizzarri. Sai, è un tipo molto brillante, frizzante, arguto, piacevole, istronico…”

“Istrionico” lo correggo istintivamente, ma lui non ci bada.

“…ma, proprio perché è così, ha anche dei momenti di squilibrio. È lunatico.”

“Ma com’è in generale?”

Giove sorride (un vortice di meteoriti ruota ad arco con un movimento che per un istante, solo per un istante, sembra creare il disegno di uno smile nel vuoto cosmico) e dice:

“Be’, io sono meno così” (con l’uso della parola così Giove probabilmente intende riassumere gli aggettivi che ha attribuito a Saturno; brillante, frizzante, arguto, piacevole, “istronico” e lunatico. Scusatelo per questa bestemmia linguistica; si vede che non gli hanno insegnato a parlare bene), “più semplice e buono, però a me Saturno piace un sacco. Voglio dire, è molto simpatico. Non è che mi piaccia in quel senso, ecco… Solo come amico.”

Il verde ridacchia in modo piuttosto esplicito e Giove si stringe di nuovo nelle spalle, imbarazzatissimo. Su Io si spezzano sette placche tettoniche.

A questo punto decido di riprendere in mano la situazione. Dopotutto, non è Giove che devo intervistare. Così mi volto verso la Foresta Amazzonica e dico al verde:

“Torniamo a noi. Dov’eravamo rimasti?”

“Ti stavo parlando dell’inizio della mia carriera. Vedi, io sono stato il primo ad avere l’idea di attuare la fotosintesi. Avevo capito subito che, se ci fossimo nutriti di ossigeno, l’evoluzione sarebbe schizzata in avanti. Vedi, nel momento in cui io sono entrato in scena, sotto forma di un ammasso di alghe azzurre, c’era un certo malcontento nell’aria. Erano tutti insoddisfatti.

All’inizio era stato tutto molto semplice; abbiamo la Terra, questo bel pianeta giovane, tosto, appena formato, ha già catturato un meteorite di passaggio e ne ha fatto un satellite, ha davanti a sé una carriera promettente, le placche tettoniche galoppano scatenate e fanno un caos infernale, i vulcani sparano lapilli ovunque e gridano come pazzi, il vapore eruttato dai vulcani si condensa e, taaaaa-dan! la Terra è coperta d’acqua allo stato liquido.

Fin qui tutto okay, tutti ammirano il pianeta ma nessuno pensa mai che diverrà importante, dopotutto l’acqua allo stato liquido non è che una reazione chimica, anche se una reazione chimica rara, ma niente di più. La Terra è poi un pianetino, il Sole è famoso per essere un indipendente e per non essersi mai unito a nessun gruppo di Sistemi Solari ma è pur sempre una stella nana, mica Betelgeuse.

Quand’ecco, un bel giorno un fulmine colpisce le sostanze giuste, e salta fuori la vita. Così. Su due piedi. Ed ecco, la Terra è al centro dell’attenzione. In tutto l’Universo la gente la ammira. Ovvio, c’è qualche scettico. Mi ricordo che, quando io avevo appena iniziato, Urano commentò:

‘La vita è sopravvalutata. Dopotutto è solo una reazione chimica’.

E la Terra:

‘Quante reazioni chimiche sanno riprodursi, idiota?’

Al che Urano, infuriato, le lanciò un meteorite colossale, che sarebbe atterrato solo millenni dopo.”

Ascoltare il verde è affascinante. Continua a parlare, parlare, parlare, ma non è pesante. È intrigante. La sua voce varia costantemente; passa in pochi istanti dal monologo lento e cadenzato all’esposizione brillante e rapida di aneddoti. D’altronde, a ben pensarci, sono un po’così anche le piante; crescono sempre, a ritmo irregolare, in tutte le direzioni. Si ingegnano, si adattano.  Evolvono. E così i loro discorsi.

(l’autore tiene molto a far notare che l’utilizzo nei precedenti periodi di “così” è mirato e consapevole, e non si tratta di una bestemmia linguistica come l’utilizzo che del suddetto termine fa Giove).

“Comunque, all’inizio della vita c’erano giusto pochi procarioti che, però, cominciano subito a riprodursi selvaggiamente. Hai mai notato come, nonostante la riproduzione sia divertente solo per voi organismi sessuati, siano quelli asessuati a riprodursi di più?”

Chi scrive non l’aveva mai notato.

“Be’, è così. E all’inizio c’era molto più entusiasmo. La vita era nuova di zecca. E i primi procarioti si riproducevano in modo selvaggio e incontrollato. Quando poi si svilupparono gli eucarioti… L’entusiasmo salì alle stelle. ‘Cellule complesse! Wow!’ Era quel che tutti pensavano. Ma poi ci fu un periodo in cui sembrò che la faccenda dell’evoluzione dovesse risolversi in un nulla di fatto.

Non potevamo uscire dall’acqua. I raggi ultravioletti e le altre radiazioni ci rendevano la vita impossibile. All’epoca si pensava che  ci saremmo tutti estinti. Riesci a immaginarlo? Si stava peggio che nella Guerra Fredda.”

Istintivamente penso che dopotutto le piante non stavano poi così male durante la Guerra Fredda, ma poi capisco che il verde deve aver inserito il paragone per darmi un parametro di riferimento umano. Tentativo inutile visto che durante la Guerra Fredda non ero ancora nato.

“La stanchezza e la depressione dominavano il Mondo.

Nessuno sapeva come tirare avanti, come evolversi…

Ed è a questo punto che entro in scena io.

Ero piccolo, allora, ed inesperto, ma possiamo dire che fossi un visionario. Così come Martin Luther King, io avevo un sogno. E il mio era il sogno di un mondo dove la vita potesse uscire dai liquidi (perché a ben pensarci definire acqua il brodo primordiale è un po’esagerato) ed occupare le terre emerse (non avevo pensato ai cieli, però). Un mondo dove le radiazioni non carbonizzassero tutti coloro che uscivano dall’acqua.

E capii che l’ossigeno sarebbe stato l’elemento ideale per realizzare il mio sogno. E così noi alghe azzurre cominciammo a produrne.

Inizialmente venni molto deriso dagli altri organismi. In quegli anni si stavano formando i primi protisti, e tra di loro molti ridevano di me… Di noi.”

“Di te o di voi?”

“Dipende da come la vedi. Se vuoi puoi guardarmi come una creatura sola; il verde, la flora. Oppure puoi pensare a me come a un noi; i vegetali. O come a un essere incompleto, né ionoi; un piccolo pezzo di biosfera.”

“Direi che sei tutte e tre le cose, no?”

“Come te.”

“Io sono un essere singolo o, se preferisci, una parte dell’umanità, ma non sono un essere collettivo. Noi umani siamo solo due cose, non tre.”

“Ma davvero? Eppure tu quando parli dici io, ma comprendi la tua mente conscia, il subconscio, la flora e la fauna batteriche, il cervelletto, tutti i tuoi tessuti, gli anticorpi… Ogni essere umano è un insieme, anche se magari non ci pensa sempre.”

Questo mi dà da pensare. Non ci avevo mai riflettuto. ma è vero. Lo dicevo io che il verde è intelligente.

“Comunque, ti dicevo che all’inizio fui osteggiato. All’inizio. Ma dopo poco tempo, fu evidente che la mia rivoluzione avrebbe avuto successo. L’ossigeno si trasformò in ozono, e l’ozono ci protesse tutti dai raggi ultravioletti. Inoltre fu subito chiaro che assimilando l’ossigeno ci si poteva evolvere molto meglio. Si produceva più energia. Dopo poco tempo mi diversificai, e nacquero le piante pluricellulari. Ero diventato un idolo. Il guru dell’evoluzione. Un maestro di vita per milioni di giovani batteri…

Tranne che per uno. C’era un singolo protista… oddio, in realtà era una specie di protisti, non un individuo solo… Un altro collettivo… Comunque, per questa specie di protisti io non ero un maestro, ma un obbiettivo. Questi protisti… Volevano un successo pari, se non superiore, al mio. Così, nutrendosi dell’ossigeno che io avevo messo in circolazione, si diversificarono e divennero organismi sempre più complessi.

Dopo breve tempo, all’interno di questa specie vi fu uno scisma.

Una parte dei protisti acquisì la capacità di nutrirsi per assorbimento, e divenne il regno dei funghi.

Gli altri divennero gli animali.

Il resto immagino tu lo sappia; dopo poco tempo uscimmo tutti insieme dall’acqua e colonizzammo il mondo. Alcuni animali impararono a volare. Insetti e anfibi dominarono il mondo. Quando il clima si fece più secco, gli anfibi rimasero pochi e più piccoli e si evolsero nei rettili, più tosti e aggressivi (ricordati che dal mio punto di vista gli erbivori sono pericolosi quanto per te i carnivori, e che vedere un ragno che sbrana un uccello mi fa meno impressione di vedere una pecora che bruca).

Quelli erano giorni gloriosi, davvero gloriosi.

Ogni giorno nasceva una specie nuova, la lotta per la sopravvivenza era durissima ma soddisfacente.

Se penso a com’erano belli i dinosauri…

E, alla fine, ogni angolo del pianeta era stato conquistato. Non c’era nulla che non potessimo fare.

Il Mondo era perfetto…

Fu a quel punto che il meteorite lanciato da Urano millenni prima centrò in pieno la Terra e spazzò via tutto il nostro lavoro.”

“Oh.”

“Già. Se non ti spiace, preferisco non raccontare quel che provai. Fu davvero orribile.

Poi riprendemmo a evolverci ed arrivarono da parte mia le piante con fiori, da parte degli animali uccelli e mammiferi.”

“Il che ci riporta al presente…”

“L’uomo.”

“Già.

Qual’é il tuo pensiero sull’uomo?”

“Be’, non del tutto positivo. Ma nemmeno molto negativo.

Vedi, l’uomo è sempre stato un animale per molti versi assai comune, per altri particolare. Il punto è che, mentre gli altri animali, i funghi e le piante si evolvono nel corso dei millenni, l’uomo è in grado almeno in parte di uscire da queste dinamiche, pur restando comunque un animale. Ciò lo rende singolare. L’uomo può inventare, pensare (entro certi limiti, perché le scelte umane sono comunque influenzate dal suo subconscio), creare opere d’arte, concepire religioni e correnti di pensiero, elaborare teorie scientifiche. Ha molta paura della morte, ma per molti versi anche della vita. Ha inventato i concetti di amore, bontà e pace, tutte cose notevoli, ma anche di omicidio, guerra, furto…”
“Cosa ne pensi tu di politica, arte o religione?”

“La politica mi incuriosisce ma non riesco a comprenderla del tutto, probabilmente perché seguendo io solo l’impulso evolutivo non ho bisogno di uno Stato per regolarmi. Probabilmente il concetto che per voi esprime meglio la mia idea di politica è la vostra anarchia, ma non credo possa funzionare per voi.

L’arte è bellissima. Voi umani… Sapete davvero fare tutto, con l’arte. Sapete utilizzare i banalissimi processi a vostra disposizione per riprodurre l’universo stesso, per rifare l’infinito, con la pietra.”

“Di cosa stai parlando?”

“Dell’architettura.”

“L’architettura per te è un ‘ricreare l’infinito con la pietra?’”

“Certo che lo è! Le vostre case, chiese e castelli… Sono piccolissime palle di vetro dentro le quali per pochi istanti potete vedere il Tutto.

Poi ci sono la pittura e la scultura e la pittura, che fanno qualcosa di simile ma in modo diverso. Se gli edifici sono le palle di vetro, i quadri sono finestre. Finestre aperte su un solo momento e su un solo luogo, un rapido istante nel quale vediamo un frammento di realtà che, benché sia bidimensionale e possa essere deformato, distorto o imperfetto, è incredibilmente più reale e grandioso di tutta la nostra vita.

Le statue, invece, per me sono più forze che oggetti. Sono movimenti brillanti e travolgenti che avvengono all’infinito.

In quanto alla religione, ho di recente abbracciato un credo terrestre.”

“Davvero?”

“Si.”

“Quale?”

“L’induismo.”

“Sul serio?”

“Certo.”

“Perché?”

“Per tutta una serie di motivi che dubito ti interessino.”

“Se lo dici tu.”

“Lo dico io.”

Cala il silenzio. Il verde mi ha parlato di se stesso, mi ha raccontato la sua vita, mi ha esposto il suo pensiero sull’arte e la politica, mi ha rivelato la sua posizione religiosa…

L’intervista volge alla fine.

Eppure, sento ancora che questo che c’è tra noi non è il silenzio che c’è tra due amici che stanno per salutarsi. Aleggia nell’aria una strana tensione… Ci sono ancora parole non dette.

È il verde che rompe il silenzio.

“Toglimi una curiosità”, dice. “Voi umani che cosa ne pensate di me?”

Non è una domanda innocente. Capisco subito dove vuole andare a parare, ma cosa posso fare se non assecondarlo?

“Penso che la maggior parte di noi, anche se non tutti, ti rispettino.”

“Dimmi, che tipo di rapporti pensi ci siano stati tra noi nella storia?”

“Non sempre rispettosi come avrei voluto. Ma… l’uomo sta cambiando. Sta prendendo coscienza.”

“Sì, ma il rapporto alla base, che tipo di rapporto era?”

Ora mi trovo sorpreso. Di cosa sta parlando?

“Te l’ho detto, di rispetto…”

“Solo?”

“Be’, alcune popolazioni nomadi guardavano alle foreste e agli alberi con autentico amore…”

“E da parte mia?”

“Be’ tu ci hai aiutati, ci hai protetti, ci hai nutriti…”

“Non pensi che dovreste dirmi qualcosa?”

“Grazie, verde, per tutto quel che hai fatto per noi” rispondo sorridendo.

“Hm. E… Toglimi un’altra curiosità…

Voi cos’avete fatto per me?

Sussulto. Era a questo che voleva arrivare. E il problema, il vero problema, è che ha ragione.

“Io non vi ho solo protetto! Io non vi ho solo nutrito! Io vi ho sostenuto! È su di me, su ciò che sono io, che si fondano non le vostre arti, le vostre religioni o la vostra politica, ma la vostra vita! Ma non le vostre arti, le vostre religioni o la vostra politica! Perché una volta che qualcuno vi dà la vita senza chiedere nulla in cambio, perché mai voi dovreste ringraziarlo non con le parole, ma coi fatti?

Voi avete smesso di vivere con me e vivete sulle mie spalle! E io ho cercato, ho lottato per dirvelo, ma voi mi avete ignorato! Nonostante foste già consapevoli!

Voi sapevate cosa stavate facendo!

Voi lo sapevate!

La razza umana diventa consapevole, dici?

Lo era già!

Lo era già!

E ora è troppo tardi!

Pensate di poter sconvolgere l’equilibrio per poi rimetterlo a posto?

Io sto morendo, Francesco Toscani! E state morendo anche voi. È buffo anche questo, vero? È buffo come sia la razza umana a commettere crimini contro l’umanità! E la verità è che abbiamo lottato per millenni e ora, per colpa vostra, moriremo tutti!

Prendo fiato. Distendo le spalle. Poi rispondo.

“Tutti muoiono, prima o poi.

Ma noi siamo davvero più consapevoli, e ti prometto che lotteremo… Assieme… E nessuno morirà. Non così.”

E ora sia io che il verde taciamo, e nel nostro silenzio riecheggerà a lungo la forza di una promessa che forse non sarà mantenuta.



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3 Comments

  1. Comment by pier:

    daje tosco

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