Hari (9369)

Inchiesta, e interviste, di Arianna Scartazza, 11 anni, di Livorno.

QUI per scaricare la versione in pdf impaginata e con immagini, sotto per visionarla in formato sfogliabile.

Qui di seguito, il testo.

Chi è Hari? Hari è il nome con cui in India viene chiamata la prima goccia di pioggia, in base ad un’attenta osservazione delle precipitazioni. Qui ogni goccia di pioggia deve essere conservata. L’acqua infatti nella cultura indiana è considerata sacra e, come viene espresso nella Taittiriya Samhita, “Apo hi stha mayobhuvas” (L’acqua è la più grande nutrice ed è quindi come una madre). Anche nella nostra tradizione occidentale l’acqua è da sempre considerata qualcosa di sacro, basti pensare a come San Francesco nel suo Cantico delle Creature descrive questa preziosa risorsa: “ Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”, perciò bisogna usufruirne ma anche conservarla e proteggerla sapendo che da essa dipende la nostra vita presente e futura.

La regione desertica del Rajasthan, stato dell’ India occidentale, presenta precipitazioni molto scarse e temperature molto alte, ma gode di una notevole abbondanza d’acqua. Scarsità ed abbondanza non sono solo dettati dalla Natura ma da come viene usata e conservata l’acqua; infatti, ci sono culture che risparmiano l’acqua fino all’ ultima goccia e  che possono creare abbondanza dalla scarsità. Il Rajasthan è considerato il più fiorente deserto della Terra, grazie ai diversi metodi di raccolta che consentono di utilizzare la poca acqua disponibile con estrema efficienza.

La fisica ed economista indiana, Vandana Shiva, ha elaborato nove “principi” che stanno alla base della democrazia dell’acqua affinché ogni essere vivente sulla Terra possa avvalersene. La quantità di acqua dolce sulla Terra, contrariamente al pensiero comune, è una risorsa limitata e non equamente distribuita, per cui essendo insostituibile per la sopravvivenza ed il benessere delle società umane e degli ecosistemi è, oltre che un nostro imperativo morale, di vitale importanza contribuire a salvarla e fare in modo che anche le generazioni future possano beneficiare della sua essenziale presenza.

 

I nove “principi” di Vandana Shiva sono:

1.   L’acqua è un dono della natura

2.   L’acqua è essenziale alla vita

3.   La vita è interconnessa mediante l’acqua

4.   L’acqua deve essere gratuita per le esigenze di sostentamento

5.   L’acqua è limitata ed è soggetta a esaurimento

6.   L’acqua deve essere conservata

7.   L’acqua è un bene comune

8.   Nessuno ha il diritto di distruggerla

9.   L’acqua non è sostituibile

Da questo elenco si capisce che l’ acqua è un bene naturale prezioso e che noi, facendo parte della biosfera, dobbiamo usarla, ma in modo equo e solidale. Ciò significa che l’ acqua deve esserci per tutti gli esseri viventi e per tutti i paesi esistenti al mondo, in uguale misura.

Anche se il nostro è chiamato il “pianeta blu”, perché i 3/4 della superficie terrestre è ricoperta d’ acqua, dobbiamo tenere presente che il 97% di essa risiede negli oceani. Il 70% circa della quantità rimanente si trova imprigionata nelle calotte glaciali, nei ghiacciai e nel sottosuolo, pertanto solo una quota piccolissima (meno dell’ 1%) di acqua dolce è potenzialmente utilizzabile per l’ uomo e per le sue necessità vitali.

Globalmente gli esseri umani si appropriano del 54% circa di tutta l’acqua dolce accessibile, di cui il 70-80% viene utilizzata per l’irrigazione ed è quindi strettamente connessa alla continua crescita della produzione alimentare. La domanda idrica infatti cresce in modo esponenziale all’ aumento degli abitanti del Pianeta, superando sempre di più la capacità di rigenerazione naturale delle falde idriche. Per cui di fronte ad una domanda in costante crescita, l’ offerta idrica risulta limitata. L’acqua mondiale può essere infatti paragonata alla ricchezza mondiale: in termini globali la quantità di acqua è più che sufficiente, ma non è distribuita in modo omogeneo sulla Terra. Per convenzione si considera che la quantità di 1700 metri cubi pro capite sia la soglia minima necessaria per soddisfare le richieste dell’ agricoltura, dell’ industria, dell’ energia e dell’ ambiente. Al di sotto dei 1000 metri cubi pro capite si parla di “carenza idrica”, mentre una quantità inferiore ai 500 metri cubi viene indicata come “carenza assoluta”. Attualmente circa 700 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di stress idrico e, a causa degli elevati tassi di crescita della popolazione, la disponibilità di acqua pro capite sta rapidamente diminuendo in numerose aree della Terra.

È previsto che entro il 2025 più di 3 miliardi di persone potrebbero vivere in paesi sotto stress idrico, mentre 14 paesi potrebbero passare dalla condizione di stress idrico a quella di carenza idrica (U.N.D.P. Rapporto sullo Sviluppo Umano, 2006). Questa delicata situazione è ulteriormente aggravata dai cambiamenti climatici in atto. L’uso dei combustibili fossili, la deforestazione ed altre attività umane hanno causato un aumento nell’atmosfera di circa il 35 per cento di gas ad effetto serra dall’epoca preindustriale ai giorni nostri, principalmente biossido di carbonio, metano, clorofluorocarburi e ozono. L’incremento di questi gas ha determinato un aumento della temperatura media terrestre di circa 0,74°C nell’ultimo secolo (IPCC, Quarto Rapporto di Valutazione, 2007).

Il processo di riscaldamento globale sta inoltre determinando grossi cambiamenti in termini di evaporazione e precipitazioni, con un’ alterazione del ciclo idrologico e con una maggiore imprevedibilità dello stesso. In particolare si prevede che l’ aumento della temperatura dell’ aria porterà allo scioglimento dei ghiacciai e ad un incremento dell’ evaporazione dell’acqua dagli oceani e dalla terraferma, intensificando il ciclo idrologico e  riducendo la quantità di acqua piovana che può raggiungere i fiumi. Inoltre si assisterà ad un aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi come alluvioni e siccità (IPCC, Quarto Rapporto di Valutazione, 2007). L’ IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change) ritiene che questi cambiamenti porteranno ad un incremento della vulnerabilità di vaste aree della Terra, che metterà in pericolo i mezzi di sostentamento, la salute e la sicurezza di milioni di persone. Inoltre i cambiamenti del ciclo idrologico faranno si che le zone attualmente aride diventeranno sempre più aride e le zone umide diventeranno sempre più umide, con importanti conseguenze per la distribuzione della produzione agricola ed esasperando le attuali disuguaglianze esistenti tra i vari paesi.

L’uomo ha sempre utilizzato l’acqua per scopi agricoli, basti pensare che le grandi civiltà del passato si sono sviluppate in prossimità di corsi d’acqua. Anche se attualmente le cose sono cambiate, l’agricoltura rimane il settore di maggiore impiego della risorsa idrica. L’aumento della popolazione e l’incremento del reddito determineranno inevitabilmente un aumento esponenziale della domanda di acqua per soddisfare la crescente produzione alimentare. Negli ultimi 100 anni, ad esempio, la popolazione è quadruplicata, mentre l’uso dell’acqua è risultato di ben sette volte maggiore. La situazione diventa preoccupante se si pensa che nel 2025 ci saranno circa 8 miliardi di persone al mondo e che entro il 2050 l’agricoltura mondiale dovrà provvedere al sostentamento di altri 2,4 miliardi di persone.

Per saperne di più ho voluto intervistare persone che quotidianamente hanno a che fare con le problematiche relative all’argomento acqua, chi per la propria attività di produttore agricolo  e chi per la propria attività di ricercatore.

Ho fatto la prima intervista a Piero Alberti, rappresentante dell’azienda agricola biodinamica-biologica “Poggio di Camporbiano”, che è nata in Toscana nel 1988.

Cosa rappresenta l’acqua per la vostra vita ed il vostro lavoro?

La nostra filosofia di lavoro e di vita è improntata ad evitare al massimo ogni spreco ed a considerare anche l’acqua come un bene prezioso. Sappiamo per esperienza diretta cosa vuol dire averne ben poca o niente. Siamo stati all’inizio del nostro cammino di “pionieri”  senza nemmeno avere l’acqua potabile e anche senza acqua del tutto per buona parte dell’anno. Si doveva andare con le taniche alla fontana pubblica a diversi chilometri da casa per averne un poco per bere e far da mangiare. Quella che avanzava dalla lavatura dei piatti e dal lavandino dove lavavi le mani ed il viso (qualche litro a testa al dì) serviva poi per il wc. La doccia si poteva fare solo una volta alla settimana con l’acqua di colore verde per la presenza delle alghe dello stagno. Per avere l’acqua dell’acquedotto abbiamo dovuto scavarci personalmente e posare 3 km di conduttura, ma solo alcuni anni dopo. E tante altre vicende che ti risparmio!

Tutta l’attività agricola si basa sulla crescita vegetativa delle piante che ha tra i suoi fattori primari la disponibilità idrica. Anche nei processi di trasformazione dei prodotti primari è indispensabile avere acqua  di buona qualità.

 Quali sono le strategie che adottate per avere acqua a sufficienza per le vostre colture?

Qui acqua di falda non ne abbiamo, corsi d’acqua nemmeno. La stagionalità delle precipitazioni atmosferiche è marcata, con squilibri sempre più estremi. La scelta delle colture è la prima strategia da utilizzare. Possiamo coltivare piante che riescano a sopravvivere e a dare una produzione accettabile anche senza ricorrere all’irrigazione. Che crescano quindi in periodi dell’anno dove le probabilità che si verifichino piogge sono più elevate, ad esempio il grano che in inverno e inizio primavera cresce ed invece a maturità si giova del secco estivo. Il mais assolutamente non sarebbe indicato poiché necessita di molta acqua proprio nel periodo dove le piogge scarseggiano, lo stesso vale per la soia o il riso ad esempio.

L’erba medica ha radici molto sviluppate verticalmente per cercare l’umidità negli strati del terreno più profondi che si seccano dopo quelli superficiali. E’ chiaro che se ad esempio si irriga un medicaio, si avrà una produzione sicura e maggiore anche del 100% rispetto alla coltura in asciutta in caso di stagione poco generosa di pioggia. Quindi per ottenere lo stesso quantitativo di foraggio si dovrà coltivare molta più terra con costi molto più elevati.

Quindi la scelta della coltura oltre che dalla latitudine, terreno ed altro si basa proprio sulla quantità di acqua che si pensa di poter avere disponibile.

Per recuperare e conservare l’acqua piovana, abbiamo realizzato dei piccoli laghetti che raccolgono le acque piovane in inverno per poterle poi utilizzare in primavera ed estate. Sono avvallamenti del terreno impermeabilizzati con argilla in cui abbiamo convogliato le acque piovane raccolte dai fossi dei campi, dai tetti, dai piazzali e dalle strade interne all’azienda. Queste tramite tubazioni, drenaggi ecc. vengono fatte decantare dai residui di terra ed altro che trasportano e poi pompate con pompe immerse, filtrate e distribuite solo come sostegno di emergenza a quelle colture pregiate (alcuni ortaggi) che proprio non possono sopravvivere senza. Quindi niente acqua a cipolle, agli, fave, patate, ma invece a zucchine, cocomeri ,ecc. Chiaro che se poi non piove le patate non irrigate faranno ben poco!

Per usi diversi raccogliamo l’acqua piovana dei tetti anche in cisterne chiuse sempre per irrigazione di orti e di un piccolo frutteto intensivo di melo.

Tutte le altre colture arboree da frutto, così come gli olivi, non sono irrigue. Si trincia spesso l’erba sotto le piante per formare pacciamatura vegetale ed impedire che l’acqua sia consumata dall’erba troppo sviluppata, riservando quella che c’è nel terreno invece alle piante da frutto.

Per centellinare la poca acqua utilizziamo metodi di irrigazione localizzata al piede delle piantine e distribuita a goccia nelle ore serali dove è minima l’evaporazione. Oltre a ciò stendiamo sul terreno dei film pacciamanti di mater-bi (bio platica vegetale totalmente biodegradabile) che trattengono l’acqua presente nel terreno impedendone la dispersione per evaporazione. Su di essi vengono fatti dei fori dove si piantano le giovani piantine. Sotto il film c’è la manichetta per l’acqua che bagna al piede la pianta senza sprechi e con il massimo dell’efficacia. Usiamo questi sistemi da più di 25 anni.

Siamo anche stati in Israele nel 2000 proprio per vedere aziende bio che coltivavano nel deserto od in condizioni di  estrema parsimonia della risorsa acqua.

 Quale acqua usate per abbeverare gli animali dell’allevamento?

I laghetti in caso di emergenza potrebbero anche essere usati per abbeverare il bestiame. Ad oggi però la ASL vuole che si utilizzi solo acqua potabile da acquedotto. Tale tipo di acqua è quella che obbligatoriamente usiamo anche per le trasformazioni alimentari.

 Quanto incide sul bilancio economico della vostra azienda l’uso dell’acqua?

In annate come ad esempio quella appena trascorsa i cali di produzione sono pesanti comunque. Per dare un’idea su 125 ha di terreno coltivabile solo 4/5 ha possono disporre di pochissima acqua che con i sistemi detti prima ci consentono di coltivare ortaggi.

Il costo di film in mater-bi a perdere, tubi da uno massimo 2 utilizzi, e poi pompe elettriche, rete fissa di tubazioni interrate, valvole, filtri, manutenzione, riparazioni, energia elettrica, lavoro per la stesura dei tubi e del film, gestione dei turni irrigui tra le varie parcelle sono piuttosto rilevanti nel bilancio orticolo.

L’acqua in sé è quella del cielo raccolta nei laghetti ed è gratis (finora…) ma aver scavato i laghetti con diversi giorni di lavoro di ruspe ed escavatori, opere di convogliamento delle acque meteoriche, impermeabilizzazione, permessi, geologo, svuotamento di pulizia periodico sempre con escavatori e ruspe, ecc. sono costi rilevanti da spalmare negli anni. In totale per gli orti possiamo supporre che il 15% del costo di produzione è per l’irrigazione. Zero per le colture non irrigue in pieno campo.

Per gli animali basti pensare che una vacca arriva a bere anche 70/90 litri il giorno.

Per ogni litro di latte prodotto e trasformato in formaggio ci vogliono circa altri 2 litri di acqua per lavaggi ed usi tecnici dalla mungitura, caseificazione, fino al confezionamento.

Una vacca delle nostre fornisce circa 14 litri di latte al dì nel corso dell’anno.

 

Ho fatto la seconda intervista, invece, al Dr. Marco Lauteri, ricercatore presso l’Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale (IBAF) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Porano (TR). 

Quali sono i principali motivi che determinano una riduzione della disponibilità di acqua dolce sulla Terra?

 Su scala globale i motivi della ridotta disponibilità di acqua dolce sono molteplici e costituiscono una problematica inquietante di non facile soluzione. Tuttavia, un minimo comun denominatore della questione è dato dal sovrappopolamento umano di larghe regioni della Terra (in particolare Europa, Asia centro-meridionale e sud orientale, Africa, alcune regioni dell’America latina e, sorprendentemente, la stessa Australia). Il sovrappopolamento, in relazione ai cambiamenti di stile di vita ed a risorse ambientali limitanti, causa un impatto sempre più marcato sulla biosfera (la fascia esterna della Terra dove si svolgono i processi biologici). Non sorprende, così, l’allarme di scala globale che riguarda la risorsa “acqua”.

Qual è il settore economico che richiede un maggior utilizzo d’acqua dolce?

 La necessità di sfamare una popolazione di 7 miliardi di persone fa dell’agricoltura il settore economico che richiede le massime quantità di acqua dolce, con stime intorno all’85% dei consumi totali. E’ importante notare che la popolazione mondiale è tuttora in crescita positiva, parlando le previsioni del raggiungimento di 10.5 miliardi entro il secolo. Quest’ultimo valore è considerato, sulla base di modelli statistico-demografici (Matteo Puzzle, 2004), il limite stabile della popolazione ovvero la condizione in cui le nascite equivarranno le morti. Al di là di queste considerazioni, emerge la necessità di razionalizzare ed ottimizzare l’uso delle risorse idriche disponibili per soddisfare il fabbisogno crescente di cibo. Un recente studio (Progetto PROSUITE, finanziato dall’Unione Europea) ha analizzato l’impatto sui consumi di acqua relativi a 160 specie agrarie coltivate nel mondo. Poche specie tra le più coltivate, quali grano, riso, cotone, mais e canna da zucchero, causano da sole il 49% del deficit d’acqua attuale ed il 42% d’uso di risorsa territoriale.

Quali sono i motivi che rendono la disponibilità di acqua dolce sempre più limitata nonostante sia considerata una risorsa rinnovabile?

 L’acqua può essere considerata risorsa rinnovabile ciclicamente. Tuttavia, i flussi di ricircolo possono essere sbilanciati rispetto a quelli di utilizzo. Questo può rendere la risorsa di fatto non rinnovabile al pari delle risorse minerarie (giacimenti di idrocarburi, rame, ferro, uranio, litio, elio etc. etc.). Una proporzione soverchiante di acqua a scopi irrigui è infatti intercettata dalle falde idriche attraverso i pozzi. Le cosiddette falde fossili delle regioni desertiche una volta emunte per scopi irrigui saranno semplicemente scomparse, senza possibilità di ricarica se non in tempi geologici (centinaia di migliaia o milioni di anni!). Problemi più generali di depauperamento delle falde idriche riguardano l’inquinamento delle stesse causato dal percolamento in profondità di sostanze nocive (residui di pesticidi, metalli pesanti, percolati di discarica, contaminazioni di natura organica). L’inquinamento può rendere gli acquiferi inadatti agli scopi civici ed agricoli per periodi lunghissimi. Infine, un gravissimo problema delle zone litoranee (spesso di gran valore agricolo e naturalistico) riguarda la temuta introgressione della falda idrica marina al di sotto di quella d’acqua dolce. L’emunzione eccessiva di acqua dolce per scopi agricoli, civici ed industriali, determina infatti l’avanzamento negli strati acquiferi di acqua di mare, determinando gravissimi problemi di salinizzazione dell’acqua dei pozzi e dei suoli agrari e forestali.

Il clima della terra sta inequivocabilmente cambiando (fonti “Intergovernmental Panel on Climate Change”, IPCC, corpo scientifico istituito da UNEP e WMO, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, UN). La temperatura della Terra sta aumentando determinando una sorta di febbre della biosfera intesa quale super-organismo (vedasi ipotesi “Gaia“ di James Lovelock). Questo fatto sta velocizzando il ciclo dell’acqua, essendoci più energia disponibile per l’evaporazione dalle grandi masse oceaniche. Tuttavia, alcune regioni della Terra sono sottoposte a maggiore siccità, in virtù di importanti cambiamenti nella circolazione atmosferica. Larga parte della regione mediterranea, ad esempio, è sotto la minaccia di una siccità progressivamente maggiore, così come stimato in diversi scenari meteorologici di lungo periodo. Inoltre, il tristemente noto fenomeno dell’estremizzazione climatica sta determinando frequenti episodi di siccità (onde o bolle di calore) alternati stagionalmente ad episodi di alluvione (le cosiddette bombe d’acqua). Tutto questo non giova alla disponibilità d’acqua. Le onde di calore stressano la vegetazione determinandone il deperimento. Le bombe d’acqua erodono il suolo agrario e forestale determinando così la desertificazione di aree gradualmente più inospitali per la vegetazione. In generale prevalgono i fenomeni di scorrimento superficiale delle acque, su quelli di infiltrazione profonda e ricarica degli acquiferi.

Quali sono le regioni della Terra più a rischio di siccità?

 Sulla base di quanto illustrato, le regioni della Terra a maggior rischio siccità sono quelle più densamente popolate ed esposte agli effetti del cambiamento climatico. Alcune considerazioni relative ai cambiamenti d’uso del suolo possono essere fatte. L’Italia, come esempio, rappresenta un territorio densamente popolato. I dati ISTAT riportano una densità media pari a 200 abitanti per km2, con valori che variano da oltre 400 (Lombardia) a circa 40 abitanti per km2 (Valle d’Aosta). Nel contesto europeo, per avere un metro di paragone, Malta raggiunge i 1300 abitanti per km2, la Finlandia circa 16 abitanti per km2. Ora, la densità di popolazione è generalmente associata all’uso che si fa del suolo. Pur considerando le differenze culturali, tecnologiche ed economiche tra i diversi stati, possiamo dire che maggiore popolazione equivale a maggiore superficie investita in strutture ed infrastrutture. Stiamo parlando di un problema molto discusso negli stati che hanno raggiunto un notevole livello di sviluppo: la cementificazione del territorio. La cementificazione sottrae superficie alla naturale infiltrazione dell’acqua, ostacolando così la ricarica delle falde acquifere e favorendo i deleteri processi di ruscellamento. Gli addensamenti urbani ed industriali, inoltre, causano un forte impatto sulla qualità delle acque, generando flussi importanti di acque reflue. Queste acque costituiscono un pericolo per l’ambiente e per la salute pubblica e non sono generalmente impiegabili per altri scopi, se non previa depurazione. Tutto questo, se non direttamente collegato a fenomeni di siccità, è in relazione alla progressiva insufficienza della disponibilità di acque dolci con caratteristiche accettabili per gli usi umani.

Un caso estremamente significativo di crescente carenza di risorse idriche causato dal cambiamento climatico è relativo ai territori densamente popolati dell’India e del Pakistan. Qui come altrove, le popolazioni sono particolarmente concentrate lungo le pianure fluviali coltivabili. In Pakistan la gran parte della popolazione dipende dalle risorse idriche del bacino idrografico dell’Indo che per oltre 2200 km attraversa il Paese. L’azione regolatrice dei ghiacciai del Karakorum – Himalaya sulle portate idriche fluviali sta rapidamente venendo meno per lo scioglimento degli stessi. Dunque, le devastanti inondazioni nei periodi monsonici si susseguono a periodi di drammatica carenza idrica per insufficiente portata dei fiumi. L’intercettazione dei flussi idrici fluviali con costruzioni di faraoniche dighe da parte di paesi a monte quali l’India, da una parte acuisce le crisi idriche a valle e dall’altra genera pericolosi conflitti tra stati.

Che ruolo può avere la ricerca scientifica per proteggere ed ottimizzare l’uso delle risorse idriche presenti sulla Terra?

 La ricerca ha un ruolo fondamentale nella protezione e nell’ottimizzazione dell’uso delle risorse idriche. L’Unione Europea ha fatto propri questi temi riunendoli negli obbiettivi della direttiva quadro “Acqua”. Il 2012 è stato celebrato dalla Commissione europea come “l’anno dell’acqua”. Per raggiungere il risultato di un “buon stato dell’acqua entro il 2015” e di sufficienti quantità e qualità per la popolazione, l’economia e l’ambiente, è stato adottato un approccio di triplice strategia: adeguamento dell’attuale quadro normativo sull’acqua; integrazione della politica dell’acqua con politiche correlate nel campo dell’ambiente, dell’economia e della salute pubblica; sviluppo delle conoscenze al riguardo della quantità e della qualità dell’acqua. Parole chiave per i grandi temi di ricerca nel settore acqua sono: qualità e quantità dell’acqua, sostenibilità dell’uso dell’acqua, efficienza idrica, riciclo delle acque reflue, strumenti di gestione per un efficiente uso dell’acqua. La ricerca nel settore acqua è necessariamente inter-disciplinare, al fine di rispondere alle complesse richieste normative, politiche e scientifiche delineate. Idrologia chimica, idrogeologia, climatologia, idraulica ed ingegneria, scienze dell’informatica e della comunicazione, scienze economiche devono essere in sinergia con scienze biologiche ed agrarie, microbiologia, fisiologia ed ecofisiologia vegetale, ecologia e genetica agraria e forestale.

La ricerca scientifica può contribuire a migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua in agricoltura? In che modo?

 L’agricoltura, quale settore economico che assorbe le massime quantità d’acqua, dovrà in particolare sviluppare modelli di gestione sostenibile della risorsa e, allo stesso tempo, assicurare soddisfacenti produzioni in risposta alle crescenti esigenze. Accanto a specie e cultivar agrarie dotate di elevata efficienza d’uso idrico (rapporto tra prodotto utile ed acqua impiegata per la coltura), la ricerca è chiamata a mettere a punto sistemi di monitoraggio ed automatizzazione dei sistemi irrigui, atti a minimizzare gli sprechi (es., acqua in eccesso che percola in profondità e non contribuisce ad aumentare le produzioni) ottimizzando le rese produttive. Potrà essere conveniente, così, adottare impianti di irrigazione che regolano gli apporti idrici, mantenendo le colture in uno stato idrico sub-ottimale. Il contenimento del costo “acqua” sostenuto dall’agricoltore o dalla comunità ottimizzerà il valore della produzione agricola aumentandone la sostenibilità. Gli studi  sulla qualità e sul recupero delle acque reflue, inoltre,  vedono nella vegetazione un importante strumento di fitodepurazione. L’impiego di fasce tampone di vegetazione e di specie particolarmente idonee ad assorbire o neutralizzare composti inquinanti, costituisce un importante strumento di gestione delle acque ed un importante campo di applicazione di conoscenze e tecnologie innovative per l’economia sostenibile.                                                                                                                       

Da queste interviste è evidente che l’agricoltura necessita di molta acqua, ma ci sono altri settori produttivi che ne consumano in grande quantità. Ad esempio, le industrie che producono carta, metalli, legno, prodotti chimici, ecc. richiedono molta acqua per il processo produttivo, utilizzando circa il 22% delle risorse idriche della Terra. Tuttavia questa percentuale è molto più elevata nei paesi “avanzati” rispetto a quelli a basso reddito (in media il 59% dei primi rispetto all’ 8% dei secondi).  Tra le industrie, la produzione della carta richiede enormi quantità di acqua, Basti pensare che per produrre una tonnellata di carta vengono utilizzati circa 440.000 litri d’acqua (e 15 alberi) al giorno, invece per quella riciclata vengono usati solo 1.800 litri (e nessun albero).
 PICCOLI CONSIGLI PER GRANDI RISULTATII PRINCIPI DI HARI:

Bisogna considerare come ognuno di noi possa nel suo piccolo contribuire a ridurre gli sprechi d’acqua adottando degli stili di vita corretti .

 1. Preferibile la doccia al posto del bagno, se manca la doccia non riempire completamente la vasca.

2. (per i genitori): non tenere il rubinetto aperto quando ci si rade la barba.

3. Non tenere il rubinetto aperto quando si insaponano i piatti.

4. Usare l’acqua della scolatura della pasta per sgrassare i piatti, riducendo, oltre al consumo di acqua, anche l’uso del detersivo.

5. Lavare frutta e verdura in una bacinella ed usare l’acqua di lavaggio per innaffiare le piante del terrazzo e del davanzale

6. Lo sciacquone del wc ogni volta che viene premuto consuma circa 10 litri d’acqua costituendo fino al 30% dei consumi domestici, è possibile quindi ridurre il flusso dello sciacquone od utilizzare un sistema a doppio scarico con getto economico.

7. Comprare carta riciclata e riciclare carta.

8. Fare lavatrici o lavastoviglie a pieno carico utilizzando cicli economici.

9. Scegliere oggetti ed alimenti con ridotta “impronta idrica”, cioè che richiedono un minor   impiego d’acqua per essere prodotti.

10.Non lasciare il rubinetto aperto mentre ci si spazzolano i denti.

Ho condotto un mini-sondaggio nella mia classe (1° B – Scuola Media Bartolena S. Simone di Livorno) per verificare quanti alunni facessero un uso corretto dell’acqua in piccole azioni quotidiane, come lavarsi i denti. Può sembrare molto strano, però l’acqua sprecata mentre vengono lavati i denti è più di quella sprecata per fare il bagno o la doccia e se per una buona igiene orale bisogna lavare i denti per almeno due minuti (per un minuto si sprecano circa sei litri d’acqua), vengono usati dodici litri d’acqua ogni volta che ci laviamo i denti.

Dei 27 ragazzi della mia classe, oltre il 92% mi ha riferito di chiudere il rubinetto durante la pulizia dei denti.

Mentre è risultato semplice capire lo spreco di acqua associato all’uso diretto di questa risorsa nella nostra vita quotidiana, da questo breve sondaggio è emerso come sia più difficile invece rendersi conto dei consumi “nascosti”, cioè non riferiti ad un uso diretto dell’acqua ma all’uso di altri oggetti o cibo che necessitano di grandi quantitativi di acqua per essere prodotti. Basti pensare ad esempio che per coltivare un solo chilo di riso sono necessari dai 2000 ai 5000 litri e che la quantità di acqua necessaria per coltivare una tonnellata di zucchero è otto volte superiore a quella utilizzata per produrre una tonnellata di grano. Ancora più sorprendente risulta che per  produrre un solo hamburger vengono utilizzati circa 11.000 litri d’acqua, una quantità tale da poter soddisfare i bisogni di quasi 500 persone residenti in una baraccopoli urbana senza allaccio domestico alla rete idrica (Dati UNDP, 2006).

Quindi pensando a come ognuno di noi nel proprio piccolo può contribuire a risparmiare acqua, cerchiamo sempre di poter salvaguardare questo grande dono della Natura; indispensabile per l’uomo ma anche per tutti gli altri esseri viventi presenti sul nostro pianeta.

Saremo come S. Francesco, o come i saggi in India, se cominceremo anche noi ad amare la Natura e governare in maniera corretta i doni che ci ha regalato, a prendere consapevolezza di come con piccoli accorgimenti potremo vivere meglio e far vivere in un mondo migliore anche le generazioni future.

 

 

Ringraziamenti

Ringrazio Piero Alberti dell’Azienda Agricola Biodinamica Biologica “Poggio di Camporbiano “ per avermi fatto capire che si può salvaguardare l’acqua anche in agricoltura.

Ringrazio il Dott. Marco Lauteri dell’Istituto di Biologia Agro-Ambientale e Forestale (IBAF) di Porano (TR) per la preziosa intervista che mi ha concesso.

Ringrazio la Prof.ssa Maria Letizia Uccelli per avermi aiutato ad approfondire alcuni aspetti della mia ricerca.

 

Riferimenti bibliografici

IPCC (2007). 4th Assessement Report «Climate Change 2007.

UNDP (2006). Rapporto Sullo Sviluppo Umano. Cap. 4: L’acqua: carenza, rischio e vulnerabilità.

UNDP (2006). Rapporto Sullo Sviluppo Umano. Cap. 5: La competizione idrica in agricoltura.

Vandana Shiva, Le Guerre dell’Acqua, Feltrinelli, Milano, 2007.

WWF Report 2011, Impronta Idrica – Scenari globali e soluzioni locali.

 

 

Cod. concorrente 1911092512


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