Bellezza o sopravvivenza? La lotta contro i sensi di colpa (7436)

Inchiesta di Helodie Fazzalari, della IV B Liceo N.Pizi di Palmi (Reggio Calabria), con il coordinamento della professoressa Maria Anile

 

Era il 26 marzo 2011, quasi un anno fa, quando sotto una pioggerellina sottile di inizio primavera, ed un biscotto al caffè tra i denti, sentii il telefono squillare. Tutta eccitata per aver avuto un idea alquanto geniale, era una mia amica. Avete presente quelle persone un po’ goffe, che alla fine di una grigliata tra amici raccolgono gli avanzi per il cane, che dividono la carta dalla plastica?, insomma quelle che si vedono nelle grandi piazze con addosso cartelli enormi con su scritto “lotta dura per la verdura”?, beh, lei è più o meno così! Quel giorno mi disse che avrebbe avvertito tutto il resto della compagnia, e che ci saremmo viste a casa mia alle 20.30. Parlò di un evento importante, disse che avremmo contribuito a salvare il pianeta. Nessuna di noi però  avrebbe mai immaginato di vederla arrivare alle 20.20, con un inaspettato anticipo, per lei ritardataria cronica, con una ventina di candele e uno scatolino rosso di fiammiferi in mano. Si trattava dell’Earth Hour, l’ora della terra, una campagna di sensibilizzazione che intende spingere le istituzioni, i cittadini e le aziende ad andare “oltre l’ora”, impegnandosi non soltanto a spegnere le luci in occasione dell’Earth Hour ,ma anche manifestando un chiaro impegno nei confronti del nostro pianeta. Fummo costrette ad assecondarla in questa sua idea alquanto bizzarra e scomoda, per via delle candele che ci si scioglievano in mano. Inizialmente non eravamo molto entusiaste di trascorrere un sabato rinchiuse in casa e per di più al buio, ma quello che ci raccontò catturò completamente la nostra attenzione.

Le si leggeva alla perfezione negli occhi quanto le stava a cuore ciò di cui parlava, tanto da coinvolgere anche noi che per una sera lasciammo alle spalle i sensi di colpa per tutte le cartacce buttate a terra, e ci sentimmo fiere di aver fatto qualcosa non solo per il pianeta ma anche per noi stesse. Vi starete chiedendo perché stia qui a raccontarvi questa storia; la verità è che credo che ogni uomo debba avere delle certezze e delle cose per cui battersi nella vita, ecco perché ammiro con tutta me stessa la gente che ama e crede in ciò che fa, e che non esita di fronte a nulla pur di portare a compimento le proprie idee. Qualche giorno fa ho letto un articolo riguardante degli ambientalisti che hanno deciso di vivere come nella preistoria, mollando tutta la tecnologia moderna e vivendo in case costruite con elementi naturali. Sicuramente questa gente avrà trovato diverse difficoltà all’inizio, così ho pensato molto al perché di questo cambiamento così drastico. L’unica risposta che sono riuscita a trovare è che la loro scelta, sia stata più una fuga dallo stress della città,dalla confusione e dalla solitudine. Infatti il tran tran quotidiano non ha fatto altro che portare alla perdita delle relazioni umane e di conseguenza alla perdita del contatto con la natura. Credo che siano stati spinti da un desiderio di semplicità e verità, che oggi si ritrova soffocato dalle comodità e dalla non curanza. Tutto sta nel quanto riteniamo importante  ciò che andiamo a fare; penso che ogni uomo abbia dei desideri che vorrebbe veder realizzati, e qual è il più grande desiderio comune se non quello di vivere bene? Per vivere bene ovviamente è necessaria anche una casa pulita,ordinata che ci dovrebbe far sentire protetti ,della quale non dovremmo aver minimamente paura, più simile a un confortevole appartamento che ad una nave in tempesta. La rivoluzione industriale, se da un lato ha migliorato il tenore di vita di ampi strati sociali ,altrimenti esclusi ,dalla fruizione di tutta una serie di beni e servizi, ha dall’altro creato degli squilibri nell’ecosistema globale. Il liberismo sfrenato, da molti auspicato in economia come catalizzatore di sicuro progresso, minaccia di produrre danni ancora più terribili. Le metropoli, troppo densamente abitate, sono già oggi invivibili; i centri urbani del mondo sviluppato sono soffocati da un traffico ingovernato e folle, dallo smog che impedisce di respirare, dalle esalazioni industriali che a volte minacciano da vicino i cittadini. Il disastro ecologico ,determinato dal cambiamento radicale della produzione e dell’economia, ha determinato come reazione, un movimento di idee critico verso la civiltà industriale. Il filone principale di questa ideologia antindustriale è rappresentato dal marxismo e da tutte le sue ramificazioni ideologiche novecentesche. Il movimento ecologista, che oggi raccoglie in qualche modo l’eredità di questo pensiero critico radicale, ha rinunciato beneficamente a molti massimalismi e fondamentalismi ideologici e si è andato invero stemperando in un movimento variegato, dalle molte anime, ma con un obiettivo comune: garantire all’uomo la vita nell’ecosfera, la più armoniosa e salubre possibile. Escludendo l’idea che ancora nel 2012 l’uomo non capisca i danni ai quali va incontro con i suoi comportamenti scorretti, sono arrivata alla conclusione, che in realtà l’uomo non si vuole davvero bene come dice, ma semplicemente si sforza di mostrasi al mondo come il mondo lo richiede, ovvero obbedendo allo stereotipo di società conformista e irrefrenabilmente consumista.

Due giovani ingegneri francesi, Xavier Degon e Antonin Guy, l’11 febbraio sono partiti da Strasburgo per un giro del mondo a bordo di un’auto elettrica Citroën C-Zéro di serie. Si tratta del progetto “Electric Odyssey”, pensato per promuovere la mobilità elettrica in tutto il pianeta e che, dopo aver percorso il nord della Francia, Belgio e Olanda, aver attraversato l’Oceano Atlantico in nave, viaggerà da costa a costa attraverso gli Usa, per raggiungere il Giappone, la Cina, il Kazakistan, la Russia e quindi, passando per l’Europa orientale e centrale raggiungere nuovamente Strasburgo. L’idea parte da un progetto di  Ubi Connected fatto proprio da Telecom Italia,  che grazie al progetto europeo “Smart City” prevede la realizzazione, a partire da Torino,  delle nuove postazioni web-telefoniche ricoperte di pannelli fotovoltaici che permetteranno anche la ricarica dei veicoli elettrici. All’interno del progetto Smart City, Torino si propone di installare un nuovo tipo di cabina telefonica, che sostituirà quelle esistenti nel tessuto urbano, dalle quali sarà possibile telefonare e connettersi ad internet per avere informazioni sulla città e sulla viabilità. Così le cabine telefoniche, ingombri e spesso in evidente degrado, troveranno un nuovo utilizzo nella green economy made in Italy, costituendo gli anelli diffusi di una catena di servizi avanzati e di ricarica per bici, moto e auto elettriche, visto che la metà delle cabine sopravvissute si trova sulle strade o in luoghi pubblici di grande passaggio. Credo che questo sia un chiaro esempio d’impegno morale e civile, in grado di smuovere le coscienze di chi ancora, come me, è prigioniero delle proprie abitudini e non si sforza minimamente di correggerle. Mahatma Gandhi diceva:<< Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo, la terra ha abbastanza per il bisogno di tutti,ma non per l’ingordigia di tutti>>Non si tratta di predicare un’austerità ideologica fine a se stessa; tutti, credo, vogliamo continuare a godere degli agi e delle comodità che il mondo contemporaneo ci offre. Si tratta, però, di modulare meglio, in maniera più concertata e razionale, le attività economiche, di garantire quello “sviluppo sostenibile”, invocato dalle autorità mondiali più illuminate, che permetta di soddisfare non soltanto i nostri bisogni, ma anche quelli delle generazioni future. Il ruolo di regolatore deve essere ripreso dallo Stato o da quegli organismi sovranazionali che ne hanno l’autorità. E’ necessario che le istituzioni riacquisiscano il loro ruolo, cui troppo frettolosamente avevano abdicato, di arbitri del mercato e della vita economica, con troppa euforia e superficialità lasciati nelle mani della pur necessaria iniziativa, intelligenza e lungimiranza dei singoli. È necessario che si diffonda in maniera sempre più capillare, e massimamente in coloro che amministrano e governano, una sensibilità e una cultura che anziché alla quantità, siano orientate alla qualità. È necessario che si incominci a comprendere e analizzare a pieno il concetto di responsabilità, che ognuno di noi ha nei confronti della nostra terra. Quindi che dire? Prendiamo esempio dai tipi un po’ strani, che portano candele e che ti entrano in casa per salvare il mondo, prendiamo esempio da coloro che manifestano le loro idee, che lottano per esse, prendiamo esempio e applaudiamo a tutti coloro che un temporale non li ferma e qualche intoppo li spinge a fare meglio a dare sempre di più, prendiamo esempio da chi vive di giuste misure, da chi tra bellezza e sopravvivenza professa la loro complementarietà, prendiamo esempio da chi ha capito che il denaro non si mangia, che c’è un limite ad ogni situazione e che in ogni situazione ci deve essere una parte di noi stessi. Prendiamo esempio da chi ha imparato ad AMARSI!

 

Helodie Fazzalari

cod: 0302110751,  concorso “segnali dal verde” Giornalisti Nell’Erba VI ed. 



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2 Comments

  1. Comment by redazione:

    prendiamo esempio anche te, helodie, che così bene sai parlare d’ambiente

  2. Comment by helodie:

    grazie mille…. e grazie a voi per avermi dato questa possibilità

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