I pericoli del pianeta vivente (5052)

Articolo di Ran Ceretta, 15 anni, di Bologna.

Newton lo definisce un’entità ingegnosa e intelligente. Shakespeare una bella prigione e anche un palcoscenico. Seneca qualcosa di eterno. Ognuno di noi, piccoli paragrafi del grande libro che è la Terra, abbiamo idee diverse sul mondo che tutt’ora abitiamo, ma sono tutte accomunate dalla stessa consapevolezza di chi sa di essere davvero molto fortunato.

Allora io mi posso porre soltanto una domanda riguardo a quanto sta accadendo, a come il pianeta si stia letteralmente rivoltando e ribellando ai nostri soprusi: “Perché rovinare una cosa tanto meravigliosa?!”

Il nostro pianeta ha sempre dovuto affrontare delle difficoltà, ma negli ultimi tempi anche noi, come suoi ospiti, lo stiamo mettendo in pericolo testando la sua resistenza con vari e assortiti maltrattamenti ai quali lo sottoponiamo solamente per nostro profitto personale. Nell’anno 2000 uno scienziato svedese, Paul Crutzen (premio nobel per la chimica del 1995) ha coniato un nuovo termine ”Antropocene” che deriva dalle parole greche anthropos (uomo) e kainos (nuovo). Questa parola definisce l’era moderna. Questa nuova era crono-geologica è caratterizzata dall’intervento primario dell’uomo nei cambiamenti climatici globali. Crutzen ha stabilito come punto di partenza dell’Antropocene la Rivoluzione industriale e l’invenzione del motore a scoppio (metà del 1800). Nel corso del tempo, l’uomo ha scoperto ed utilizzato tecnologie sempre più avanzate e moderne che non riguardano soltanto il campo dell’elettronica o della tecnica, ma che si espandono  a tutti i settori industriali e all’intera economia. Queste  nuove tecnologie hanno permesso alla fabbriche e, dunque alle varie produzioni di materiali utili all’uomo, di svilupparsi sempre più. Ma hanno avuto anche un lato negativo. Stanno lentamente e gradualmente deteriorando il pianeta mettendo a rischio l’aria (con i vari gas tossici di scarico che fanno innalzare il surriscaldamento globale e quindi l’effetto serra), il terreno (con le varie sostanze nocive lasciate, molte volte illegalmente, nel suolo), le acque (messe a rischio da sostanze dannose, fra le quali la più nociva è il petrolio).

Dobbiamo capire di non poter essere menefreghisti e noncuranti di ciò che succede intorno a noi. Bisogna ampliare ed accrescere la nostra coscienza ambientale così da poter contribuire attivamente alla salvaguardia del pianeta. Bisogna essere tutti ugualmente coinvolti. Ci sono numerosi programmi televisivi, riviste, siti internet, blog che vogliono sensibilizzare le persone riguardo all’ambiente. Un metodo efficace per rendere partecipe la società e non solo il singolo individuo è quello di mostrare, ad un mondo essenzialmente egoista come il nostro, i disastri ambientali che sono la conseguenza del male che stiamo infliggendo al pianeta che potremmo affermare: si ribella. Alcuni esempi di disastri naturali sono le calamità naturali dovute all’effetto serra e al surriscaldamento globale. Abbiamo poi i problemi riguardanti il suolo (disboscamento, desertificazione e frane) e le acque. Il canale televisivo National Geographic manda molte volte in onda le riprese, con le conseguenti spiegazioni, dei vari disastri naturali provocati nientedimeno che dalla vittima stessa: l’uomo. Ho fornito solo un piccolo esempio dell’immensa comunicazione di questi fenomeni che interessano l’intera umanità. Si può  affermare che i fantomatici elementi naturali si stiano lentamente deteriorando e che sia tutta colpa nostra.  Nella quotidianità giornaliera in tutto il mondo si verificano disastri naturali che cambiano radicalmente la vita di migliaia di persone. Basti pensare ai terremoti che hanno sconvolto l’India e il Pakistan nel recente passato, oppure gli uragani che flagellano ogni anno il Sud degli USA, la stagione dei monsoni, gli tsunami che stravolgono le coste del Pacifico o le eruzioni vulcaniche in diverse parti del mondo. Anche chi non ne è soggetto in prima persona  viene colpito emotivamente da questi eventi e acquista una consapevolezza che lo spinge ad agire in modo concreto per evitare il ripetersi di queste catastrofi.  Questi disastri naturali, indotti dalla noncuranza umana, sono le cause primarie delle avversità che hanno colpito così duramente gli uomini  negli ultimi decenni. I principali problemi che l’uomo è costretto ad affrontare  in seguito ai suoi stessi imperdonabili errori sono: l’esodo dalle zone colpite verso aree  abitate più sicure, lo stanziamento di fondi per la riparazione di infrastrutture e la messa a norma degli edifici, un disagio politico –economico dovuto al malcontento della popolazione, la perdita di molte vite umane. La continua crescita demografica  e la conseguente urbanizzazione incontrollata e senza criterio di vaste aree del pianeta  determina  un aumento della gravità in termini di vite umane e di perdite economiche in seguito alle calamità naturali che, sempre più frequentemente e con maggior forza, interessano il pianeta.

Nella speranza di aver acceso in voi anche un lieve bagliore d’interesse e partecipazione per queste tematiche, cito un proverbio indiano che mi ha particolarmente colpito:

“Quando avrete abbattuto l’ultimo albero,

quando avrete pescato l’ultimo pesce,

quando avrete inquinato l’ultimo fiume,

allora vi accorgerete che non si può

mangiare il denaro”.

Ran Ceretta

cod. conc. 1412135436

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