L’essenziale… in barca (9543)

Articolo e intervista di Giuseppe Carlo Cireni, 26 anni, di Milano.

Leggo sul sito lafilibusta.com quel che Valeria e Marco scrivono sulla loro vita in barca a vela. Lontani da stress e difficoltà, lontani anche dalla vita di prima. Hanno fatto il grande passo, perché a fine vacanza pesava sempre di più tornare a terra.  La libertà, però, costa un po’, in termini di “meno”, ossia di sottrazioni di ciò che a terra è sempre tanto. Sottrazioni di spazio: il mare è immenso, più grande della terra, ma quello vivibile in una barca è ridotto. In 11 metri e mezzo di barca hanno tutto ciò di cui hanno bisogno, abiti, pentole, cibo, libri e altro. Ma hanno dovuto rinunciare a tantissime cose: “una liberazione e non un sacrificio. Abbiamo scelto ciò che era essenziale, il resto era dunque superfluo”.  La regola vale anche adesso: “quando si imbarca un nuovo oggetto, il vecchio viene sbarcato, così si evita l’accumulo e soprattutto si tende ad usare le cose fino in fondo”. Niente elettrodomestici, ovviamente: in barca non c’è il 220V. Il riscaldamento deve essere fatto con sistemi specifici, niente stufette. Acqua dolce? La riserva nei serbatoio non è tantissima, quindi si è costretti a stare molto attenti. D’estate, ad esempio, meglio lavarsi con acqua di mare e saponi marini ecologici e poi limitarsi a sciacquarsi con poca acqua dolce. E via così. La barca, insomma, è una palestra ideale per sperimentare la “riduzione”.

Ma com’è vivere in mare, esser circondati solo dall’acqua? Risponde Diego Sorrentino, capitano di Lungo Corso, una vita passata in tutti i mari. “Indubbiamente andare per mare e soprattutto senza la visione della terra è una esperienza che non tutti sono in grado di affrontare dal punto di vista psicologico ,perché pone l’essere umano in una condizione anormale rispetto alla vita di tutti i giorni ,ovviamente la sensazione di trovare solo nel raggio di orizzonte solo acqua può generare paura ,ma generalmente è maggiore lo spirito di avventura e di libertà che la maggior parte delle persone provano”.

Della terraferma, intesa propro come paesaggio naturale diverso, cos’è che manca? “ A lungo andare la mancanza del colore verde del prato è una delle condizioni di disagio manifestata dalle persone soprattutto lungo le lunghe navigazioni e d è talmente considerata questa situazione che normalmente si sopperisce tale mancanza con la tinteggiatura degli spazi interni appunto con il verde oppure con poste che richiamano il verde oppure è uso abituale tra i naviganti coltivarsi nel proprio spazio una piantina verde oppure addirittura basilico con la doppia funzione di gradevolezza alimentare e di cromaticità”.

Anche la percezione del tempo è diversa…”  Il tempo è una organizzazione fondamentale delle attività, premesso che a bordo di qualsiasi unità sono talmente tante le cose da fare che ci si deve necessariamente organizzare e scandire i tempi lasciando sempre meno spazio alla noia e alla mancanza di attività ,giungendo persino omoni grandi e grossi a coltivare qualsiasi tipo di hobby negli spazi temporali “morti” dall’uncinetto al modellismo ,dalla lettura alla pratica fisica tipo palestra. sicuramente è necessario un equilibrio interno psicologico,ma di contro genera una introspezione e una crescita individuale enorme in grado di far affrontare al singolo un’infinità di difficoltà forgiando il carattere contro le avversità ma anche rendendolo più gentile e attento verso gli altri nella visione positiva ,ma anche più scontroso e lontano dagli altri con sempre meno argomenti di conversazione se non “il ferro” inteso come nave a,b,o,c o come si comportava il nostromo,comandante o cuoco sulla nave a,b,c. si ribadisce l’aspetto positivo e negativo di una situazione di costrizione più o meno volontaria della libertà individuale  di movimento e di scelta delle amicizie e delle persone con cui condividere il tempo… si dice sempre che questo tipo di lavoro  si fa sempre per “FAME”o per soldi ,ma sempre con il pizzico di passione  che consente di sopportare le difficoltà”.

Spazi ristretti, vita difficile, ma per i rifiuti come ci si regola? “Per la trattazione dei vari rifiuti di bordo ci sono trattati internazionali  come MARPOL che disciplinano la materia  sia per quanto riguarda stoccaggio a bordo(prevedendo a livello costruttivo delle unità ,locali deposito per la raccolta) e successivo conferimento a terra dei rifiuti differenziati per materiali,inoltre su quasi tutte le unità vi è un sistema di triturazione dei rifiuti organici che in determinate  proporzioni e determinate distanze dalla costa (generalmente al di fuori delle acque territoriali degli stati costieri-mediamente a 12 miglia nautiche dalla costa )  vengono rilasciate nell’ambiente marino. seppur la normativa internazionale preveda la trattazione di  tale materia dei rifiuti per le navi professionali, sempre di più tale normativa trova applicazione a navi da diporto e unità da diporto ,dove sempre di più  ricade in capo ai responsabili dei porti turistici la responsabilità di differenziare e quindi far raccogliere in maniera appropriata  i rifiuti provenienti da unità da diporto, sia all’interno dei “marina” che a bordo delle unità,fornendo i loro utenti di sacchetti per la relativa differenziazione,ovviamente sulle piccole unità da diporto come imbarcazioni,tale differenziazione potrebbe risultare se non altro voluminosa e/o complicata(ma solo per la pigrizia e/o forse anche  solo per “l’arroganza/stupidità” di alcuni diportisti”.

cod. concorrente 1702195313


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