L’Uomo, figlio ingrato di Madre Terra (5319)

Editoriale di Gaia Zol, 19 anni, di Camino Al Tagliamento (Udine)

Il mondo nasconde arcobaleni, quegli archi colorati che uniscono due punti lontani. Tra le onde del mare, nasconde una musica soave, piena di diverse note che si incontrano in un’unica orchestra.

Le fronde degli alberi danzano al vento profumato dai petali dei fiori. Gli animali giocano liberi, rincorsi dal polline dei cipressi.

Il mondo è felice, variopinto e incantevole.

Il nostro pianeta è bello, siamo noi uomini a essere sbagliati.

Non ci fermiamo mai a guardare le farfalle, ad ammirare l’alba e non ascoltiamo il cinguettio dei pettirossi. Non sappiamo apprezzarlo, questo mondo, che ci dà frutti e stelle. Calpestiamo la terra che ci offre, non la veneriamo più come una Madre che da un giorno all’altro potrebbe lasciarci orfani. Strappiamo le radici agli alberi che ci portano respiro nuovo, rubiamo spazio e vita a un mare che ci porta sogni di isole lontane, soffochiamo il cielo.

Sembra che tutto si possa vendere, che tutto abbia una sua etichetta e un suo prezzo, ma non certo un valore che vada oltre il profumo del profitto.

Non lo hanno di certo gli orsi polari, che muoiono nel silenzio del loro Artico, sempre più simile a una spiaggia caraibica. Le loro pellicce bianche non sopportano il caldo sempre più incalzante. Enormi calotte di ghiaccio si staccano, diventando gommoni per le foche.

L’Artico si scioglie facendo salire il livello delle acque, che arriva alla gola degli animali. La vita di orsi, pinguini e foche dipende dal nostro comportamento.

Lo scioglimento dei ghiacciai fa innalzare il livello degli Oceani, che non esiteranno a sommergerci, con le loro enormi onde.

In natura non esiste l’inquinamento, la Terra deve solo ringraziare l’uomo.

Grazie, quindi, per l’effetto serra che surriscalda il Pianeta e distrugge paesaggi. Scioglie igloo e crea deserti: enormi distese aride dove l’occhio si perde all’infinito, non ci sono dune o alberi a ostacolare lo sguardo. Rimane solo la terra nuda e cruda, inospitale. Non crescono più piante e fiori, resta solo la polvere. La desertificazione.

Ogni tanto potrebbe fare capolino qualche scorpione, unica forma di vita in una piana calda e secca: niente più uccelli o farfalle dove non ci sono alberi.

L’uomo sradica foreste usando lame affilate per far crollare le case di vecchie scimmie o moderni Tartan, per fare spazio a piantagioni dannose o a fabbriche dai camini enormi e dai fumi grigi che appesantiscono l’aria, rendendola irrespirabile.Mentre la terra diventa inospitale. La deforestazione.

Gli agricoltori non vedono maturare i frutti del loro duro lavoro, seminano speranze e non pomodori, coltivano illusioni e non certo lattuga.

I frutteti rinsecchiscono al sole cocente, le loro foglie si “sgretolano” al vento: non crescono più arance o mele, non sbocciano più germogli ad annunciare una nuova primavera.

L’uomo cancella i colori del mondo con una semplice firma su un documento ingiallito: il denaro può distruggere montagne e prosciugare fiumi con un solo click. Con un colpo di mano, crea grattacieli senza fine e piattaforme petrolifere in mare aperto.

Come se il mare fosse una proprietà da vendere e comprare e non la casa di delfini giocosi e di piccoli Nemo.

Navi petroliere si rovesciano in mare formando enormi chiazze di petrolio che nessuno sa come prosciugare: maree nere arrivano sulle coste, distruggendo gli ecosistemi. Non servono aspirapolvere o scope, basterebbe lasciare l’oro grezzo sottoterra, che tanto il sole è abbastanza grande per dare energia e calore a tutti. Molte specie animali (e non solo) sono in via d’estinzione, dimezzate anche dagli scarichi industriali illegali.

Le fabbriche smaltiscono i loro rifiuti nelle acque dei fiumi o nelle grotte paleolitiche dei Parchi Nazionali, perché così risparmiano tempo e, soprattutto, soldi.

Mafiosi ma non solo si liberano di scorie radioattive o di rifiuti “scomodi” gettandoli nel verde delle campagne, non li nascondono nemmeno: tanto sanno che nessuno li condannerà.

Noi uomini ci scordiamo subito i danni e i disastri, ma quegli animali pagheranno per sempre il peso della nostra spregiudicatezza: l’inquinamento umano non sparisce con una filastrocca della Fata Turchina.

Ma spariscono come per magia coraggiose tigri e squamosi squali bianchi: il nostro Pianeta si sta spopolando, sta diventando vuoto e ammuffito come un baule chiuso in soffitta.

Piante e animali perdono la loro battaglia al cospetto di sempre più moderni eco-mostri.

Le orchidee non allieteranno più il nostro animo d’uomo, i loro colori sbiadiranno poco a poco, prendendo le sfumature di cieli grigi.

Dolci panda paffuti non si arrampicheranno più zampa dopo zampa lungo i bambù, non si muoveranno più come simpatici clown tra gli alberi delle foreste.

Orchidee e panda spariranno come uno spiazzante trucco di Houdini o come Atlantide.

Solo che la scomparsa della leggendaria città sottomarina rimane tutt’ora un mistero, mentre la scomparsa della natura ha spiegazioni e colpevoli. Mancano le condanne.

L’aria e le acque trasportano sostanze nocive che colpiscono tanto gli animali quanto l’uomo.

Infezioni e tumori: l’uomo avvelena l’uomo.

Le colpe passano da un dirigente all’altro come un pallone, ma la Terra non perdona e fa giustizia a modo suo.

Frane, violente alluvioni e umidità soffocanti sono la sua risposta alla nostra sfrenata urbanizzazione e al nostro cieco e sordo progresso.

Il Pianeta non è cattivo e nemmeno vendicativo, ha solo raggiunto il suo limite.

La Terra è sempre sé stessa, con le sue piogge e il suo sole, siamo noi a volerla cambiare.

Lo sfruttamento intensivo dei suoi tesori li distrugge.

Il cemento si sostituisce ai prati verde smeraldo e ai ghiacciai cristallini, le antenne paraboliche si sostituiscono alle cime di alberi sempreverdi: la natura scompare sotto il peso dei nostri passi e delle nostre decisioni.

La soluzione, come la causa, è l’essere umano.

Dobbiamo re-imparare a volgere il nostro sguardo verso i picchi innevati delle montagne, le nostre orecchie al gracidio dei grilli e le nostre narici al profumo delle rose.

Dobbiamo tendere le mani a un uccellino ferito.

I nostri piedi devono ballare sul mondo e non calpestarlo.

La soluzione, come la causa, è l’essere umano.

Gaia Zol

cod. conc. 2911181144

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