Natura, fonte di vita o oggetto da sfruttare? (5020)

I meccanismi cognitivi alla base del rapporto uomo-natura – di Martina Cavallaro, 19 anni, di Tradate, coordinatrice GNE Lombardia, già vincitrice di GNE4.

Pochi lo sanno, ma l’Unione Europea ha dichiarato questo l’anno delle foreste. Lo scorso anno era stato dedicato alla biodiversità. In questo modo L’UE cerca, come tante associazioni e istituti che si occupano di ambiente in Italia e nel mondo, di concentrare l’attenzione su tutte quelle realtà che crediamo scontate ma che stanno via via scomparendo dallo scenario naturale.

Inutile negarlo,  l’aspetto del mondo sta cambiando e i problemi che si affacciano su questo nuovo millennio sono tanti, anche nel nostro Paese, come ci dice Alessia Sacchetti, consigliere del WWF Lombardia. “Il primo è quello della conservazione della biodiversità: purtroppo le estinzioni delle specie, il consumo del suolo sono problemi gravi a cui il governo italiano non ha ancora posto rimedio. Un obiettivo molto importante proprio di quest’anno è stato il raggiungimento di una strategia nazionale per la biodiversità, che dovrebbe regolare a livello territoriale qualsiasi tipo di operazione volta  a ledere degli importanti ecosistemi. A livello mondiale il problema della biodiversità si lega anche a quello dei cambiamenti climatici.” Sono tantissime le specie in via di estinzione:  “la tigre, l’orango, il tonno rosso, e purtroppo tante altre. Da noi ad esempio le tartarughe di mare, la cui popolazione sta diminuendo a causa dell’utilizzo delle reti da pesca, dove restano accidentalmente soffocate.”

A questi problemi vanno aggiunti l’inquinamento dei mari e dell’atmosfera, quello attualissimo e peculiarmente italiano dello smaltimento dei rifiuti, delle polveri sottili, della cementificazione, della pesca e della caccia indiscriminate e molti altri.

All’alba dei 150 anni dall’unità, la nostra Italia si trova in una condizione non particolarmente felice: i terreni agricoli sono usati come discariche, i fiumi sono pesantemente inquinati dagli scarichi di sostanze nocive e metalli pesanti, l’incontrollata cementificazione distrugge panorami bellissimi e crea danni idrogeologici ingenti che sono alla base delle frane e delle esondazioni che negli ultimi anni stanno creando un’emergenza continua.

Uno tra gli esempi più recenti è stato il disastro ecologico del Lambro a cui il WWF sta cercando di porre rimedio: “Si sta avviando un progetto, ambizioso ma necessario, di rinaturalizzazione del Lambro che si inserisce in piano più ampio che riguarda i fiumi italiani. Il progetto, iniziato l’anno scorso, si chiama Liberafiumi,  i cui risultati sono stati esposti il 27 Gennaio in una conferenza a Roma. Si faranno degli interventi non solo per renderlo più pulito ma anche per aumentarne le zone di esondazione limitate dalla cementificazione dei suoi argini all’interno della città.”

In questo panorama non aiuta certo il taglio dei finanziamenti deciso dal governo per il  Ministero dell’Ambiente del 60% in tre anni e la soppressione di enti come l’Eim (Ente Italiano della Montagna) e l’Ogs (Istituto nazionale di Oceanografica e Geofisica sperimentale) che vengono definitivamente chiusi insieme ad altri enti, mentre  i soldi risparmiati contribuiranno a finanziare le cosiddette “missioni di pace” all’estero.

Ora che il petrolio non è più una risorsa affidabile, poi, nasce anche il problema di come ottenere energia : ”A questo problema –dice sempre  Alessia Sacchetti–  l’Italia ha provato a rispondere con il nucleare, soluzione che per la nostra associazione non è accettabile” e che avrà non poche ricadute in una situazione già abbastanza preoccupante. Dove andranno a finire i, seppur pochi con le nuove tecnologie, rifiuti nucleari se non siamo in grado nemmeno di smaltire quelli ordinari? Quanti ettari verranno ricoperti di cemento per costruire le centrali? Quante altre risorse verranno prelevate da quelle destinate  all’ambiente, alla sanità, alla scuola, per creare questi mostri ecologici? E soprattutto, dove troveremo l’uranio? Molti se lo dimenticano ma l’uranio non è una risorsa rinnovabile. Tra qualche decennio ci troveremo nella stessa situazione di adesso, solo che avremo rifiuti ben più pericolosi. Senza contare i pericoli immediati: ricerche scientifiche hanno dimostrato che qualunque cosa cresca attorno alle centrali nucleari viene contaminata dalle polveri radioattive, compresa la gente che abita nei dintorni. L’aumento delle leucemie nei bambini di queste zone non può essere considerata una mera coincidenza.

Neppure il resto del mondo sta particolarmente bene; diventano sempre più frequenti le notizie di disastri ecologici (si pensi al Golfo del Messico), di spiaggiamenti di cetacei, di stravolgimenti climatici (le inondazioni in Australia, gli incendi in Russia, lo scioglimento dei ghiacci e la relativa riduzione degli esemplari di foche, pinguini e orsi polari). Molti provvedimenti sono già stati presi dai governi più all’avanguardia e frotte si scienziati stanno studiando quali siano i provvedimenti più efficaci per riportare il rapporto uomo-ambiente a un sostanziale equilibrio pur senza rinunciare al benessere che ci siamo creati.

Eppure si sente ancora dire che la situazione non è grave come si vuol far credere, che ci sono problemi più gravi a cui pensare, che le date poste dagli scienziati per cercare di rimediare in qualche modo ai danni accumulatisi in decenni di abusi siano soltanto indicative, messe lì solo per spaventare cittadini e governi e velocizzare le politiche di cambiamento. Ma non è così semplice, come ribadisce la giovane consigliera del WWF: “Gli studi hanno dimostrato che oltre una certa soglia non sarà più possibile migliorare, o perlomeno cercare di tamponare in maniera efficace gli stravolgimenti in atto e si andrà incontro a un processo climatico di cui gli scienziati non sanno ancora  dire che conseguenze porterà.”


Ma come mai c’è ancora così tanto scetticismo? Ovviamente ci sono degli interessi che si cerca di salvaguardare, ma quali sono i meccanismi cognitivi che si innescano nella mente dell’uomo comune quando si relaziona con l’ambiente? Ce lo spiega il professor Paolo Inghilleri, professore di psicologia sociale ed ambientale all’Università degli Studi di Milano.

Come si spiega dal punto di vista cognitivo il comportamento di chi continua a non accettare il fatto che ci sia un vero e proprio “problema ambientale”?

È un fatto culturale. Nel mio lavoro mi occupo spesso di psicologia transculturale e mi è capitato di studiare anche le culture tradizionali, come quelle africane o orientali, che storicamente vedono l’ambiente come parte integrante di tutti gli aspetti della vita, da quello religioso a quello sociale. In Occidente questo elemento è stato sempre un po’ più trascurato, nel senso che il rapporto uomo-natura è sempre stato di tipo gerarchico; secondo questo ragionamento l’uomo può intervenire sulla natura, regolarla e sfruttarla come vuole.

Quanto possono influire i comportamenti del singolo?

Moltissimo. Faccio un esempio che non c’entra propriamente con l’ambiente ma che spiega perfettamente i meccanismi che entrano in gioco: l’Italcementi è diventata famosa per aver ridotto drasticamente gli infortuni sul lavoro in pochi anni con una campagna capillare perché la gente era poco consapevole della pericolosità su di sé; molti lavoratori, in tutti i campi, attuano comportamenti a rischio tanto più sono esperti e sicuri. Questa campagna è stata molto minuta e ha coinvolto i lavoratori singoli, informandoli sui rischi e facendoli riflettere sui loro comportamenti. Questo è un esempio da seguire: sono i micro-convincimenti personali e i piccoli comportamenti che nella loro somma riescono a portare i grandi cambiamenti su tematiche come quella ambientale.

Non c’è la tendenza, nel danneggiare l’ambiente, a far male a se stessi?

Si! Per questo le politiche ambientali dovrebbero essere slegate da fattori ideologici e puntare l’attenzione sull’individuo, cominciando a dire che sto meglio io se faccio del bene all’ambiente!  Da qui parte il movimento filosofico della “decrescita felice” di Serge Latouche che sostiene che, risparmiando risorse ambientali ed energetiche, si ha  in cambio una crescita in altri fattori, come quello del benessere, del rapporto con gli altri, di una vita sociale più serena e compartecipe.

Tra i libri che consiglia ai suoi studenti ce n’è uno di Goleman che parla di intelligenza ecologica. Di che si tratta?

È la capacità di cogliere l’importanza di uno stile di vita più attento all’ambiente per uno sviluppo sia della persona, sia delle famiglie, sia della società. Allo stesso modo in cui siamo capaci di risolvere dei problemi di tipo logico-matematico, abbiamo nel nostro cervello dei meccanismi cognitivo-affettivi che intervengono nella sensibilità all’ambiente. La cosa interessante per Goleman è che la specie umana, dal punto di vista evoluzionistico, non ha questa tendenza a disposizione perché l’ambiente era sterminato per i nostri progenitori e poteva essere sfruttato proprio perché la sua disponibilità era pressoché infinita; così dal punto di vista mentale il nostro cervello non sarebbe biologicamente predisposto ad avere questa attenzione. Per questo abbiamo bisogno di un’educazione; in questo modo l’intelligenza ecologica diventa un’attitudine culturale che può essere insegnata e sviluppata con la pratica e lo studio cominciando da piccoli.

I bambini, quindi, sono la nostra più grande speranza per il futuro; a loro bisogna insegnare a non recidere il forte legame che hanno con la natura. Ma non si può lasciare il peso della salute del mondo solo alle nuove generazioni. Bisogna cominciare da adesso a fare qualcosa e tutti devono fare la loro parte. Bisogna convincersi che sono i nostri piccoli accorgimenti a fare la differenza; che ogni passo fatto a piedi, piuttosto che con la macchina, è una boccata d’aria guadagnata; che a comprare legno FSC o a riciclare ci guadagna non solo il mondo ma l’uomo.

Facciamo parte della natura anche noi, anche se troppo spesso ce ne dimentichiamo.

Martina Cavallaro

Codice partecipante: 2011104318

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One Comment

  1. Comment by Sara Fassi:

    Grazie per il post!

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