Né prima né dopo: è ora il momento! (5056)

Inchiesta di Laura Catini,18 anni,  Andrea Sorrentino, 16 anni, Marco Boriglione, 16 anni, del liceo Manara di Roma (al testo, segue un “Perché leggere il nostro articolo?” degli autori)

Il nostro articolo non vuole essere né allarmistico né profetico.

Nel servizio non vedrete orsi polari costretti a stare in punta di piedi, perché non hanno più ghiaccio su cui posarsi. Vuole essere piuttosto un’attenta analisi del rapporto conflittuale tra l’essere umano e l’ambiente e le possibili soluzioni che si potrebbero applicare.

Facendo un sondaggio su un campione di quarantasette ragazzi tra scuole secondarie di secondo grado e università di Roma, è emerso che di questi,trenta utilizzano prodotti inquinanti e trentasei non fanno la raccolta differenziata. Oggi si parla tanto dei danni che l’uomo procura all’ambiente, dei rimedi possibili, sta diventando quasi un discorso noioso,  eppure sembra che il ritmo di inquinamento ambientale invece di decrescere, aumenti e che sentiamo la tutela dell’ambiente quasi come un dovere, invece di vederla come un’azione spontanea e a nostro vantaggio.

(Roma, foto di Laura Catini)

Anche l’uomo primitivo non rispettava l’ambiente, ‘non gettava i rifiuti in appositi contenitori’ ma dire questo è quasi ironico, visto che a quel tempo in primis non veniva prodotto alcunchè di nocivo e vetro, plastica  e oggetti non biodegradabili non esistevano  e in secondo luogo non era ancora nato il concetto di rispetto ambientale che dovrebbe distinguerlo dall’uomo civilizzato. Del resto per noi è normale accartocciare fogli bianchi dopo averne riempita nemmeno metà pagina, buttare una gomma dal finestrino dell’auto, una sigaretta, un volantino pubblicitario per strada, lasciare rifiuti in spiaggia, una bottiglia di birra sul marciapiede, prendere un’automobile a testa, utilizzare prodotti non biodegradabili, non fare la raccolta differenziata  e costruire discariche a cielo aperto.Potremocontinuare ancora per pagine e pagine, ma dato che una volta lette, la sensibilità rimarrebbe agli stessi livelli, è inutile sprecare carta e per questo abbiamo deciso diparlarvi di un argomento  meno comune ma di altrettanto spessore e facente parte della nostra quotidianità: l’ecomafia. Infatti, il problema che supera il problema-inquinamento, si presenta quando piuttosto che diminuire i danni ambientali, le associazioni criminali dedite al traffico e smaltimento illegale di rifiuti e all’abusivismo edilizio di larga scala, aumentano la gravità della situazione, costruendo discariche a cielo aperto o nascondendo i rifiuti in delle cave scavate senza permesso, fondando su tali azioni la loro ricchezza. Una ricchezza che cresce sempre di più e non conosce crisi. Secondo il rapporto Ecomafia 2007 di Legambiente, associazione ambientale nata nel 1980 che coniò il neologismo ecomafia, il giro d’affari è di circa 23 miliardi di euro all’anno.

Nel corso degli anni, la ricchezza dell’ecomafiasi moltiplica all’aumentare della spesapubblicafinalizzata a risolvere le problematiche ambientali e quindi al decrescere della ricchezza del cittadino:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le regioni in cui tale fenomeno prende piede sono: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Sono in genere imprese private, amministratori locali e organi di controllo corrotti a impiantare reti che lavorano per queste associazioni criminali. Sembra come una catena azione reazione quella che riguarda la tutela all’ambiente. Infatti come dicevamo sopra, più si parla di rispetto ambientale più ne siamo indifferenti e così similmente questi traffici invece di diminuire si sono intensificati nel momento in cui nel 1982 è entrata in vigore la normativa sul trattamento dei rifiuti speciali. Dal 1994 è stato istituito ‘l’Osservatorio Ambiente e Legalità’ da Legambiente in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri e nel 1997 è stato pubblicato il primo Rapporto Ecomafia dell’associazioneambientalista. Nel 1995 è stata fondata la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti”. Nonostante ciò, secondo l’agenzia governativa Apat in Italia nel 1999 sono stati prodotti 72.5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 23 milioni da industrie di costruzione e 4 milioni considerati rifiuti pericolosi. Legambiente ha dichiarato che lo stesso anno siano stati smaltiti illegalmente 11.2 milioni di tonnellate di questi rifiuti. I reati possono avvenire ad ogni livello del ciclo dei rifiuti: produzione, trasporto e smaltimento. Il gioco è semplice: il produttore nasconde la vera quantità e tipologia di rifiuti da smaltire;duranteil trasporto, possono essere manipolati i documenti di classificazione della merce, così da cambiare la direzione del carico; durante lo smaltimento invece avvengono: finte trasformazioni, bancarotte fraudolente degli impianti di trasformazione con il risultato di abbandonare sul posto i materiali, trattamenti inadeguati, abbandono di rifiuti in discariche abusive. Gioco semplice ma anche uno dei reati più scorretti che possa verificarsi in grado di cambiare le carte in tavola o meglio dire l’aspetto del nostro pianeta a nostro rischio e pericolo. Per questo anche se i risultati sono lenti , anche se queste associazioni hanno un potere che con difficoltà tende ad esaurirsi, dobbiamo lottare con insistenza, affinchè tale giro cessi di esistere.Pubblicato lo scorso giugno, il Rapporto Ecomafia 2010 di Legambiente, è stato presentato al Parlamento europeo di Bruxelles. Accanto al documento, l’Associazione ha reso pubblico il lavoro svolto in 16 anni dall’Osservatorio Ambiente e Legalità.
“Le mafie si sono globalizzate e insieme a loro anche le misure necessarie per contrastarle devono diventare globali e omogenee – ha dichiarato Sebastiano Venneri, vicepresidente di Legambiente, è grazie all’Europa infatti che l’Italia sarà finalmente obbligata a inserire i reati contro l’ambiente nel proprio codice penale, grazie alla Direttiva 2008/99/ce cheè fondamentale, infatti, il ruolo degli organismi internazionali a cominciare dall’Unione Europea”.Perché non riusciamo a cambiare le nostre abitudini sbagliate, quando una vita migliore è il desiderio di ognuno di noi?








(Abruzzo, foto di Andrea Sorrentino)

Una montagna ricoperta di vegetazione o una montagna di rifiuti con la base di tre ettari e alta più di quindicimila metri?

Ora ci chiediamo: l’attività delle ecomafie, oltre a identificarsi come un gravissimo crimine, che impatto ha sull’uomo e sull’ambiente?Basti pensare che alcuni dei risvolti negativi sono il calo della produzione del settore agricolo, dovuto ai frutti malati e alle terre infertili, e  l’aumento di malattie e tumori.Una ricerca del 2008 dell’Istituto superiore di Sanità nelle province di Napoli e Caserta certifica unaumento della mortalità per tumore del polmone, fegato, stomaco, rene e vescica e di malformazioni congenite. L’inquinamento prodotto dall’uomo, infatti, è così dannoso perché oltre a danneggiare la produzione agricola (e quindi il suolo), si riflette con esiti negativi anche su altre due fonti fondamentali per la vita: l’aria e l’acqua. Dell’importanza che l’oro blu ha avuto e ha nella storia, è una conferma la frase di Vitruvio, tratta dal  ‘De Architettura’: “ Con grande diligenza ed operosità  si deve cercare e scegliere la sorgente dell’acqua per la sanità della vita umana”.La carenza di acqua potabile è storicamente considerata un problema dei paesi in via di sviluppo ed è sicuramente annoverabile tra le cause di alta mortalità e scarso sviluppo di queste zone.Tuttavia questo problema inizia ad essere attuale anche nei paesi industrializzati. Si nota, infatti, un generale impoverimento delle falde acquifere, con una conseguente minore disponibilità di acqua potabile. Il 28/07/2010  le Nazioni Unite hanno affermato: “l’acqua è una risorsa limitata e un bene pubblico fondamentale per la vita e la salute. Il diritto a disporre di acqua è indispensabile per condurre una vita dignitosa. E’ un prerequisito per la realizzazione di altri diritti dell’uomo.”

Le  modificazioni che l’agente inquinante produce nel corpo idrico si possono distinguere in:

  • Inquinamento fisico, quando vengono modificate le proprietà fisiche dell’acqua come temperatura, limpidezza, colore
  • Inquinamento chimico, quando le modifiche interessano le caratteristiche chimiche come pH, durezza, salinità
  • Inquinamento biologico quando viene alterato il parametro dell’ossigeno disciolto, fondamentale per la vita.

Le sostanze inquinanti sono numerose, ciascuna con effetti diversi sulla flora e sulla fauna. Tra queste si possono citare: i composti chimici inorganici ed organici, le sostanze radioattive, i tensioattivi di largo uso domestico ed industriale ed i farmaci. Recentemente, ha richiamato  la nostra attenzione l’arsenico, un metallo altamente tossico. L’elemento è presente in natura in piccole dosi,  ma con l’intervento dell’uomo, soprattutto in campo industriale, è aumentata la sua concentrazione.  La pericolosità dell’arsenico per la salute umana è riportata in numerosi articoli scientifici, infatti èconsiderato uno degli elementi più tossici esistenti:  un’eccessiva esposizione e assunzione possono causare oltre ad  irritazioni dello stomaco e dell’intestino, una riduzione della produzione di globuli rossi e bianchi, ossial’arsenismo,  più conosciuta come la malattia delle mani e dei piedi neri, per le alterazioni della pigmentazione cutanea. Gli studiosi hanno anche dimostrato che le persone, esposte continuamente all’arsenico, hanno una maggiore possibilità di contrarre il cancro dei polmoni o della pelle. I livelli di arsenico nelle acque erogate per uso domestico in diversi comuni italiani hanno superato i limiti consentiti dalle leggi europee. L’Italia, per aggirare il problema delle acque contenenti il metallo, ha chiesto per l’ennesima volta all’Unione Europea, un innalzamento dei limiti massimi consentiti pari a 10 microgrammi/ litro. Data la risposta negativa, i 128 comuni interessati, di cui 91 solo nel Lazio (tra le province di Roma, Viterbo e Latina) per un totale di 750000 cittadini, si sono trovati a dover affrontare la questione da soli. Sono state emanate ordinanze di chiusura e divieti di consumo delle acque pubbliche per usi domestici. I cittadini a volte poco informati, preoccupati per la salute dei propri cari, si sono immediatamente rivolti ad analisi “fai da te”, la cui attendibilità non è provata. Il Sottosegretario alla Salute, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, ha rinviato le responsabilità  alle regioni.L’inquinamento d’arsenico delle falde acquifere è un problema d’interesse globale. Infatti, colpisce dal Bangladesh fino all’Italia.  Il Premio Nobel per la Pace, Muhammad Yunus, noto come il banchiere dei poveri, nel suo ultimo libro, ha stimato che tra i 35 e gli 80 milioni di persone sono costrette a bere acqua contaminata da arsenico, in Bangladesh. Per cercare di risolvere il problema, è stato stipulato un accordo con una compagnia privata, con finalità sociali, che s’impegnava a distribuire a più persone possibili, acqua potabile con spese irrisorie.Secondo il direttore dell’IRSA -Istituto di Ricerca Sulle Acque C.N.R. – Maurizio Pettine, il rischio è facilmente evitabile grazie a possibili soluzioni, abbastanza semplici d’applicare, come l’assorbimento del metallo mediante colonne di allumina. Diverse strategie alternative ecocompatibili sono fondate sull’utilizzo di batteri e piante in grado di assorbire metallo, rimuovendolo dall’acqua. Questi metodi sono indicati nel caso dei batteri con il termine di ‘biorisanamento’ e di ‘fitorisanamento’, in quello delle piante. Su diverse riviste scientifiche internazionali, sono state indicate diverse specie batteriche in grado  di crescere in presenza di arsenico e in alcuni casi di accumularlo all’interno della cellula. Joshi e collaboratori, Sadar  Patel University, Gujarat, hanno isolato da impianti di trattamento delle acque reflue in India, un ceppo di Bacillus ipertollerante, capace di accumulare l’arsenico in modo significativo.

Inoltre,molta attenzione e speranza sono state rivolte verso alcune specie vegetali come la felce ‘Pteris vittata’, in grado di immagazzinare nei propri tessuti una quantità di arsenico fino a diciassette volte superiore ad altri organismi. Tra le piante acquatiche, invece, ‘Wolffia globosa’, è in grado di raccoglierepiù di 1000 milligrammi di arsenico per kg di fronde seccate.

Batteri e piante in grado di rimuovere l’arsenico dall’ambiente potrebbero costituire delle strategie promettenti per la decontaminazione ambientale. Pertanto le soluzioni esistono, basterebbe applicarle!

 

Fonti:

Repubblica it; Wikipedia;Corriere della Sera; il Messaggero, 26/12/2010 Camera dei Deputati, interrogazione parlamentare n. 5.03999 del 22/12/10, D.L. 2/02/2001 n.31; Www. Lennetech.it;la Repubblica, Vandana Shiva 17/08/2010, Antonio Cianciullo 23/11/2010; Ansa, 3/12/2010, 4/12/2010;www. WHO.com.

Bibliografia:

Joshi D.N., Flora S.J.S., Kalia K. 2009. Bacillus sp. Strain DJ-1, potent arsenic hypertolerant bacterium isolated from industrial effluent of India. Journal of Hazardous Materials 166: 1500-1505;

Dhote S, Dixit S. (2009). Water quality improvement through macrophytes- a review. Environmental Monitoring Assessment152:149-153;

Takeuchi M., Kawahata H., Gupta L.P., Kita N., Morishita Y., Ono Y., Komai T. (2007). Arsenic resistance and removal by marine and non-marine bacteria. Journal biotechnology 127: 434-442;

Zhang  Xin, Zhao Fang-Jie, Huang Qing , Williams Paul N. , Sun Guo-Xin  and Zhu Yong-Guan 2009.   Arsenic uptake and speciation in the rootless duckweed Wolffia globosa. New Phytologist 182: 421–428;

Yunus M., Si può fare, Feltrinelli, Milano, 2010.

 

Tutto nasce da un’idea, da un sogno e da un progetto.  L’ idea di far sentire la nostra voce. L’idea di far capire che noi giovani non siamo solo buoni a nulla, ma siamo dotati di una testa e con questa ragioniamo.

“L’Educazione Ambientale è uno strumento fondamentale per sensibilizzare i cittadini a una maggiore responsabilità verso i problemi ambientali.”

Spesso l’attenzione verso l’ambiente è rivolta solo in termini catastrofici, pertanto poco sentiti dalla gente comune. Abbiamo deciso di seguire una linea guida differente, meno sotto i riflettori. Avremo potuto scegliere di parlare del surriscaldamento globale o altri eventi simili, invece no …

Dopo aver svolto questo lavoro, che è stata un’occasione importante d’apprendimento,  siamo giunti alla conclusione che bastano piccoli gesti per tentare di cambiare il mondo.  Secondo noi,  è importante promuovere cambiamenti negli atteggiamenti e nei comportamenti individuali e collettivi, perché al fine di salvare il nostro pianeta serve l’aiuto di tutti, nessuno escluso!

E’ stato,  senza dubbio,  un lavoro impegnativo, ma siamo contenti di aver partecipato.

Laura Catini

Andrea Sorrentino

Marco Boriglione

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